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La spunta blu

Ai tempi del virus nemmeno il Quirinale fa eccezione: nessuno si salva da solo

Una scena dalla serie tv "Il trono di spade"
Una scena dalla serie tv "Il trono di spade"
Una scena dalla serie tv "Il trono di spade"
Una scena dalla serie tv "Il trono di spade"

“Se in guerra bastassero i numeri, i matematici governerebbero il mondo” (dalla serie Tv “Il trono di spade”)

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Appunti sparsi come briciole sulla lunga strada verso il Quirinale. Provo a restringere il campo alla soluzione più semplice che è anche la più complicata: Mario Draghi presidente.
1. Ogni elezione fa storia a sé, ma questa è una storia molto diversa dalle altre: un’elezione in stato di emergenza. A occhio, l’elezione non farà eccezione, ma dovrà inscriversi nella circonferenza della pandemia: nessuno si salva da solo. Chi pensa di poter forzare la mano e correre da solo è destinato a fallire o a far fallire la corsa. Per venirne fuori, tutti (o quasi) devono fare la loro parte.
2. I grandi elettori, infatti, voteranno in realtà per (almeno) due cariche: presidente della Repubblica e presidente del consiglio. Basta sbagliare una mossa per trovarsi senza presidenza o senza governo. Se l’Italia fosse un paese normale, dal dialogo tra le forze politiche dovrebbe emergere un accordo su presidenza, governo, legge elettorale e riforme istituzionali. Troppo? Probabilmente sì, visto che si chiede ai leader di legarsi in un abbraccio e in un matrimonio che tra pochi mesi sanno già si concluderà in un divorzio per la campagna elettorale che porterà al voto del 2023. Ma sarà una prova di maturità per chi, come Matteo Salvini, finora ha fallito tutti i grandi esami all’università della politica.
3. Il candidato che gode di più chance è fuor di dubbio Mario Draghi, intorno al quale da un anno ha resistito una maggioranza larghissima, più che sufficiente per eleggerlo. Ma perché Draghi salga al Quirinale serve un accordo d’acciaio sul nuovo governo che consenta di arrivare in fondo alla legislatura: senza questo accordo, un parlamento tremebondo ossessionato dalla paura delle elezioni anticipate non troverà i numeri per Super Mario. Il terrore agita soprattutto i Cinque stelle, primo partito per poltrone occupate in parlamento, che i radar di Montecitorio e palazzo Madama segnalano fuori controllo. Anche per queste ragioni, chi sa far di conto sconsiglia di spendere il nome di Draghi nelle prime tre votazioni, quando serve una maggioranza extralarge. Meglio giocare l’asso dalla quarta, con la maggioranza semplice. Draghi presidente e premier una donna? Moratti? Cartabia?
4. I primi a tifare per il trasloco di Mario Draghi al Colle dovrebbero essere Giorgia Meloni e Matteo Salvini: tra un anno, nel caso in cui prenda forma la vittoria che i sondaggi da tempo suggeriscono, un governo di destra, sovranista e con posizioni piuttosto disinvolte su scienza e sanità, avrebbe in Draghi un garante agli occhi dello scacchiere internazionale, dell’Unione europea che ha concesso all’Italia il generoso finanziamento per mettere a terra i progetti del Pnrr e dei mercati che acquistano titoli di Stato e se del caso ci speculano. Questo tipo di garanzie non sono offerte da una figura come Silvio Berlusconi, che già nel 2011 dovette lasciare palazzo Chigi davanti allo spettro della bancarotta. Senza Draghi presidente, un governo “Melvini” (o “Salvoni”) sarebbe esposto a venti impetuosi e scosse telluriche.
5. Questa sembra una partita a somma zero, in cui si porta a casa tutto o niente. Traduco: se la maggioranza che sostiene il governo si spacca sul Quirinale, non potrà ricomporsi magicamente per sostenere ancora il governo. Come nello stallo alla messicana, il primo che prova a forzare la mano, rischia di lasciarci le penne. Lo stesso Draghi ha messo le mani avanti nella conferenza stampa di fine anno. Morale: il rischio è che Draghi non vada al Colle e non resti a palazzo Chigi. Se invece Draghi diventerà capo dello Stato e se questo passaggio non verrà gestito con equilibrio, il rischio è l’opposto: che assuma poteri mai visti prima.
6. Sarebbe la prima volta nella storia repubblicana che un premier diventa presidente. Se dovesse accadere, verrebbero inaugurate prassi politico-istituzionali nuove e inesplorate. Il primo atto del presidente Draghi sarebbe convocare le consultazioni per conferire l’incarico al suo successore, mentre resterebbe in carica il suo governo sotto la guida del ministro “anziano” (Brunetta, se non sbaglio). Se ci dovesse essere un accordo d’acciaio tra i partiti per portare a termine la legislatura con un nuovo esecutivo, a quel punto Draghi dovrebbe conferire l’incarico al suo successore: comunque un inedito. E però se per qualsiasi inghippo dovesse saltare l’intesa e il parlamento dovesse smarrire la bussola per mettere insieme una maggioranza purchessia, il primo atto di Draghi sarebbe sciogliere le Camere per andare a elezioni anticipate: cose davvero mai viste. Per alcuni mesi, sulla scena politica italiana resterebbe un solo attore, senza un governo e senza un parlamento. Re Mario. Siamo pronti a questo scenario?
7. Ogni svincolo politico presenta una quota di insidie: dipende poi come ci si arriva. Se Draghi sarà l’opzione numero uno dell’attuale maggioranza, con possibili ulteriori innesti (la prima tifosa dovrebbe essere Giorgia Meloni...), i partiti dimostreranno di saper tenere in mano le redini che avevano perso un anno fa con la caduta del secondo governo Conte: un parlamento forte, che sa quel che vuole e lo ottiene, riuscendo a produrre un governo politico per completare la legislatura e per fare da contraltare a un presidente “tecnico”. Pesi e contrappesi. Viceversa, se il nome di Draghi dovesse arrivare per disperazione, quale ultima spiaggia dopo aver bruciato altri candidati, votazione dopo votazione, partiti e parlamento confermerebbero la debolezza rivelata un anno fa, consegnandosi al “salvatore della patria” e innescando nei fatti quello che molti osservatori, anche dagli uffici di palazzo Chigi, intravedono all’orizzonte: un semipresidenzialismo. Con una differenza: che Draghi arriverebbe a ricoprire la più alta carica dello stato senza aver mai ricevuto un solo voto diretto dagli italiani.

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Ps: se volete il mio parere non richiesto, proverei a fare di tutto perché Draghi resti sulla scena, su una poltrona o sull’altra. Ma la pista di questa corsa è cosparsa di olio scivoloso e i piloti che stanno guidando i partiti si muovono incerti, di alcuni non si sa nemmeno se hanno la patente. Si può cadere in tanti modi, mentre sono pochi i modi per restare in piedi. Non sarà semplice, ma prima di ogni protagonista (Draghi compreso), vengono le regole del gioco che tengono in piedi la democrazia italiana in un’epoca di crisi per le grandi democrazie: mi piacerebbe una partita pulita, senza forzature, che salvi la sostanza e la forma.

 

gianmarco.mancassola@ilgiornaledivicenza.it

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