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We are Lane

La BBV e il futuro del Vicenza. «L’immobilismo è la fine di tutto»

Un anti depressivo per curare lo stato catatonico dei tifosi biancorossi esiste e ha il nome che guarda al domani come unica possibilità di trovare un senso a questa stagione. La parola magica è “programmazione”, parola che però ha senso se davvero il Vicenza ha imboccato una strada definita, certa, liberata dai dubbi. Non importa quale. La stagione finirà, ci sarà il computo degli errori, l’analisi di quanto è stato o non è stato fatto, saranno settimane di passione (nel senso pasquale) e di sofferenza, qualunque sarà il destino di questa maglia. Ma per una volta – almeno una – non voglio rispondere alla domanda “il Vicenza si salverà”, francamente non lo so, non so neppure se basterà vincere contro il Cosenza (squadra temibilissima con un bravo allenatore e una squadra rafforzata), per tenere davvero viva la fiammella della speranza salvezza. Mi interessa di più capire che modello futuro ha in mente il Lane e magari mettendo assieme i tasselli mossi dalla società in questo anno, qualche idea la possiamo già avere. In altre parole il dolore per una possibile retrocessione, può essere lenito da un progetto convincente e da idee chiare che ri-porti il Vicenza sulla strada del calcio che conta.

Bene, per dirla come Guardiola, durante un’intervista sui modelli di gioco del Barcellona da adottare rispetto all’avversario: «L’immobilismo è la fine di tutto», cioè se ti fermi ad un unico sistema di gioco, troverai sempre la squadra che ti mette in difficoltà. E allora parafrasando Pep, viene da chiedersi che sistema di gioco adotterà in futuro Largo Rossi 9.

C’è una strada che il Lane potrebbe mutuare e in parte lo sta già facendo, almeno nell’approccio. Un’idea che è solo in fase embrionale ma che segna non solo il distinguo tra il prima e dopo, ma soprattutto marca la differenza tra un modello passato e quello presente. L’addio anche traumatico di figure come Magalini-Di Carlo e l’arrivo di Vallone-Balzaretti, significa affidarsi a quel “modernismo” in voga nel calcio italiano. Attenzione, un modello non esclude l’altro, o meglio ancora un sistema di intendere il “fare calcio” lo si giudica dai risultati e quindi è ancora presto, prestissimo per capire se il metodo tradizionale (Mago-Mimmo) è superato dal sistema BBV (Bedin-Balzaretti-Vallone).

Ma c’è una società oggi come oggi che in serie A, ha dato il via alla rivoluzione, mettendo in campo conoscenza, competenza e autonomia dei dirigenti: si tratta del Genoa, penultima a 14 punti, che ha chiamato in panchina Alexander Blessin, 39 anni, tedesco, che si è formato alla scuola-laboratorio calcistico Red Bull, seguendo il modello Rangnick, l’attuale tecnico del Manchester United. Il nuovo direttore generale del Genoa è Johannes Spors, 40 anni, ex responsabile scouting di Hoffenheim, Lipsia e Amburgo. Spetta a loro salvare il Genoa che nel mercato di gennaio ha acquistato 8 giocatori ma soprattutto spetta a loro mettere in pratica il modello Ragnick, così come chiede la proprietà, il fondo americano 777 Partners. Anche se retrocederà in serie B.

Ecco, è questo il punto, una progettualità che non cambia verso anche se cambia la categoria di appartenenza, anche se i budget mutano così come le aspettative. Per descrivere chi sono Blessin e Rangnick ci vorrebbe un libro, ma entrambe da piccoli hanno studiato prima il calcio italiano (Sacchi e Zeman) e poi quello olandese (Michels-Crujjff-ten Hag) e infine i tecnici tedeschi come Helmut GroB, Klopp e Tuchel. Insomma un’idea chiara sul modulo che parte dai principi del 4-3-3 e le sue variabili da inculcare da subito sia ai ragazzi delle Giovanili che ai giocatori della Prima squadra, con l’obiettivo di portare i giovani delle Academy a giocare con i grandi e parlare la stessa lingua calcistica.

