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La spunta blu

Urgente: regalate a Naclerio un biglietto per l'Olimpico

Drusilla Foer di scena al teatro Olimpico in "Histoire du soldat" per la regia di Giancarlo Marinelli
Drusilla Foer di scena al teatro Olimpico in "Histoire du soldat" per la regia di Giancarlo Marinelli
Drusilla Foer di scena al teatro Olimpico in "Histoire du soldat" per la regia di Giancarlo Marinelli
Drusilla Foer di scena al teatro Olimpico in "Histoire du soldat" per la regia di Giancarlo Marinelli

"Ogni tanto qualcuno si abbandona alla volgarità, ma io rispondo ringraziandolo. C'è chi si smonta e chi si agita, ma questi sono fatti loro" (Drusilla Foer)

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C’è una coincidenza che dà la misura della distanza tra politica e realtà. Negli stessi istanti in cui sui banchi di sala Bernarda calava il gelo per un cupo attacco a omosessuali e comunità lgbt, il palco del teatro Olimpico si accendeva per acclamare la bravura assoluta di Gianluca Gori, in arte Drusilla Foer, formidabile voce narrante dell’Histoire du soldat, presentato nella luminosa versione di Giancarlo Marinelli: un attore che ha raggiunto la vetta artistica nei panni di un’attrice, una immedesimazione tale da rendere irriconoscibili i confini tra vita e arte, tra uomo e donna, tra lui e lei. A teatro il sublime, in municipio il grottesco. A voler essere pedanti, questa coincidenza temporale tra le due scene madri di questo settembre vicentino è una perfetta “Nemesi”, per noleggiare il titolo impresso al ciclo dei classici inaugurato giovedì. Per la cronaca, il sottotitolo è: “Ogni viso avrà diritto alle carezze”. Ne siamo davvero sicuri? Proprio ogni viso? Non erano forse schiaffi e pugni (dialettici, per carità), quelli assestati con foga da Niccolò Naclerio, non un consigliere qualsiasi, ma il delegato alla sicurezza, impegnato ad arrampicarsi su uno strampalato sillogismo in base al quale poiché ci sono state centinaia di aggressioni a gay negli ultimi dieci anni, non servono strumenti di tutela (sic)? Dopo aver ascoltato quell’intervento, il sindaco Francesco Rucco correva all’Olimpico per rilanciare sotto le luci della ribalta la candidatura di Vicenza capitale della cultura. Che genere di cultura esprimono le posizioni di Naclerio? Se la parola “genere” mette a disagio, allora viene da chiedersi che razza di cultura sia mai questa che spinge a dire in un consiglio comunale cose come: «Noi consideriamo gli omosessuali uguali a qualsiasi altro cittadino». Davvero occorre precisarlo? Davvero c’è un “noi” e c’è un “loro”?  Il guaio in questa storia non è il voto contrario alla mozione per sostenere il Ddl Zan: non è certo un dogma, non si richiedono atti di fede. Se quel testo è stato parcheggiato su un binario morto in parlamento dipende proprio dalla scelta ostinata e ottusa di blindarlo senza accettare compromessi e dallo squadrismo digitale messo in atto contro chiunque provasse a metterlo in discussione: se chiedi libertà, offri tolleranza. Il guaio non è il “no”, ma gli argomenti usati (o abusati) per giustificare quel “no”. Il guaio è quel pizzino maldestramente scritto e letto in aula. A quale quota scatta la definizione di emergenza, secondo Naclerio? Se non bastano le aggressioni a persone omosessuali per la loro omosessualità che lui stesso stima in centinaia, ci dica almeno quante aggressioni è riuscito a contare negli ultimi dieci anni a eterosessuali per la loro eterosessualità. Questo è il punto.
Minoranze vicine e lontane hanno tirato Rucco per la giacchetta, ormai lisa dopo gli spericolati exploit di un consigliere che il sindaco non può certo mettere alla porta, per non restare senza maggioranza dopo le ultime dolorose fuoriuscite che mettono a rischio la tenuta del numero legale in aula. Rucco ha preso le distanze, dopo aver votato sì alla mozione, in contrasto con Naclerio e il gruppo di Fratelli d’Italia. Un po’ tutti, però, ora invocano il ritiro della delega alla sicurezza, perché a essere pignoli, di questo parla il Ddl Zan: di sicurezza. E in effetti non ci dovrebbero essere distinzioni tra “noi” e “loro”, o tra “prima noi” e “poi loro”, quando si è incaricati di garantire la sicurezza. Eppure più che di sicurezza, c’è bisogno di cultura. E se è una nemesi che cerchiamo in questa storia, allora non c’è miglior carezza di un biglietto per assistere all’Histoire du soldat in scena all’Olimpico fino a domenica: non potrà non applaudire fino a spellarsi le dita la sublime performance di un attore nei panni di un’attrice, capace di confondere i confini tra uomo e donna, lui e lei, noi e loro in nome dell’arte. Su quel palco Vicenza si sta guadagnando i galloni di capitale della cultura. Il sindaco gli regali un biglietto: saranno soldi ben spesi.

gianmarco.mancassola@ilgiornaledivicenza.it

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