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Il rialzo dei tassi rimette in gioco i conti deposito

Tra l’incudine dell’inflazione e il martello dei recessione. I mercati finanziari stanno subendo significative bastonate tanto dal lato obbligazionario, a causa delle minacce inflazionistiche, quanto dal lato azionario, a causa dei timori di recessione imminente dovuta alle politiche monetarie restrittive adottate dalle banche centrali.
Tira una brutta aria, quindi, a tutte le latitudini. Quest’anno i mercati azionari americani ed europei stanno lasciando sul terreno circa il 20 per cento di perdite, mentre lo spread tra Btp e Bund, il termometro che misura la febbre dell’economia del Belpaese, è volato sopra quota 200. Oggi a piazza Affari 18 società quotate al Ftse/Mib (una sessantina in totale quelle dell’Euronext Milan) staccheranno una generosa cedola a titolo di dividendo, segno della vitalità dimostrata nell’ultimo esercizio. La paura degli analisti è che questa doppia bufera che la guerra in Ucraina sta addensando sui mercati finisca col pregiudicare i dividendi futuri. Con l’incubo della recessione di solito i flussi del risparmio si indirizzano verso il comparto obbligazionario che però è a sua volta afflitto da un trend ascensionale dei tassi d’interesse che non accenna a fermarsi, per quanto si continui a vaticinare un prossimo rientro nei ranghi della dinamica dei prezzi. Morale della favola, nell’ultima asta anche i Bot annuali sono tornati a offrire un interesse positivo, pari allo 0,121%, a fronte del -0,105% dell’asta precedente. Un segnale chiaro che giustifica i ribassi sostanziosi in conto capitale subiti dalle obbligazioni di tutte le scadenze.
È per questo che, non sapendo che direzione prendere, i risparmiatori, sia quelli piccoli che i grandi operatori istituzionali, sono tornati a rifugiarsi temporaneamente nella liquidità. Rifugio si fa per dire, perché in tempi di inflazione elevata come questi la liquidità, lungi dall’offrire un riparo, garantisce solo la perdita di valore reale dei capitali erosi, appunto, dall’aumento dei prezzi. Il Btp decennale, per dire, adesso sfiora il 3 per cento di rendimento, mentre il “cugino” Bund, rimasto per diversi anni in territorio negativo, adesso rende circa l’1 per cento. Dall’altra parte dell’Atlantico, il Treasury americano sfiora il 3 per cento e, di fronte a questi tassi, qualcuno potrebbe chiedersi perché non ci sia un flusso deciso del risparmio verso quel comparto. Semplicemente perché, con l’inflazione che al momento viaggia tra il 7 e l’8 e rotti per cento in Europa e negli Stati Uniti, molti ritengono che il rialzo dei tassi non sia ancora terminato. Tra questi c’è di sicuro la Fed che da tempo ha avvisato i mercati dei progressivi ritocchi che applicherà ai tassi di riferimento.
Ecco perché stanno diventando di moda i conti deposito, vere e proprie aree di parcheggio del denaro per brevi periodi che le banche sono tornate a proporre a causa del mutato scenario dei tassi. Diversi istituti stanno offrendo per i 6, 12 e 18 mesi rendimenti che vanno dallo 0,50 all’1,30 per cento, certo non sufficienti a proteggere il capitale dall’inflazione ma, in ogni caso, superiori a quanto paga un Bot e a scadenza analoga. Il senso di questa soluzione è attendista: riparliamone tra sei mesi e nel frattempo portiamo a casa quanto si può. Quando infuria la tempesta conviene stare sotto coperta. 

Marino Smiderle

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