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La spunta blu

Lo sport e la piramide rovesciata

Robert Delaunay, “I corridori“
Robert Delaunay, “I corridori“
Robert Delaunay, “I corridori“
Robert Delaunay, “I corridori“

"Anche se tutto va male, la ragazza ti lascia, perdi il lavoro, c’è sempre un campionato che inizia a settembre". (Nick Hornby)

Toh, che fatalità: la prima buccia di banana sui sentieri del nuovo governo è uno sport, lo sci. E però - ops - non abbiamo un ministero che se ne possa occupare. Che la prima grana esplosa sul tavolo di palazzo Chigi siano gli impianti sciistici è la perfetta nemesi per un esecutivo che non solo parte senza un ministero dedicato allo sport, ma la parola “sport” per ora nemmeno compare nella pur fitta selva di deleghe distribuite a destra e a manca. Dopo un mese di consultazioni tra Mattarella, Fico e Draghi, che a nessun partito sia venuto in mente di chiedere di preservare almeno la denominazione la dice lunga sulla scollatura tra politica e realtà. Non che ci fossero ragioni per cullarsi nell’illusione che d’incanto potesse rovesciarsi la piramide dei nuovi valori eretta durante un anno di pandemia: nel paese che chiude piscine e palestre, che riduce l’ora di educazione fisica a pochi gesti senza attrezzi, che gongola per l’impennata di vendite di lievito, farina e alcolici, il messaggio che più ha lasciato il segno in questi dodici mesi è l’hashtag #iorestoacasa. Sconsigliato quando non vietato sudare per stare bene; consigliato quando non imposto stare fermi, immobili, divanizzati. Forse ce lo siamo scordati, ma per qualche settimana persino fare una passeggiata era proibito, persino correre era considerata un’attività pericolosa, mentre è sempre stato possibile uscire per andare a comprare le sigarette. La tenuta del sistema sanitario inizia dallo sport, non dalle terapie intensive. Lasciando il ministero dopo 17 mesi, Vincenzo Spadafora ha infine confessato: «Non sapevo nulla di sport». Parole disarmanti. L’ignaro Spadafora stava allo sport come la candida Lucia Azzolina stava alla scuola. La pandemia non ha fatto altro che strappare anche questo velo di ipocrisia italiana: sport dovrebbe fare rima con salute, issato ai vertici della piramide dei valori di una società sana, invece come la scuola e la cultura è finito schiacciato in fondo alla catena dei sacrifici. Alcune federazioni hanno perso metà degli iscritti. Molte società non hanno più un centesimo per pagare affitti e bollette. Migliaia di ragazzi hanno smarrito motivazioni e vocazioni. Per rimettersi in piedi dopo uno stop così lungo lo sport avrebbe avuto bisogno di un ministero con portafoglio: sarebbe stato un segnale, così come un segnale è stato dato giustamente al turismo. Si accontenterà di un sottosegretario, a proposito di priorità. E anche oggi dello sport ci occuperemo domani.
gianmarco.mancassola@ilgiornaledivicenza.it

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