Sia Rangnick che Blessin insistono su una cosa: «Il modulo migliore è quello che ti fa vincere, ma certi principi devono diventare pensiero totalizzante e ci vogliono i giocatori giusti per interpretarlo». È solo una parte del metodo Red Bull-Rangnick che ha Blessin come testimonial italiano, si tratta cioè di un’espressione della filosofia calcistica, un metodo, un’organizzazione che alle nostre latitudini (italiane) non esiste ma che ha costruito la crescita del calcio tedesco e dei giocatori della Bundesliga in meno di dieci anni. Il Genoa di Blessin e Spors si candida cioè a diventare un modello organizzativo e calcistico, figlio di quel nuovo calcio che in Europa è già diffusissimo. Dal punto di vista tattico significa pressing asfissiante (a zona o a uomo), transizioni e ripartenze con i difensori che anticipano l’avversario e impostano l’azione e le mezzali che diventano attaccanti. Nagelsmann (33 anni) attuale tecnico del Bayern quando sedeva in panchina all’Hoffenheim e Lipsia giocava con un 2-6-2. E poi la metodologia di allenamento, la psicologia, il mercato. Rangnick ad esempio non adotta punizioni economiche per i giocatori indisciplinati o ribelli, semplicemente li manda ad allenare ragazzini delle Giovanili, a fare i commessi nei negozi del merchandising o, nel peggiore dei casi li obbliga a partecipare agli allenamenti indossando il tutù da ballerina. Ma di converso se un giocatore segue la sua filosofia di calcio lo tutela dal punto di vista mentale ed educativo come fosse un secondo padre.

Inoltre l’uso dei metadati sui giocatori per il mercato, diventa il primo strumento nelle scelte, e poi si organizza una rete fittissima di osservatori per lo scouting. Insomma si unisce l’analisi video del giocatore con gli occhi sul campo e la presenza in tribuna per la seconda analisi e scrematura di selezione.

C’è molto lavoro in tutto questo ma al Genoa non hanno fretta, prima di tutto gli americani del fondo 777, proprietari del club vogliono radicare un metodo di lavoro.

Allora per guardare – forse – il Vicenza che verrà, bisogna in qualche modo leggere quello che sta accadendo al Genoa, tanti indizi portano in quella direzione. La metodologia Vallone, la gestione generale di Bedin e il focus sulla squadra di Balzaretti, puntano in qualche modo in quella direzione, anche se tanto lavoro e formazione servirà a tutti i livelli per sfiorare il sistema Rangnick. Il mercato di gennaio, nel metodo prima ancora che nel merito, è l’effetto di un approccio diversissimo rispetto al passato, un metodo che definisce una spaccatura con la prima gestione Rosso e che guarda al nuovo sistema calcio. La scelta di portare in biancorosso Bikel (dal Canada) e Boli (dalla Francia), è solo un anticipo di quello che accadrà presto: il mercato è globale e i giocatori sono “prodotti” mobili e flessibili. Senza scandalizzarci: il calcio italiano è composto da oltre il 60% di giocatori non italiani e le scelte di tutti i direttori sportivi si muovono sul mercato nazionale ed estero. Non senza errori, certamente. Sbaglierà Federico Balzaretti, così come hanno sbagliato valutazioni prima di lui mostri sacri del mercato come Sabatini, Ausilio, Monchi, Marotta, o Paratici. Ma il dado è tratto ormai e - con buona pace di chi rimpiange il sistema calcio di un tempo – il mondo del pallone guarda più al modello Blessin che al fai da te artigianale. Questo porterà risultati? Impossibile dirlo, dipende da mille variabili. Ma il Genoa come il Lipsia, Dortmund o Bayern, Siviglia o Lille, ci indicano una strada che al momento non ha alternative ma che ha bisogno di tempo e di pazienza. Quella i tifosi biancorossi non hanno più ma che è necessaria per dare una prospettiva a casa Vicenza. I segnali di Rosso e dello stesso Balzaretti indicano che il progetto Vicenza andrà avanti a prescindere dalla categoria, ma forse adesso è il momento di spiegare nei dettagli qual è davvero la direzione e quale sistema di gioco vuole proporre Largo Rossi 9.

Eugenio Marzotto
eugenio.marzotto@ilgiornaledivicenza.it

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