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La spunta blu

Contro i botti

Leonardo DiCaprio in una scena del film "Il grande Gatsby"
Leonardo DiCaprio in una scena del film "Il grande Gatsby"
Leonardo DiCaprio in una scena del film "Il grande Gatsby"
Leonardo DiCaprio in una scena del film "Il grande Gatsby"


“Manca un’ora all’anno nuovo. Le voci della televisione, gli scoppi dei petardi, le grida dei vicini. Si uccide l’anno vecchio. Ma io non credo che un anno possa essere ucciso”. (Ennio Flaiano, “Diario degli errori”)
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Non so bene perché si sparino i botti a Capodanno, ma prima o poi qualcuno dovrà decidersi a scrivere una fenomenologia del petardo. Vorrei che mi schiudesse il mistero di quel raptus collettivo che coglie anche gli amici più stimati, annebbiandone le menti fino a farli cadere prede di uno stato di agitazione compulsivo maniacale. La mia domanda è: perché? Qual è il beneficio tratto dall’accensione e deflagrazione di questi rudimentali ordigni? A quale richiamo ancestrale rispondono i loro istinti nei primi irrazionali attimi del nuovo anno? A che genere di insopprimibili bisogni primari quelle esplosioni sanno dare soddisfazione?
Un antropologo mi risponderebbe con la teoria dei riti di passaggio: i botti sarebbero dunque una forma di esorcismo per scacciare demoni e altri spiritelli maligni dall’anno che sta iniziando, bruciando simbolicamente quanto di malefico sia mai toccato sopportare durante l’anno che finisce. Se così fosse, saremmo dalle parti della superstizione spinta fino ai limiti dell’animismo: una forma di paganesimo tollerata in seno a società sempre più secolarizzate, liturgie vudù che sostituiscono spilli e bambole con il fuoco e la polvere pirica. Forse non a caso, il botto è una faccenda soprattutto maschile. L’Homo Raudus è l’ultima moderna tappa del diagramma evolutivo, retaggio dell’uomo delle caverne, che scopre il fuoco e lo eleva a simbolo della sua superiorità nel mondo animale. Come Prometeo sfida gli dei dell'Olimpico, così lo sparatore di petardi sfida il fato e quello che il nuovo gli sta riservando. Fosse davvero così, la faccenda avrebbe un suo quarto di nobiltà, quando in realtà è abitualmente un'azione bruta, di pancia più che di testa, e come tale priva di eleganza, di stile, di sobrietà. Ve lo immaginereste il Grande Gatsby azionare l'accendisigari per scatenare l'inferno con fontane pirotecniche di fabbricazione cinese nella veranda della sua villa di Long Island? E Jep Gambardella, ve lo vedete proiettare un magnum dalla terrazza con vista Colosseo finendo per incendiare un pino marittimo dei Fori imperiali? Sospetto che sotto sotto covi materia freudiana: il petardo come estensione dell’organo maschile, come esaltazione dell’eruzione virile, surrogato dell'atto sessuale, apoteosi del maschio alfa che afferma la sua forza dominando il più temibile, misterioso e affascinante dei quattro elementi. La gara a chi trattiene in mano più a lungo il petardo con la miccia accesa sarebbe quindi assimilabile alla più comune, frequente e pratica competizione da spogliatoio tra galli, polli e pavoni. A giudicare dal numero di feriti, quando non di vittime, dai rischi comunque corsi del tutto inutilmente, dei danni provocati, dalla scia di animali spaventati letteralmente a morte, dei rifiuti lasciati sulle strade, dei costi sostenuti per non ritrovarsi nulla in mano, quando odo petardi far festa a Capodanno non posso non riandare al sublime saggio di Carlo Cipolla dedicato alle “Leggi fondamentali della stupidità umana”.  Al comma tre vi si legge in caratteri dorati: «Una persona stupida è una persona che causa un danno a un’altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo una perdita». Sono un irriducibile libertario e quindi inorridirei alla notizia di bollini da codice penale riservati ai botti di fine anno fai da te, quelli improvvisati sul davanzale del quarto piano. E però resto in trepidante attesa che qualche artificiere di San Silvestro mi persuada che il rito del botto di Capodanno sia di qualche utilità al genere umano e non debba quindi, come io credo, essere classificato tra le attività stupide, direi pure tra le più stupide.

gianmarco.mancassola@ilgiornaledivicenza.it
 

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