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Il crollo dei prezzi dei bond diventa occasione speculativa

Il successo riscosso dall’ultima emissione del Btp Valore è stato clamoroso. I risparmiatori hanno sottoscritto titoli per oltre 17 miliardi di euro, una dimostrazione di fiducia nei confronti di uno Stato gravato ormai da tremila miliardi di debito. Il motivo di tanto gradimento da parte dei piccoli risparmiatori è duplice: in primo luogo la scadenza, 5 anni, è sufficientemente lunga per portare a casa un rendimento di mercato significativo (cedola al 4,1 per cento per i primi tre anni, e 4,5 per cento per gli ultimi due, con premio fedeltà fissato allo 0,5 per cento per chi lo tiene fino a scadenza); in secondo luogo la cedola trimestrale permette un flusso di liquidità frequente che permette di integrare le entrate ordinarie derivanti da stipendi e altri eventuali investimenti.
Quello che non viene bene percepito di questo investimento è il rischio tipico delle obbligazioni a tasso fisso. Vale la pena di spiegarlo bene, anche in vista di altre eventuali operazioni di un mercato, quello del reddito fisso, che in un clima di rialzi di tassi d’interesse e possibili successivi ritocchi all’ingiù è diventato estremamente speculativo. Non stiamo parlando del rischio di perdere i soldi investiti, ridotto pressoché a zero nel caso l’investitore decidesse di mantenerlo in portafoglio fino a scadenza, quanto piuttosto del rischio di perdita in conto capitale nel caso, per un qualsiasi motivo, si rendesse necessaria la vendita anticipata del titolo. Per quel che riguarda il Btp Valore il compromesso tra rendimento e rischio è accettabile: la scadenza a 5 anni, infatti, permette di contenere il calo di prezzo del bond in caso di aumenti dei tassi di mercato.
Quello che però è capitato in questo ultimo anno alle obbligazioni a lunga o lunghissima scadenza è qualcosa di epocale. Tanto da trasformare tali Btp in strumenti finanziari perfino più speculativi di qualsiasi altro titolo azionario. Per fare un esempio chiaro conviene partire dal Btp a 50 anni, emesso dallo stato italiano nella primavera del 2021 a 110, quando i tassi d’interesse viaggiavano ai livelli più bassi della storia, addirittura in negativo per le scadenze fino a 5 anni. Il Btp a scadenza 2072 è stato collocato sul mercato con una cedola del 2,15 per cento e poco dopo l’emissione è arrivato a toccare un prezzo massimo superiore a 105. Bene, anzi male: da allora l’aumento progressivo dei tassi d’interesse ha falcidiato le quotazioni di questo bond tanto che se qualcuno avesse voluto venderlo la scorsa settimana avrebbe perso metà del capitale investito. Avete capito bene, il Btp 2072 ora quota appena sotto 50: i 100 mila euro iniziali adesso, in caso di vendita, sono diventati 50 mila.
Se chi li ha sottoscritti nel 2021 si mangia le mani, chi guarda i listini in questi giorni ci fa un pensierino a fini meramente speculativi. Sì, perché per avere 100 mila euro nominali di questo Btp basta investirne 50 mila. Il Sole 24 Ore ha calcolato che la modified duration (vale a dire la variazione percentuale del prezzo a ogni variazione dell’1 per cento di tasso d’interesse) è pari a 21,35: se compro il titolo adesso e poi i tassi scendono di un punto, io guadagno il 21,35 per cento in conto capitale. Se pensate che i tassi siano destinati a scendere, questo è il momento di saltare a bordo. A vostro rischio e pericolo. 

Marino Smiderle

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