<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
La spunta blu

Ulisse e Itaca

Il graffito con l'effige di Paolo Rossi apparso su uno dei cancelli del Menti
Il graffito con l'effige di Paolo Rossi apparso su uno dei cancelli del Menti
Il graffito con l'effige di Paolo Rossi apparso su uno dei cancelli del Menti
Il graffito con l'effige di Paolo Rossi apparso su uno dei cancelli del Menti

“In arte non si deve partire dalla complicazione. Alla complicazione bisogna arrivarci. Non partire dalla favola d’Ulisse simbolica, per stupire; ma partire dall’umile uomo comune e a poco a poco dargli il senso di un Ulisse”. (“Il mestiere di vivere”, Cesare Pavese)
.
Non passa giorno senza che al giornale non arrivi una foto o un pensiero per ricordare Paolo Rossi. Quello che è passato per Vicenza il giorno del suo funerale è un pezzo di storia irripetibile che non smette di sprigionare scosse elettriche di emozioni che tenevamo dentro, ripiegate in qualche armadio dell’anima che la morte di Pablito ha schiuso lasciando uscire gocce di memoria. Ma perché Vicenza? Perché questa che doveva essere solo una tappa verso la gloria è diventata anche la linea dell’ultimo traguardo? Quello che per molti è un enigma, per i vicentini non ha misteri: per tutti gli altri era Pablito o Paolorossi tutto unito, per i vicentini era semplicemente Paolo; e per Paolo Vicenza era casa.
Non era un Achille o un Aiace o un Ettore, perché non ne aveva il physique du rôle. Piuttosto era un Ulisse, che arrivava con ingegno e fiuto dove non lo portava un corpo minuto, più nervi e ossa che carne e muscoli. E di questo Ulisse del calcio Vicenza è l'isola che c'è, è Itaca dove tornare dopo aver raccolto la fama di imprese straordinarie oltrepassando gli orizzonti della grande provincia italiana. Vicenza è un luogo dell'anima, dove fare ritorno dopo aver esplorato universi lontani anni luce, in preda alla nostalgia, proprio come l'eroe omerico: ed è la nostalgia per giorni che non torneranno più quella che ci strozza lo stomaco, nostalgia per la meglio gioventù, per la prima cosa bella che era stato quel Vicenza, che era stata quella Nazionale in quel mondiale del riscatto: il riscatto di un uomo normale caduto e rinato eroe, ma anche il riscatto di un popolo uscito dal tunnel color piombo degli anni Settanta.
Nei suoi servizi dal Menti sospesi tra poesia e ironia, Beppe Viola giocava con le parole e chiamava quella squadra “Paolorossi Vicenza”, perfetta sintesi di un incantesimo che resisterà fino all'ultimo alito di vita, fino alla sfilata silenziosa dei vicentini davanti alla bara esposta sul prato del Menti, fino al duomo, scortato dai ragazzi dell'82, da Cabrini, Tardelli, Conti, Oriali, Altobelli: in quella sequenza c'è tutto, c'è l'abilità unica di Paolo Rossi nel tessere le trame dell'infinitamente grande e dell'infinitamente piccolo, un fenomeno planetario che inizia e finisce in una piccola città di periferia. “La storia siamo noi – canta in un video struggente con Francesco De Gregori – siamo noi che abbiamo tutto da vincere e tutto da perdere”. Fino all'ultima intervista confesserà il suo legame speciale con la città e la sua gente, un amore ricambiato esploso come una supernova in questi tristi giorni di dicembre, mentre riscoprivamo quello che abbiamo sempre saputo: per tutti era Paolorossi tutto unito, per i vicentini era semplicemente Paolo. La verità è che non era semplicemente un calciatore: per questo penso che qualsiasi forma prenda il tentativo di Vicenza-Itaca di tramandare il mito dell’eroe Paolo-Ulisse, non potrà limitarsi ai dintorni dello stadio, perché quello che è accaduto e continua ad accadere in queste settimane è qualcosa di molto più largo di un campo da calcio, è qualcosa che ha a che fare con l’identità di una città, con la sua storia, con un sentimento che è un modo per riconoscersi, come un dialetto, una bandiera, un simbolo.
Tra le centinaia di immagini messe in circolo dopo il 10 dicembre, una più di altre è la descrizione di un attimo. È una foto antica che sembra scattata per fare da copertina a un disco di Lucio Battisti: un giovane uomo in bicicletta pedala nel cuore di una giornata uggiosa, mentre alle sue spalle lo osserva una donna meravigliosa, lui è Paolo, lei è Vicenza. Ulisse, Itaca.
gianmarco.mancassola@ilgiornaledivicenza.it

Suggerimenti