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I titoli di energia e difesa "spinti" dal governo Meloni

Investire durante l’era Meloni potrebbe voler dire puntare sul “sovranismo” borsistico ed energetico. La battuta è un gioco di parole ma nasconde una scommessa su quelli che sono i programmi obbligati della prima donna premier della storia repubblicana: energia, difesa, società a forte partecipazione pubblica. Allacciatevi le cinture e provate a fare un viaggio nel futuro immaginando i collegamenti necessari di una politica governativa costretta a fare i conti con le priorità del momento.
Lo dicono tutti, a partire dalle categorie economiche e dalle famiglie: il caro bollette rischia di mettere in ginocchio il Paese e la sua economia. Per questo è logico attendersi, tanto nel breve quanto, in prospettiva, nel lungo periodo un’attenzione particolare al settore energetico. Il primo aspetto, emergenziale, riguarderà sicuramente la creazione di una sorta di tesoretto in grado di aiutare chi non riesce a far fronte alle bollette schizzate a livelli siderali. Il tutto accompagnato, però, da un disegno di investimenti nei vari rami dell’energia per garantire al Paese uno sviluppo in linea con le esigenze ambientali e produttive, cercando un compromesso spostato nell’area ancora parzialmente inesplorata delle fonti alternative. 
Al di là della filosofia politica, questo programma obbligato potrebbe ripercuotersi in maniera positiva su quei titoli del settore energia che risentono fatalmente della presenza pubblica nell’azionariato. Il riferimento è legato a Eni ed Enel, le due società che in questo anno tribolato hanno patito parecchio (specie Enel) ma che potrebbero in prospettiva trarre giovamento dell’intervento governativo. Sono molti gli analisti che ritengono fortemente sottovalutati questi titoli, tanto che per Enel c’è chi ha fissato un prezzo obiettivo a quota 8 euro, quasi il doppio rispetto all’attuale quotazione, mentre per Eni si punta ad arrivare a quota 16 euro (ora siamo di poco sopra quota 11 euro). Un discorso analogo vale per Snam, la società “logistica” del gas, che in vista del raddoppio del Tap e della realizzazione di nuovi gasdotto potrebbe mettere le ali.
Qui occorre spogliarsi per un attimo delle pie illusioni che vagheggiano di un mondo in pace con i fiori al posto dei cannoni. Fino a quando ci saranno despoti del calibro di Putin pronti a invadere Paesi confinanti e a bombardare le città dell’Ucraina, le società specializzate nel settore difesa continueranno a prosperare. L’italiana Leonardo, per esempio, è un fiore all’occhiello della tecnologia italiana e, come ha ricordato l’estate scorsa l’ad Alessandro Profumo, di solito uno schieramento di centrodestra al governo «ha una considerazione positiva delle spese militari». Il target price di Leonardo è stato fissato dagli analisti in un’area vicina ai 13 euro e, considerando che attualmente la società quota sotto gli 8 euro, le possibilità di crescita sono notevoli. Sperando che nel frattempo le armi tacciano e che abbiano in futuro solo lo scopo deterrente nei confronti delle minacce di Putin e c. 
Il rischio per il governo a guida Giorgia Meloni sta sul fronte del debito: gli aiuti annunciati per i nuovi poveri potrebbero creare tensioni sui tassi d’interesse e spaventare i mercati a fronte di un debito pubblico insostenibile. La partita è appena iniziata.

Marino Smiderle

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