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L'eterno dilemma del mutuo: tasso fisso o variabile?

La prima domanda per chi vuole comprare casa è sempre la stessa: conviene il mutuo a tasso variabile o a tasso fisso? Il fatto che a fronte di questo quesito non possa esserci una risposta sicura induce a propendere per il tasso variabile. Che però è già una risposta e quindi del tutto contraddittoria. Sembra una questione di lana caprina ma, a meno di non essere in possesso di una sfera di cristallo capace di anticipare quello che accadrà in ciascuno dei prossimi 20 o 30 anni (queste sono le durate di un mutuo), sapere in anticipo quale sia la strada più conveniente da percorrere è semplicemente impossibile.
Certo, indossando gli occhiali del senno di poi, negli ultimi anni una risposta quasi oggettiva a tale domanda ci sarebbe anche stata. Nel momento in cui i tassi sono scesi, contro ogni legge della fisica... finanziaria, in territorio negativo, ebbene l’occasione di sottoscrivere un mutuo a tasso fisso tra lo 0,5 e l’1 per cento doveva essere ritenuta irripetibile. Bisognava avere la logica freddezza di capire che mai e poi mai si sarebbero ripetute simili condizioni di mercato artificialmente indotte dalle banche centrali per rilanciare l’economia a colpi di iniezioni di liquidità e riduzioni di tasso. Tenersi un 1 per cento per 20 anni sarebbe stata tanta roba e, probabilmente, avrebbe consentito cospicui risparmi dribblando i rialzi futuri quasi ovvi delle rate.
Ma anche in quel momento, occorre ricordarlo, il confronto immediato tra condizioni offerte per un mutuo a tasso variabile e quelle a tasso fisso rendeva più conveniente (in partenza) il primo. Perché è sempre così: per la banca che presta i soldi il tasso fisso è più rischioso e quindi si premunisce applicando uno spread maggiore rispetto al tasso variabile, che invece per l’istituto di credito è più neutro. Quindi, quando il tasso fisso era offerto all’1 per cento, quello variabile poteva partire dallo zerovirgola. La differenza, giova ricordarlo, è che l’1 per cento (fisso) sarebbe stato intoccabile per tutta la durata del contratto di mutuo, mentre lo zerovirgola sarebbe stato riesaminato una volta ogni tre mesi e ricalcolato sulla base dello spread e del parametro di riferimento pattuiti. Cosa che si è puntualmente verificata, tanto che adesso quello zerovirgola si è trasformato in un 2-2,5 per cento tendente al rialzo ulteriore.
Adesso il termometro spinge ancora di più verso il variabile perché i tassi di partenza sono aumentati di parecchio. In questo momento, per dire, il mutuo a tasso fisso offerto dalle banche varia tra un 3,5 e un 4 per cento, dato dal parametro di riferimento che solitamente è l’Irs (Interest rate swap) e dallo spread. Quello variabile, invece, viaggia tra il 2 e il 2,5 per cento ed è dato dal parametro di riferimento individuato nell’Euribor a 1 o 3 mesi, più lo spread. Tradotto in rata, a fronte di un mutuo di 140 mila euro per un immobile del valore di 200 mila (vedi Mutuionline), il tasso fisso prevede un importo mensile da sborsare attorno agli 830 euro, mentre quello variabile permette di partire un esborso inferiore di oltre 100 euro. E cento euro in meno al mese, per una famiglia non sono pochi. Se però nei mesi a venire i tassi dovessero salire, ecco che la maggiorazione iniziale sarebbe compensata. Ma nel lungo periodo (20-30 anni del mutuo) dire cosa conviene è impossibile. 

Marino Smiderle

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