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We Are Lane

Questi centovent'anni di proprietà etica

In una stagione calcistica maledetta ci voleva anche una maglia iconica per mettere tutto a soqquadro ed è un peccato che non si parli invece di un obiettivo salvezza raggiungibile, della veronica di Cavion o della doppietta di Diaw. Così ancora una volta toccherà all’allenatore-uomo Cristian Brocchi assestare uno spogliatoio che resta basito per quello che accade fuori. In un campionato in cui abbiamo imparato quanto fragile sia la tenuta mentale della squadra ci mancava che società e ultras litigassero come in una rissa da saloon, con gesti e parole che non meritano nemmeno di essere commentati.

Ma forse adesso è il momento di andare oltre a quel dito medio, a quei cori contro la maglia (disegnata da Renzo Rosso), messa in campo a tre giorni dal compleanno senza torta e candeline dei 120 anni gloriosi di un club. Peraltro non è la prima volta che una maglia viene contestata e altre volte si è perfino sopportato di vedere la squadra giocare con la maglia bianco azzurra in onore di un gemellaggio con il Pescara, ma quella volta non ci fu contestazione. Vabbè erano altri tempi quindi meglio leggere bene gli eventi di oggi, soprattutto dopo il comunicato della curva e dei tifosi che segna una rottura forte tra la famiglia Rosso e chi tifa Vicenza. In quel testo c’è un passaggio che mi ha colpito più di altri, la curva parla di un “rapporto con la proprietà mai nato”… Cioè dopo tre anni e mezzo di gestione Rosso la parte di tifo più calda ci dice che non è mai scoppiata la scintilla con chi ha evitato che la società scomparisse e che oggi come ieri esiste una distanza tra chi tifa e chi guida la barca biancorossa.

In poche parole significa che è mancato il dialogo tra le due anime biancorosse, come se fosse mancato un patto sincero che significa correre tutti dalla stessa parte, insieme.

E quello che è successo con la maglia Icon è un po’ la cartina tornasole di questo disagio. Qui non è in discussione la creatività di Renzo Rosso. RR ha dimostrato nel mondo della moda di saper davvero essere rivoluzionario con la forza della provocazione. Il modello Diesel-Rosso ha cambiato i gusti di milioni di persone e allora ci si chiede perché una maglia può avere l’effetto contrario e così dannoso?

Perché ci si rivolge ad una comunità radicata nella propria storia, nei suoi valori, nei suoi miti: da Vinicio a Savoini, da Rossi a Baggio, da Murgita a Otero che nulla hanno a che fare con questa maglia. E in un campionato pieno di delusioni, una provocazione anche se di alto design è fuori contesto. Un amico in questi giorni ha sintetizzato così il pensiero di tanti: “Perchè cambiare una maglia già bella?”, riferendosi alle strisce verticali bianco e rosse. Il punto è che ogni comunità calcistica è fatta di una proprietà societaria e di una proprietà etica, quella composta dai tifosi senza i quali la proprietà calcistica non esisterebbe e quando le due parti non dialogano, non scrivono insieme quel “patto”, il rischio di separazione è molto alto ed è quello che è successo con la nota della Sud di lunedì sera che risponde al altri tipi di provocazioni che RR avrebbe dovuto evitare, sia perché il patron è l’uomo immagine del Vicenza e sia perché con i tifosi si discute ma non si va mai al muro contro muro, perché appunto, la proprietà etica è loro.

Ci si chiede cosa accadrà adesso. Difficile capirlo soprattutto quando il clima è ancora troppo caldo ma la lettera distensiva firmata dalla proprietà è un segnale che va nella direzione giusta: “Azzeriamo tutto e andiamo avanti insieme”, sembra dire RR dopo tre giorni di polemiche ed offese, ed è questa l’unica cosa da fare anche se dimenticare quello che è successo necessita di tempo. C’è una stagione da salvare, una squadra che deve trovare equilibrio e continuità, ci sono 120 anni da onorare ed è questa l’unica cosa che conta, l’unico aspetto iconico di una faccenda che poteva finire con un po’ di autoironia da parte di tutti gli attori in campo. Ma non avrebbe senso adesso una contestazione anti-società, soprattutto in un panorama calcistico nazionale in cui moltissime aziende-calcio sono alle prese con bilanci in rosso post pandemia e una programmazione che arriva ai sei mesi. Vale la pena gettare tutto nel fiume dell’incertezza? Penso di no, vale la pena piuttosto investire in un patto sincero e limpido tra società e tifosi, su investimenti, programmazione, identità. A quel punto tutto sarà più chiaro e non ci sarà alcuna maglia divisiva.

 

PS. A me la maglia iconica piace solo che devo ancora capire se va bene per giocare a calcio o per bersi un Mohito davanti al mare.

Eugenio Marzotto
eugenio.marzotto@ilgiornaledivicenza.it

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