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La spunta blu

Il virus della caccia al colpevole

Grant Wood, "American Gothic"
Grant Wood, "American Gothic"
Grant Wood, "American Gothic"
Grant Wood, "American Gothic"

«Non c’è più pazzo al mondo di chi crede d’aver ragione» (Luigi Pirandello)

Più ancora degli impulsi neofascisti, il malanno del nostro tempo sono i complottismi. Non per sottovalutare l’oscena violenza che ha sfregiato Roma, la prova che non è solo folclore il nostalgismo che serpeggia ai lati e a volte dentro i partiti di destra. Quell'assalto ha rivelato la debolezza della rete di controllo pianificata dal Viminale, vero, ma anche la solitudine in cui la larga maggioranza degli italiani ha lasciato i violenti, gli estremisti, i fascisti. Sono invece in compagnia sempre più numerosa i complottisti di ogni risma e orientamento, perché si nutrono di teorie trasversali che attecchiscono ovunque. Dalla politica alla scienza, dal calcio all’economia, dal 5G ai chip non c’è ormai discorso che non ammicchi a burattinai, trame oscure, demiurghi, grandi vecchi, cupole. Che siate al bancone di un bar o di un salumiere, in pausa caffè con i colleghi o a cena con amici, fateci caso, prima o poi qualcuno premerà il tasto “chissà cosa c’è sotto”. Non è solo colpa dei complottisti se sono complottisti. Il fenomeno ha radici lontane e ramificate dall’Italia all’America, come ci dice la parabola del trumpismo, tutt’altro che spenta o esaurita. C’è un grande classico andreottiano che recita: «A pensare male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina». È sempre stato presentato come un’impareggiabile perla di saggezza: e se invece fosse l’origine della cultura del sospetto all'italiana? Le opacità della storia hanno concimato il campo minato dove si è mantecata buona parte dell’opinione pubblica che ogni sera rimbalza da un talk show all'altro. Le piazze brulicano di proteste contro un farmaco, perché questo è un vaccino: non si ricorda nulla di vagamente simile in precedenza. Ogni giorno milioni di pazienti vengono curati con ogni genere di farmaco: di cortei, nemmeno l’ombra. Eppure, in qualche misura, quello che sta accadendo in questi giorni non è che la sommatoria di piccole grandi cose accadute negli ultimi venti mesi. Alla radice delle misure per combattere il virus c’è un sentimento: la diffidenza. La distanza di sicurezza, l’igienizzazione ossessiva, la raccomandazione di evitare abbracci e strette di mano, la mascherina stessa: sono tutti sistemi per proteggere se stessi dagli altri, perché ci è stato ordinato per mesi di non fidarci. Questo improvviso blackout della fiducia è piovuto su uno spirito del tempo che aveva fatto della diffidenza e del sospetto una bandiera già prima del virus: dai forconi ai gilet gialli, ora i No vax e i No pass, i convogli su cui far viaggiare pensieri obliqui ciclicamente transitano per la stazione Italia. La politica certo ci ha sguazzato in questo stagno (e ci sguazza), ma pure il sistema dei media, accusato a destra e manca di essere complice con i poteri occulti, spesso ha portato acqua al mulino della diffidenza. C'è un libro che indossa un titolo e una copertina perfetta per illuminare il batterio che ha scavato in profondità la tentazione del vittimismo, una strategia di sopravvivenza che tocca tutti, dal ragazzino protagonista del libro ai capipopolo nelle piazze: “Di chi è la colpa”, l'ultimo romanzo di Alessandro Piperno. “Dare agli altri la colpa della propria infelicità è un esercizio di malafede collaudato, una tentazione alla portata di tutti”. La caccia al colpevole macchia il nostro vestito democratico come la vernice che cola sulla copertina del romanzo di Piperno. Sul malessere della diffidenza, la malfidenza, ronzano come mosche gli estremisti per provare a ribaltare il tavolo: questo è il primo ordigno da disinnescare. Sminando il campo del complottismo e della malfidenza, si restringe il recinto delle tendenze eversive. L'esercizio del dubbio è la leva che spinge a indagare e informarsi, il sale di una buona democrazia. I problemi iniziano quando il dubbio si fa sospetto sistematico. Se c’è un malanno da curare, non solo in Italia, più ancora dei fascismi, è il complottismo diffuso e trasversale. 

gianmarco.mancassola@ilgiornaledivicenza.it

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