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We are Lane

Se a 20 anni hai una squadra sulle spalle

Se a 20 anni ti chiedono di diventare un leader e di risolvere i problemi di una squadra che non gira, e tu accetti, allora rischi di essere un predestinato o semplicemente un ragazzo che sta per diventare uomo prima ancora che giocatore. Calciatore da grandi palcoscenici lo diventerà presto e non a Vicenza temo, Ranocchia possiede oltre a tecnica e corsa, anche il fattore C, il Carattere. E l'Udinese se ne è già accorta (domenica contro la Cremonese c'era un emissario della famiglia Pozzo).

Filippo Ranocchia, nato il 14 maggio del 2001, è un millennial poco avvezzo ai social  che preferisce sia il campo a parlare per lui. Va preservato Ranocchia, portato a Monte Berico per farlo benedire dal priore dei frati di Monte Berico, così che per tutto il campionato non abbia affaticamenti muscolari o qualcosa di più grave come avviene da luglio in poi a molti dei suoi compagni di squadra. Ranocchia è diventato un leader del centrocampo senza saperlo e oggi è anche molto di più per questa squadra così malconcia, andate a rivedervi il finale di partita al Menti con la Cremonese, il minuto del secondo tempo in cui Giacomelli commette un fallo inutile per poi essere ammonito. Filippo, 20 anni, va dal numero 10 e lo rimprovera: "Stai calmo" lo avverte, "pensiamo a giocare". Ecco appunto, il gioco e la maturità di un ragazzo scoperto da Alessandro Nesta quando allenava il Perugia e ha il coraggio di farlo esordire in serie B a 17 anni. Prima il nostro ragazzo era in forza alla Scuola Calcio Montemalbe (vedi foto), non lontana da San Mariano, un paesino medievale di 1.500 anime. La Juve lo acquisterà dai grifoni pagando 600 mila euro, poi di lui si innamoreranno Lamberto Zauli e Andrea Pirlo che nelle giovanili della Juventus lo modelleranno facendolo crescere come centrocampista che può fare il play, la mezzala o il trequartista, Allegri lo fa esordire in prima squadra ed è certo che a fine campionato la Vecchia Signora se lo riprenderà. La sfida tecnica adesso è tutta in mano a mister Brocchi, far coesistere tre centrocampisti dai piedi buoni come Proia, Taugordeau e appunto il 20enne    di cui il Vicenza non può più fare a meno, è lui, il ragazzo nato nel paesino dei tre colli a dover caricarsi la squadra sulle spalle, a 20 anni è più o meno come fare un servizio di leva e crescere con i "nonni" da caserma.

Allora meglio goderselo un giocatore così, tenersi la soddisfazione di leggere un giorno nell'almanacco che Filippo Ranocchia per una stagione ha vestito la maglia del Vicenza. E pazienza se la società di Largo Paolo Rossi 9 sta lavorando per la Juventus, pazienza se non avremo mai i soldi per riscattarlo (del resto non c'erano nemmeno per Beruatto e Da Riva), pazienza se un giorno - magari - ci segnerà un gol da avversario e lo vedremo esultare. Ranocchia va preservato come uno dei rari talenti passati per il Menti almeno negli ultimi 15 anni, va tutelato almeno quanto le piccole icone biancorosse degli anni della mestizia calcistica, quelli della C, delle salvezze all'ultima giornata, dei ripescaggi, squadre composte da giocatori semplici, generosi ma che sono comunque rimasti nei cuori dei tifosi. Ma serve quel pezzo di storia biancorossa per capire il presente, serve guardarsi indietro per leggere pagine di calcio glorioso di periferia che adesso vorrebbe rifarsi il look e forse anche la verginità. Anche per questo un po' stonava l'assenza dei vertici della società martedì pomeriggio all'inaugurazione del nuovo civico Largo Paolo Rossi 9 davanti allo stadio, delegando il direttore generale Paolo Bedin (che rimane un dipendente della società) per il discorso di rito, nessun giocatore (nemmeno gli infortunati), nessun ragazzo delle Giovanili, nessuno né il presidente e nemmeno uno degli undici soci della compagine LR a presenziare e capire chi fosse Paolo Rossi davvero e cosa rappresenta per questa città. Vicenza.

Un giorno spiegatelo a Filippo Ranocchia, anni 20, chi era ed è Paolo Rossi, diventerà ancora più forte.

eugenio.marzotto@ilgiornaledivicenza.it

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