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La spunta blu

I vaccini ai ragazzi e il "Pferragosto" di noi genitori quasi perfetti

Una scena dal film "Genitori quasi perfetti"
Una scena dal film "Genitori quasi perfetti"
Una scena dal film "Genitori quasi perfetti"
Una scena dal film "Genitori quasi perfetti"

«Un tempo gli amici li incontravo nei locali, ora in farmacia. Che cosa ci è successo?» (dal film “Figli”)
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«Alla Lazio però i tamponi glieli fanno pure in trasferta». Più che uno squillo di tromba, un colpo di cannone. A ciel sereno. Con un mese e mezzo di anticipo si sono riaccese le chat dei genitori. Da giugno a settembre di solito cadono in letargo. Il silenzio, la pace. All’improvviso, invece, è un mulinare di notifiche già a fine luglio. Mannaggia al Green pass, mannaggia all’obbligo di esibirlo per fare sport e chissà magari pure per andare a scuola. Mannaggia a noi che non ci abbiamo pensato prima. Mentre Mario Draghi sciabolava il suo “whatever it takes” applicato ai vaccini, affettando come mortadelle le tesi varie ed eventuali dei leader che lisciano il pelo ai No vax, pensavo: bene, bravo, bis, ecco uno che si assume le sue responsabilità, che fa l’unica cosa razionale per non doverci chiudere di nuovo. Poi però vedo la data: 6 agosto. Ah. E le età: dai 12 anni. Ahia. Un secondo dopo, sui telefoni di noi genitori quasi perfetti di figli da poco dodicenni partiva il caravanserraglio: «Scusate, ma voi avete vaccinato i vostri figli?». Panico. Io alzo subito le mani, mi arrendo, mi consegno e confesso. Una confessione piena, come nelle puntate della Signora in giallo: non so dire perché, ma ho aspettato a prenotare il vaccino a mia figlia, non per contrarietà o per paura, forse solo per un’infantile idea di lasciarla in pace durante l’estate, dopo un anno terribile, fatto di mascherine, distanziamenti, didattica a distanza, coprifuoco, socialità rarefatta, tamponi, quarantene, autocertificazioni. Mi sentivo in colpa, come tutti noi adulti verso la generazione Dad. Così mi sono detto: che si goda l’estate, lasciamola tranquilla. «Eh, però era nell’aria, raga», dice uno. «Nessuno si salva da solo, serve il contributo di tutti, anche dei ragazzi», dice un altro, severo come un giudice di Cassazione. E in effetti. Sì, però ce l’avrebbero pure potuto dire prima, che so?, a fine maggio, così ci saremmo organizzati. Invece ce lo dicono a fine luglio, con i traghetti e gli aerei prenotati, con le pinne e gli occhiali, le creme solari, vieni all’ombra che ti scotti, aspetta ancora un po’ a fare il bagno che hai appena mangiato, non andare oltre le boe, vieni qua con quel pallone che te lo buco. Vado a controllare le date disponibili: l’obbligo scatta il 6 agosto, ma prima del 12 non ci sono slot. «Noi siamo via in quei giorni, andiamo a sud, troppo lontano per pensare di tornare», scrive una mamma. «Va detto che se lo Stato introduce un obbligo, deve anche mettere i cittadini nelle condizioni di assolverlo», riecco la Cassazione. «Questo è un golpe», scolpisce in maiuscolo un “Ni vax” e lo fa come si usa adesso, anteponendo quella formula aurea che mette al riparo da sospetti: «Io sono vaccinato ma», a cui seguono tesi idealiste contro il Green pass, contro le discriminazioni e le dittature sanitarie, inneggiando alla libertà, ai diritti delle minoranze. Io invece sono vaccinato “e” sono favorevole al Green pass, però fatto così sembra la solita commedia all’italiana con i soliti clichè, le solite maschere, i soliti copioni, il solito ufficio complicazioni affari semplici. Noi qui siamo genitori quasi perfetti, come Anna Foglietta, però pure voi non scherzate con questo accanimento terapeutico verso i ragazzi: sono stati gli ultimi a poter prenotare il vaccino e ora sono i primi a dover esibire il passaporto, perché, dai, lo sport, il cinema, lo stadio, la pizza, la scuola, tutto del Green pass orbita intorno l’essere adolescenti al tempo del covid. «Tanto poi finirà che fanno la proroga, come con le sospensioni dei medici No vax, avete letto l’ultima di Zaia, vero?». E su questo messaggio la chat sembra quietarsi, placando gli animi arroventati: il sole sta già tramontando dietro le colline brune accartocciate come le occhiaie di Draghi, qualcuno da qualche parte sta spalmando la crema idratante sulla pelle arrossata in spiaggia di suo figlio tredicenne non ancora vaccinato, qualcun altro sghignazza fingendo di mostrare il qr code al cameriere sedendosi su una sedia in plastica color tortora nel dehors con le pareti in plexiglass sul lungomare per un’ultima pizza prima che chiudano le frontiere, altri armeggiano al telefonino sul sito dell’Ulss per vedere se ci sono nuovi slot, metti mai. Poi, però, quando ormai la notte è matura, un’ultima, estrema notifica, il cessate il fuoco prima di tornare in letargo fino a settembre: «Non so voi, ma io ormai non riesco più a scrivere o leggere le “effe” senza una “pi” davanti. Dev’essere l’effetto Pfizer. Prepariamoci, sarà un Pferragosto da paura».

gianmarco.mancassola@ilgiornaledivicenza.it

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