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La spunta blu

Da diritto a lusso: tempi duri per lo sport

Una scena dal film "Le grand bain"
Una scena dal film "Le grand bain"
Una scena dal film "Le grand bain"
Una scena dal film "Le grand bain"

Tempi duri per lo sport e per gli sportivi. Da due anni si è rovesciata la piramide dei valori. Già pochi giorni dopo l'esplosione della pandemia, l'attività fisica era finita all'indice: da stile di vita salutare e virtuoso è diventata un modello da maneggiare con cura, con appiccicata l'etichetta di "pericolo contagio". Erano i mesi dell'hashtag #iorestoacasa, che celebrava il divano come scialuppa di salvataggio per attraversare la tempesta Covid. In un amen aveva messo radici il primato della sedentarietà e della solitudine, mentre dagli scaffali dei supermercati venivano razziati pacchi di farina e cubetti di lievito in nome di un'esistenza sicura a chilometro zero, condotta sull'asse cucina-salotto. L'idolatria della passività fisica si è mescolata con il veleno della paura e della diffidenza: era vietato uscire di casa per fare sport, ma era consentito per acquistare tabacco. Assurdo. Eppure è accaduto. In una corsa a ostacoli lastricata di incognite, tra false ripartenze, autocertificazioni e regole in continua evoluzione, lo sport di base ha provato a rimettersi in piedi nell'ultimo anno: associazioni e centri sportivi hanno perso per strada percentuali in doppia cifra di iscritti e soci, hanno fatto i conti con misure, restrizioni, divieti e limitazioni che hanno scoraggiato e aumentato i costi, ma ci hanno provato con coraggio. L'incredibile 2021 azzurro, l'anno più medagliato di sempre, è stato benzina nel motore della ripresa italiana. Valentina Vezzali, sottosegretario allo sport (già, perché un ministro l'Italia nemmeno ce l'ha...), ha definito le imprese sportive una straordinaria locomotiva emotiva per il paese: una loco-emotiva.Nel pieno della quarta ondata che ha nuovamente sconvolto persino i calendari dei campionati professionistici, un nuovo cigno nero si affaccia sullo sport italiano ed è il vertiginoso aumento dei costi per scaldare e illuminare gli impianti, per acquistare strumenti e attrezzi, per organizzare trasferte e tornei. Sembra una ennesima tempesta perfetta: crescono le spese, diminuiscono le entrate, per la fuga degli sponsor e il crollo delle quote. Delle due l'una: o pagano le società rischiando di fallire, o pagano le famiglie, già bombardate dallo tsunami dell'inflazione. Senza sostegni e correttivi, si avvicina l'ora delle scelte dolorose: bisognerà scegliere cosa tagliare per far quadrare i conti dei bilanci familiari. Proprio mentre lievitano le bollette, gli scontrini della spesa, il caffè al bar, la pizza, il pieno di benzina, la pratica sportiva rischia di diventare un lusso per molti. E sarebbe un terribile paradosso, se pensiamo che poco prima che il virus bussasse alle nostre porte, sembravano ormai maturi i tempi per incidere a lettere dorate nelle costituzioni delle grandi democrazie il diritto allo sport. Manca, quel riconoscimento, anche nella Carta italiana, fiorita dopo una guerra voluta dal fascismo, che lo sport aveva strumentalizzato a fini propagandistici per formare la gioventù in nome di principi razzisti e a scopi bellici. Oggi la percezione dello sport è di segno opposto: viene universalmente riconosciuto come strumento per la prevenzione di malattie croniche, per il mantenimento del benessere psicofisico, per il miglioramento della qualità della vita a tutte le età, per la trasmissione di valori di pace e convivenza, per l'emancipazione delle minoranze, per la parità di genere. Se lo sport diventa un lusso, non è più un diritto. I conti di questi due anni di "piramide rovesciata" prima o poi arriveranno e saranno pesanti soprattutto per l'impatto sul sistema sanitario. Uno sport per pochi, esclusiva solo di chi se lo può permettere, è la spia di nuove e profonde diseguaglianze. Dietro una Federica Pellegrini che vince le olimpiadi, nuotano migliaia di ragazze e ragazzi che inseguono sogni e stanno a distanza di sicurezza dalle insidie di cattive compagnie e dipendenze. Come la scuola, anche lo sport in questi due anni è stato relegato al ruolo di ultima ruota del carro: è ora di raddrizzare la piramide dei valori.

gianmarco.mancassola@ilgiornaledivicenza.it

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