“Sentiva che tutto accadeva con una strana ineluttabilità, come se il colpo di fortuna del loro incontro richiedesse una risposta stravagante, un moto di anarchia e gioiosità” (Paul Auster, La Musica del Caso)
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Cinquantadue. Cinque-due. È questo l’ultimo numero estratto alla tombola dei vaccini. Senza troppo preavviso, è arrivata così la convocazione dei nati nei primi mesi del 1952, residenti nell’Alto Vicentino: presentarsi in ordine sparso, tocca a voi, più o meno come a una festa di classe, solo che non si va all’agriturismo, ma al palasport a farsi fare la puntura. Il numero è stato estratto in mezzo a un gran vociare e gridare, proprio come nei pomeriggi delle feste, quando qualcuno tira fuori le tessere e squaderna il tabellone su tovaglie disseminate di tappi di sughero, canditi e avanzi di colomba. I criteri della campagna vaccinale restano avvolti in una nebbia fitta: non c’è un parametro che resista più di un giorno, se non cambia la classe d’età, cambia la modalità di convocazione. Dalle lettere ai siti internet, dai messaggini al passaparola. E ancora: dai dipendenti pubblici ai donatori di sangue, ora avanti con accompagnatori e caregiver. Questa, poi, è davvero un'offertona imperdibile: prenoti uno ma vaccini due. Poi accade che si generino inaccettabili assembramenti davanti ai punti vaccinali: tutto, purtroppo, secondo copione. Cosa dobbiamo aspettarci ancora? Tornei con un girone all'italiana e poi sfide secche a eliminazione diretta, con i calci di rigore (a proposito di lotterie) in caso di parità? Prove di cultura generale con la possibilità di chiedere l'aiuto da casa? Dopo medici e infermieri, sarebbe bastato partire dal più vecchio e scendere fino al più giovane, perché questa è la classifica del rischio chiara a tutti da almeno un anno.
Avremmo messo in sicurezza i più fragili, senza far torto a nessuno, senza aprire nel sistema porte e finestre laterali da cui entrano spifferi insinuando il sospetto di favoritismi o di confusione. Se avessimo seguito il più semplice e più banale dei criteri, oggi avremmo probabilmente già sgonfiato la pressione sugli ospedali, con l'effetto di allentare le misure: quindi meno zone rosse e scuole aperte, ad esempio, proprio come il sottosegretario Pierpaolo Sileri andava dicendo da un salotto televisivo all'altro a febbraio. In questa grande ruota della fortuna che sta centrifugando tempo ed energie di tutti, c'è chi grida ambo, chi cinquina anche se non ha tutti i semi di zucca che servirebbero per riempire le caselle. E c'è poi chi aspetta il suo turno, in mezzo al caos, senza capire perché il suo numero non esca mai. Anzi, no, per la verità il suo numero è uscito e non una, ma due, tre, tante volte. Quella, però, era un'altra roulette, era la lotteria delle chiusure e dei divieti: da quel bussolotto sono usciti i numeri dei ristoratori e dei baristi, ad esempio; o dei piccoli negozianti e dei parrucchieri, delle palestre e delle piscine; ma anche dei teatri e dei cinema. Da quel bussolotto continua a essere estratto il numero degli studenti, messi a casa davanti a uno schermo ancora una volta. Sì, perché la scuola una settimana è bollata come pericolo pubblico numero uno e la settimana dopo magicamente diventa uno spazio sicuro: dipende tutto da questa caotica tombola che tanto assomiglia al gioco delle tre carte.