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La spunta blu

Presunzione di innocenza e diritto di essere informati

Una scena dal film "The Post"
Una scena dal film "The Post"
Una scena dal film "The Post"
Una scena dal film "The Post"

Incollo qui sotto un mio editoriale pubblicato sull'edizione cartacea del GdV. Il tema può apparire barboso: si parla di diritti, libertà, decreti, costituzione. Ma queste sono le regole del gioco e prima di scriverle dovremmo chiederci: a che gioco vogliamo giocare? Può suonare come un paradosso, ma ci sono pochi altri generi giornalistici come la cronaca nera in grado di marcare la distanza tra una democrazia e il suo opposto. Nell’Unione sovietica ai tempi di Stalin il crimine non esisteva per legge, semplicemente perché in una società perfetta non ci sono delitti: e se ci sono, non vanno pubblicizzati. Nei regimi sudamericani degli anni Settanta, non si sapeva nulla degli arrestati, che sparivano dai radar senza che ne venisse data notizia: già, perché le prime a dover essere interessate alla diffusione delle informazioni sono proprio le persone a cui lo Stato (non la stampa, ma lo Stato) decide di limitare o togliere la libertà. Chiedete a Zaki come ci si sente a essere detenuti senza nemmeno conoscere i capi d’accusa. Oppure chiedete alla famiglia Regeni quanto utile sarebbe stata una corretta e trasparente circolazione delle informazioni per conoscere pezzi di verità. Questi sono solo esempi estremi, che nulla hanno da spartire con una democrazia come l’Italia. Ma prevenire è sempre meglio che curare.

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Un uomo di cinquant'anni dalla notte di Capodanno lotta in un letto d'ospedale sulla linea d'ombra tra la vita e la morte. Le sue condizioni sono molto serie a causa delle ferite e dei traumi riportati dopo essere stato picchiato con violenza e ferocia in un'abitazione a due passi dal centro storico di Vicenza. Il nuovo anno inizia con una notizia drammatica e inquietante, che ha sconvolto chi vive nel quartiere teatro della violenza, dove numerosi testimoni sono stati svegliati dalle urla della vittima e dalle sirene delle forze dell'ordine e dei soccorsi. Eppure, nessuna fonte ufficiale per due giorni ha potuto informare i mass media. Possibile? Sì, è possibile dopo che a metà dicembre è entrato in vigore il decreto legislativo numero 188, promosso dalla Guardasigilli Marta Cartabia per salvaguardare la presunzione di innocenza dai "processi show" che si consumano nei "circhi mediatici", condannando gli indagati prima che i giudici emettano le sentenze: troppe volte l'uso si è trasformato in abuso. Il provvedimento, che è stato salutato dai difensori del garantismo come un importante passo in avanti sul piano giuridico e culturale, recepisce almeno in parte, con cinque anni di ritardo, una direttiva europea mirata a puntellare i principi della presunzione di innocenza: «Assicurare il diritto della persona sottoposta a indagini e dell'imputato a non essere indicati come colpevoli fino a quando la colpevolezza non è stata accertata con sentenza o decreto penale di condanna irrevocabili». Un obiettivo alto, un diritto sacrosanto. Tutto bene, quindi? Non molto, a giudicare dai primi effetti collaterali di un testo che limita la diffusione di informazioni «solo quando è strettamente necessaria per la prosecuzione delle indagini o ricorrono altre rilevanti ragioni di interesse pubblico», riservando un potere di decisione e controllo pressoché assoluto al procuratore, unica figura che detiene l'autorità di comunicare le notizie relative ai procedimenti penali e di diffondere informazioni su qualsiasi evento che possa richiedere l'apertura di un'indagine. Un monopolio. La norma, infatti, non prevede né contrappesi né forme di controllo. Che tipo di notizie potranno essere diffuse? In base a quali criteri? Con quale grado di trasparenza? Per rispondere a quali esigenze e interessi: quelli degli inquirenti, quelli degli indagati o quelli dei cittadini? Le prime conseguenze del decreto Cartabia, che sposta con una spallata gli equilibri delicati e precari tra diritti e poteri, non hanno tardato a manifestarsi, da un capo all'altro dello Stivale. Per restare in casa nostra, le mancate informazioni sul violento pestaggio della notte di Capodanno accendono i riflettori sui difetti di una norma che muove da nobili intenzioni, ma nel tentativo di difendere un diritto costituzionalmente garantito come la presunzione di innocenza, per una eterogenesi dei fini ne penalizza un altro, anzi, altri due: il diritto di informare e il diritto di essere informati, tutelati dall'articolo 21. Prima c'era una stortura, che certo giornalismo italiano ha contribuito ad alimentare, non sempre, ma spesso. Ora ce ne sono due, di distorsioni: perché la prima non guarisce con questo decreto, che semmai provoca la seconda, irrigidendo il rapporto tra forze dell'ordine, magistratura e organi di informazione. Da un eccesso all’altro. Per proteggere le prerogative di innocenti fino a prova contraria è davvero indispensabile tacere su gravi fatti di cronaca? O si può cercare un compromesso nel giusto mezzo? Nelle democrazie compiute la libertà di stampa si nutre di un rapporto maturo con le fonti del potere, mantenendo la giusta distanza. Interrompendo quel rapporto o limitandolo pesantemente, c'è il rischio di produrre un'informazione meno precisa, accurata, profonda, con un danno per tutti: per le vittime, per gli indagati e per il pubblico che ha diritto di essere informato. Come dice lo zio di Spiderman, da un grande potere derivano grandi responsabilità: vale per tutti, non solo per la stampa.

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Ricevo e volentieri pubblico questo intervento:

"Ho letto con interesse il suo  articolo sul Decreto Legislativo 188 del Dicembre 21 e personalmente condivido il DL. Non può esserci dubbio sulla giusta intenzione della norma, come anche su qualche  perplessità su come sarà applicata. Questa norma EU,  cogente nella finalità e non nel mezzo per raggiungerla, viene recepita dal nostro Parlamento come sempre,   un attimo prima della sanzione Europea. Il ritardo da lei citato di 5 anni lo sta a provare. Per cui Camera, Senato , CSM, Ordine giornalisti, si sono adoperati su questa direttiva. Il Governo avrà recepito e emanato. Atto dovuto che da  cittadino  non posso che condividere. Quante norme sono state emanate e sono vigenti in merito ai pubblici "processi" mediatici,  prima di ogni atto dei Magistrati giudicanti , e tutto a seguito di illegali pubblicazioni di estratti di registrazione telefoniche trascritte su verbali "secretati"?  Quante esortazioni, raccomandazioni del CSM e Ordine dei giornalisti ai propri inscritti in merito? Dunque questa norma riporta tutti i responsabili a  riflettere su questo punto. Magistrati in primis. Da lì tutto parte e tutto ritorna. Il PM avrà la responsabilità di notificare  o secretare. La stampa di informare e/o nel caso stimolare giuste modifiche. Sarebbe utile , visto che la direttiva Eu è in vigore in tutta l'Unione, sapere come si sono adeguate le magistrature, ordini professionali e opinione pubblica sul tema ( Polonia e Ungheria non fanno testo).

Giuseppe Fracasso

gianmarco.mancassola@ilgiornaledivicenza.it

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