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La spunta blu

Vicenza, l'università, il sogno del campus e il tappo dello stadio

Una scena dal film "Will Hunting"
Una scena dal film "Will Hunting"
Una scena dal film "Will Hunting"
Una scena dal film "Will Hunting"

A volte accade che ci sia concesso di dare un'occhiata alla sfera di cristallo per sbirciare quello che saremo o che potremmo essere. A Vicenza quella sfera sta rotolando a due passi dal centro storico, nella terra di mezzo tra i due fiumi, dove è cresciuto il polo universitario di viale Margherita. Il futuro di città e provincia passa da quelle aule e da quei laboratori, dove si formano le figure professionali di oggi e di domani, ma soprattutto si fa ricerca, si immagina quello che useremo e ci sarà utile, si crea una connessione tra studio e impresa, tra la cultura del sapere e la cultura del fare. L'"invenzione" dell'università, per usare la felice formula adottata per sostenere la candidatura a capitale della cultura italiana, e la scelta di investire sull'area Mezzalira ormai una ventina d'anni fa, sono una storia di successo, di visione politica, di gioco di squadra. Eppure, per paradosso, di questa partita è finito solo il primo tempo. La città sembra appagata di aver percorso metà strada, quando sarebbe questo il momento per accelerare, per osare, per dimostrare il coraggio di andare fino in fondo, di completare il viaggio con un salto di qualità definitivo. Se crediamo che il rinascimento vicentino dopo la cesura della pandemia passi attraverso l'università, il futuro è la cittadella universitaria, è il passaggio da polo a campus, un centro gravitazionale in grado di offrire ogni servizio per lo studio e per la ricerca in un'unità di tempo e spazio, e di attrarre studenti, docenti e ricercatori: la meglio gioventù e le beautiful mind.
La Basilica palladiana si appresta a vivere l'emozione di una grande mostra d'arte battezzata con un titolo sintomatico: "La fabbrica del Rinascimento". L'evento viene presentato con queste parole: «Alla metà del Cinquecento a Vicenza accade qualcosa di unico, per certi aspetti incredibile. Fra le aree più dinamiche in Europa per la produzione e per il commercio della seta, la città, forte di una ricchezza crescente, scommette sulla trasformazione della propria immagine di "luogo di provincia" attraverso l'arte e l'architettura d'avanguardia, diventando una vera capitale della cultura». Ecco, cinque secoli dopo, Vicenza dovrebbe avere il coraggio di replicare quella formula magica: l'enzima per innescare la trasformazione allora fu un gruppo di giovani artisti visionari e ambiziosi, oggi è l'università. Ma servono progetti, investimenti, coraggio. Oggi non esiste una ciclovia che colleghi in sicurezza la stazione dei treni e il centro storico con il polo universitario, dove non è presente un parcheggio degno di questo nome e nemmeno un capolinea per il trasporto pubblico. Viale Margherita oggi si presenta come un linea di frattura tra la città storica e la città moderna: il marciapiedi lungo il Retrone è in parte collassato, l'ex area di servizio è una incongrua rotatoria che potrebbe diventare un piazzale per smistare i flussi di auto e mezzi pubblici. Serve un piano di grande respiro per farne una cerniera, un asse su cui sperimentare innovazioni e soluzioni per una mobilità autenticamente sostenibile, aperta, inclusiva. La parola d'ordine dovrebbe essere osmosi: la città abbraccia il campus e il campus si apre alla città. Per prendere il volo, va risolto il rebus degli alloggi: serve un patto tra pubblico e privato per immettere sul mercato a canoni accessibili almeno una parte delle migliaia di appartamenti sfitti e va riattivato lo studentato di San Silvestro, incredibilmente chiuso da ormai un decennio. Oggi non ci sono nemmeno bar o copisterie intorno al polo universitario. Il sogno del campus ha fame di spazi per attivare servizi come aule studio, biblioteche specializzate, aule per nuovi indirizzi, mense e soprattutto laboratori per fare ricerca e per innovare, per diventare il motore della "fabbrica del futuro". Il coraggio farà la differenza in questo crocevia: di qua c'è la città che si accontenta di recuperare spazi dove capita, di là c'è la città che sceglie di strutturare un campus dove concentrare tutto quello che serve all'università per crescere. Presto o tardi, infine, Vicenza dovrà uscire dal vicolo cieco dello stadio. Dovrà scegliere se ascoltare la voce del cuore e lasciarlo dov'è, immerso in un quartiere residenziale che ogni due settimane diventa ostaggio delle partite, senza una reale disponibilità di superfici per coltivare il progetto di uno stadio contemporaneo con nuovi parcheggi, strutture commerciali, campi di allenamento, museo del calcio biancorosso; o se dare retta agli argomenti della ragione, portare lo stadio fuori dal centro storico, rigenerare il quartiere e l'intero quadrante sud della città, offrire spazi e opportunità di sviluppo all'università che lì troverebbe il significato più profondo della sua dimensione di campus. Accontentarsi oppure osare, procedere per piccoli passi o spiccare il volo: la Vicenza di oggi deve scegliere cosa vuole essere e diventare domani. Dopo l'inaugurazione del polo di viale Margherita ha l'occasione unica di poter dare un'occhiata alla sfera di cristallo, dove può osservare le luci e i colori della "Fabbrica del futuro", candidata a diventare la più geniale e ambiziosa invenzione dopo la "Fabbrica del Rinascimento".

gianmarco.mancassola@ilgiornaledivicenza.it

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