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Il successo di Eni mette le ali alle obbligazioni

Come volevasi dimostrare: i piccoli risparmiatori hanno fame di obbligazioni. Avevamo spiegato la settimana scorsa le caratteristiche del bond studiato per il retail che stava per emettere Eni: la risposta arrivata dal mercato si è rivelata il termometro più adatto per misurare la febbre da “siccità” finanziaria che caratterizza un comparto destinato a recitare un ruolo di primo piano nei mesi a venire.
Ricapitolando, la società petrolifera italiana aveva manifestato l’intenzione di emettere un’obbligazione per un importo complessivo di un miliardo di euro, eventualmente aumentabile fino a due miliardi, con cedola 4,3 per cento (l’ultima con possibilità di essere alzata dello 0,5% nel caso non fossero stati raggiunti misurabili obiettivi green) e scadenza 5 anni. Si trattava di un titolo studiato appositamente per il piccolo risparmiatore, con lotto minimo di duemila euro, con un rendimento decisamente competitivo tenuto conto che il rating di Eni è superiore a quello dei Btp. La domanda complessiva, ha dettagliato la società in un comunicato, è stata di oltre 10 miliardi di euro con richieste arrivate da 309.672 investitori, «registrando il record italiano per un’emissione obbligazionaria corporate single tranche destinata al retail». Alla fine, dunque, Eni ha emesso due miliardi di valore nominale di obbligazioni, assegnando a tutti i richiedenti il lotto minimo di duemila euro, ripartendo poi il resto in proporzione alle singole richieste. 
Il successo di questo collocamento la dice lunga sul perché adesso il mercato stia premiando il comparto obbligazionario, dopo anni di apnea indotta dai tassi negativi. Resta da capire se il trend ascensionale dei rendimenti sia finito, o comunque se abbia già fatto la maggior parte del percorso tracciato dalla politica monetaria restrittiva delle banche centrali, o se invece ci sia ancora margine di crescita. La sensazione, confermata dal record di richieste di Eni, è che il piccolo risparmiatore stia ancora cercando col lanternino offerte obbligazionarie analoghe e che presto i listini torneranno a riempirsi di bond corporate dai tassi invitanti, ancorché correlati al rating dei vari emittenti. Finora, infatti, in questo mare magnum fatto da 24 mila miliardi di obbligazioni in euro trattate sui mercati (dati Milano Finanza) solo l’1 per cento era destinato al retail. La quasi totalità delle emissioni, infatti, era rivolta agli istituzionali, con tagli minimi dai 100 mila euro in su.
È chiaro che i “concorrenti” più ovvi delle obbligazioni societarie sono i titoli di stato. L’Italia, visto il suo immane debito pubblico, ha uno dei mercati più grandi di titoli pubblici e il rialzo dei tassi da una parte ha resto più gravoso per il Tesoro tenere in equilibrio i conti, dall’altra ha riavvicinato il piccolo risparmiatore a prodotti, vedi Bot e Btp, che lo sfondamento in territorio negativo dei rendimenti aveva reso inavvicinabili. Il decennale che rende attorno al 4 per cento ha riaperto i giochi. Ed è logico che, col rialzo del costo del denaro nei circuiti bancari, anche le società stiano cercando di reperire mezzi finanziari attraverso l’emissione di bond. Più basso è il rating, più alti saranno rendimento e rischio. La bussola in questa ritrovata normalità permette al piccolo risparmiatore prudente e coscienzioso di muoversi in un mercato con più opportunità. Buona caccia.

Marino Smiderle

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