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Una vigilia ai confini della realtà

Giorgio De Chirico, Piazza Italia (1913)
Giorgio De Chirico, Piazza Italia (1913)
Giorgio De Chirico, Piazza Italia (1913)
Giorgio De Chirico, Piazza Italia (1913)

“Questo di sette è il più gradito giorno, pien di speme e di gioia” (“Il sabato del villaggio”, Giacomo Leopardi)

 

Che giorno è, che anno è? Cammini nel vuoto di questa vigilia e a ogni passo ti chiedi, non puoi non chiederti: a cosa assomiglia tutto questo? Quand'è che l'ho visto? Vicenza ai confini della realtà: è la vigilia di Natale, ma sembra l'alba del primo gennaio, un film di fantascienza, una scena di guerra, quando stanno per bombardare dal cielo e tutti si chiudono nei bunker. In corso San Felice c'è un'unica vetrina illuminata: è quella del barbiere, un solo cliente all'interno, il ronzio del rasoio si spande fino al giardino Salvi pigro e lento come questa pioggia che aggiunge una patina di malinconia ai colori e alle luci di un Natale che non sembra Natale. In viale Roma ci sono più autobus che automobili: vanno e vengono, ostinati come muli, avanzano senza fretta, oltrepassando fermate desolate: non scende e non sale nessuno. Il pannello luminoso del parcheggio Verdi avverte che ci sono quasi 400 posti liberi: da non credere. In Corso ci muoviamo come astronauti in assenza di gravità: passeggiate solitarie dentro questa bolla di smarrimento. Una, poi due, poi addirittura tre auto delle forze dell'ordine, una dietro l'altra, in una processione che avanza come un coltello caldo nel burro: non c'è folla, non c'è ressa, non c'è da sgomitare per farsi largo. Sono aperte le librerie, le profumerie e le botteghe di intimo, misteri dei codici Ateco. Un bar serve cioccolate da asporto, poi una infinita sequenza di serrande abbassate, di tavolini e seggiole ammassate, di cartelli che annunciano quello che tutti sanno: siamo chiusi, è il lockdown bellezza. Le vetrine strillano sconti fino al 40 per cento, altro che saldi, altro che fine stagione, l'inverno è iniziato da tre giorni appena. Mette i brividi il silenzio di questa vigilia, il giorno più pieno dell'anno trasformato nel giorno più vuoto, il più caotico trasformato nel più ordinato, un ordine innaturale delle cose: questo era il sabato del villaggio per antonomasia, il giorno più gradito non della settimana, ma di tutto l'anno. Davanti alle poste fa rumore persino l'acqua della fontana con l'altalena dei bimbi; un boato esplode in piazzetta Palladio, è il camion della spazzatura che vuota la campana del vetro sotto lo sguardo severo di un Andrea Palladio con cappello rosso d'ordinanza natalizia. Dove siete finiti tutti? Dove sono le ore liete intorno alle botti di legno in piazza delle Erbe? Dove sono i telefoni che fotografano la cascata di luci di piazza dei Signori? Dov'è lo stato di agitazione per gli ultimi acquisti? Dovrebbe essere un film già visto, dopo il lockdown di primavera, ma un film così io non l'ho mai visto il 24 dicembre. Da una finestra scivolano appiccicose le note di un vecchio tormentone natalizio: “I'll be home for Christmas”. Sì, non ci sono molte vie d'uscita: sarò a casa per Natale. Ci saremo tutti, quest'anno, a casa.

 

gianmarco.mancassola@ilgiornaledivicenza.it

 

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