<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
La spunta blu

La maggioranza silenziosa

Pieter Bruegel il vecchio, "Danza nuziale"
Pieter Bruegel il vecchio, "Danza nuziale"
Pieter Bruegel il vecchio, "Danza nuziale"
Pieter Bruegel il vecchio, "Danza nuziale"

«Nascere non basta. È per rinascere che siamo nati. Ogni giorno» (Pablo Neruda)
.
A occhio siamo dentro uno di quei momenti lì, in cui viene comoda una formuletta molto collaudata, usata ma sicura: maggioranza silenziosa. Ci pensavo mentre scorrevo sconsolato i commenti postati sotto la prima pagina del giornale che titolava sulla terza dose. Alcuni erano pacati, esprimevano civilmente critiche ai media, al governo, al sistema sanitario. Molti, se non moltissimi, erano invece barbarie: offese, bestemmie, minacce, accuse diffamanti senza indizi né prove. Buoni e cattivi, i commenti arrivavano al 90 per cento dalla galassia No Vax e No Pass. Suonavano così stonate, a volte disperate, quelle parole urlate dal profondo del mare torbido dei social che ricordavano l’affanno di un naufrago mentre l’acqua sale e ribolle nella stiva, la barca inizia a inclinarsi su un fianco e non si sa più a chi dare la colpa. Blaterano di dittature, di censura, di bavaglio, senza rendersi conto che da settimane parlano solo loro, occupano tribune, pulpiti e titoli: forse non sono a conoscenza o non hanno memoria di cosa accade agli oppositori quando esprimono dissenso sotto una dittatura. Il virus resiste tra le top news di giornali e tv, ma soprattutto nelle piazze virtuali di Facebook e dintorni, quasi esclusivamente per chi ancora non si è vaccinato. Chi il vaccino se l’è fatto sta voltando pagina, la pandemia se la sta lasciando alle spalle. Guardatevi intorno. Un anno fa ci stavamo avvitando sulla carta e l’inchiostro delle ordinanze che imponevano l’obbligo di indossare le mascherine anche all’aperto, ci preparavamo al ritorno dei dipiciemme e della didattica a distanza, stavamo per colorare l’Italia in zone gialle, arancioni e rosse, stavamo per sperimentare duecento giorni di coprifuoco. Dodici mesi di tutto questo non c’è traccia o quasi, nemmeno all’orizzonte: viviamo di giorno e di notte, andiamo allo stadio, al cinema, a teatro, al museo, nei centri commerciali, anche di sabato o domenica, organizziamo convegni, facciamo sport, beviamo il caffè al bar e ceniamo al ristorante. Qualcuno è tornato a tossire o starnutire senza nascondersi in uno scantinato. Altri provano l’ebbrezza di stringersi la mano per salutarsi. Lavoriamo, soprattutto, ormai più in presenza che a distanza. Abituati come siamo a calcolare le capienze in percentuali, possiamo dire che le nostre esistenze sono piene almeno al 70 per cento. La tempesta è passata? No, non ancora, non del tutto. L’immunologa Antonella Viola dice che siamo entrati nella fase del post-vaccino: convivere con il virus non solo si può, ma si deve. Sembra di stare dentro un quadro di arte fiamminga: le città brulicano, ma vanno a due velocità, come nella “Lotta tra carnevale e quaresima” dipinta da Pieter Bruegel il vecchio. Il virus è un ostacolo solo per chi non ha accettato la logica del vaccino. E quasi sempre sono gli stessi che negavano l’esistenza del virus o non accettavano le misure per difendersi, mascherina compresa. Ormai parlano del covid solo quelli che non ne volevano sentir parlare: bel paradosso. Per tutti gli altri, il mondo sta ripartendo velocemente: tutti gli altri sono la maggioranza silenziosa, che non litiga più sui social, che non ha motivi di alzare la voce, protestare, ululare a proposito di complotti o dittature. Semplicemente, non ha tempo da perdere, perché sta tornando a vivere, la vita si sta nuovamente riempiendo. 

gianmarco.mancassola@ilgiornaledivicenza.it

Suggerimenti