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La spunta blu

L'orchestra del Titanic

Una scena del film "Titanic" di James Cameron
Una scena del film "Titanic" di James Cameron
Una scena del film "Titanic" di James Cameron
Una scena del film "Titanic" di James Cameron

“Esiste una regola sola: o cacci o vieni cacciato” (Frank Underwood, “House of cards”)

Se ancora non ci avete fatto caso, sappiate che siamo sull’orlo di una crisi di governo. Provo ad appoggiare qui qualche appunto per la navigazione dei prossimi giorni, consapevole che sto remando controcorrente: nel momento in cui scrivo la crisi di governo non figura tra le prime venti ricerche degli italiani su Google, surclassata persino dalle elezioni per il senato americano in Georgia. Chissenefrega? Mica tanto. Le nubi che si stanno addensando intorno a palazzo Chigi, in attesa di capire cosa accadrà a valle, sono interessanti per rispondere alla domanda che sta a monte: è possibile cambiare governo durante un’emergenza come questa pandemia? Molti osservatori sostengono che sia una follia. Io penso che si possa e si debba. Lo hanno fatto gli Stati Uniti, perché non può farlo l’Italia? Almeno un tagliando facciamoglielo a chi sta gestendo una crisi che dura da dieci mesi e che ne durerà probabilmente altrettanti. Errori ne sono stati fatti a camion, alcuni inevitabili soprattutto in primavera, altri imperdonabili soprattutto in autunno. La pandemia non può essere un salvacondotto per il governo. Non ci possono essere intoccabili, nemmeno qui e ora.
E tuttavia, tranquilli: qualsiasi forma prenda questo grumo di tensioni, non avrà molte valvole di sfogo. Non si andrà ad elezioni anticipate, ad esempio. Non solo perché non conviene agli attori in scena: di sicuro non al Movimento Cinque stelle che sta giocando in difesa, ma soprattutto non a Matteo Renzi, che gioca in attacco dall’alto di percentuali di consenso popolare misurate dai sondaggi nell’ordine dello zero virgola. La realtà è che non si può andare a votare senza una nuova legge elettorale dopo il drastico taglio dei parlamentari approvato via referendum a settembre. Quella riforma faceva le pentole, ma non i coperchi. Così ora la situazione potrà diventare grave, ma non seria. Morale: la crisi dovrà risolversi dentro il palazzo. E qui sta la parte più croccante di una storia molto, persino troppo italiana: per la classica legge del contrappasso “chi lo dice sa di esserlo”, i Cinque stelle con il loro presidente del consiglio mai eletto stanno rinverdendo l’antica tradizione della caccia ai voti in parlamento, una pratica che oggi definiscono “appello alla responsabilità” dopo che per anni hanno schifato con orrore chiamandola “trasformismo”. Comunque vada a finire, rimane la sensazione che sul palco si stiano agitando interpreti di quart’ordine, poco preparati e poco sintonizzati con i sentimenti degli italiani, che infatti snobbano le manovre di palazzo dedicandosi piuttosto alle palpitanti elezioni dei senatori georgiani. Qualcosa di simile ai componenti dell'orchestrina del Titanic: suonano il loro spartito anche mentre la nave affonda. Come diceva quel tale: popcorn.
gianmarco.mancassola@ilgiornaledivicenza.it

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