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«BpVi, ecco perché
Zonin non aveva
alternative»

Sono un promotore finanziario e desidero esprimere le mie opinioni sulla Banca Popolare di Vicenza, commentando quello che è accaduto e consigliando cosa sarà meglio fare il prossimo anno. Per capire bene l'evolversi della situazione occorre risalire al 2007/2008: in quegli anni è scoppiata in modo violento la crisi dei subprime che ha minato gravemente l'andamento dell'economia e la fiducia dei consumatori. Ne hanno risentito in modo pesante tutte le banche mondiali, nessuna esclusa. Quelle quotate hanno perso in borsa durante quei due anni circa l'80-90% del loro valore, le non quotate (Popolare di Vicenza e Veneto Banca) nulla. Cosa poteva fare allora la Popolare di Vicenza? Poteva cercare di farsi quotare in borsa, vedendo così crollare il prezzo dell'azione assieme a tutte le altre? Sicuramente, però l'assemblea dei soci non avrebbe avallato una tale scelta. Ci tengo a proposito a dire che a mio avviso il presidente Zonin ha fatto il massimo per preservare il valore delle azioni della Banca. Avrebbe potuto risparmiarsi tante grane facendo scendere il prezzo dell'azione in borsa, assieme a tutte le altre banche, dato che in quel contesto le colpe non sarebbero state attribuite al Cda ma alla congiuntura sfavorevole. Ricordo di aver letto sul vostro giornale alcune dichiarazioni del dottor Zonin in merito alle sirene della borsa ove ribadiva che l'azione della Banca ha mantenuto sempre la quotazione slegata all'andamento del mercato e quotava 1,4 volte il patrimonio anche quando le quotate esprimevano valori superiori a 2 volte il patrimonio. Anche nell'avversità il prezzo si è mantenuto a 1,4 volte il patrimonio mentre le quotate erano scese in qualche caso anche sotto lo 0,5%. Discorso ineccepibile che però non ha tenuto conto del continuo peggioramento della crisi, la quale ha portato ad una eccessiva sopravvalutazione delle azioni ed alla conseguente illiquidità. Fino a qualche anno fa la banca utilizzava il fondo acquisto azioni proprie per ritirare azioni dal mercato che poi saggiamente venivano ridistribuite sotto forma di dividendi. Una cosa comunque era certa: le azioni dovevano scendere notevolmente di valore, la domanda era quando ed ora abbiamo anche la risposta. L'anno scorso la Banca ha anche effettuato un aumento di capitale misto imposto dai parametri europei. Non c'erano alternative a far sì che l'aumento venisse sottoscritto per intero; si chieda ai soci cosa sarebbe successo alle loro azioni se la banca non rientrava nei parametri di core-tier 1 imposti dall'Europa. Forse sarebbe stata commissariata, con prevedibili effetti devastanti sulle azioni (vedasi Banca Marche, Banca Popolare Etruria-Lazio). Cosa fare ora? Nulla. Le azioni sono bloccate sino alla quotazione in borsa, prevista per marzo 2016. Sento tanti soci che non ne vogliono più sapere e che non faranno il prossimo aumento di capitale da 1,5 miliardi. Il mio consiglio è di valutare bene, dipende tutto dal prezzo di emissione delle nuove azioni. Visto che l'aumento è garantito da Unicredit, c'è certezza che verrà interamente sottoscritto. Di sicuro le nuove azioni verranno assegnate dopo la quotazione in borsa. Io ritengo che ad un prezzo intorno ai 10 euro siano da sottoscrivere, se invece le nuove azioni fossero circa a 20 euro penso che non andrei a proporle. I vecchi soci devono quindi ben valutare se partecipare o meno, in base a quant'è il loro capitale già investito nella banca. Ma è chiaro che se non partecipano a priori rischiano di dare a terzi l'opportunità di acquistare a prezzi bassi le azioni di una banca che dopo l'aumento di capitale avrà tante carte da giocare per riprendere a fare utile e tornare a dare qualche soddisfazione. Una cosa che alcuni di noi operatori non hanno ben compreso è la situazione creatasi tra il Cda e l'ad Sorato. Noi auspichiamo che questo diverbio, dannoso per la banca e per i soci, si risolva al più presto; non sarebbe male un chiarimento pubblico tra le parti. Occorre poi dare merito al personale tutto di avere ben operato, anche in condizioni oggettivamente molto difficili. È evidente che qualche socio avrà acquistato delle azioni su pressione ma che alternative c'erano? Di non rientrare nei parametri europei con il rischio di essere commissariati, con ripercussioni importanti per l'economia vicentina, oltre che sul prezzo delle azioni? So di qualche socio che ha volutamente effettuato l'aumento di capitale, consapevole di farlo a prezzi alti per sostenere la Banca in momenti di difficoltà, nell'augurio però di avere sempre, anche in futuro, la propria banca vicentina.

Silvano Bergamo 

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