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I Btp tornano alla "normalità" ma l'inflazione morde

Volevate la fine dei tassi negativi? Volevate tornare a percepire cedole significative da obbligazioni finite sottozero a causa (o per merito, a seconda dei punti di vista) del Quantitative easing di Fed e Bce? Cari risparmiatori, eccovi accontentati.

Parafrasando molto liberamente Milton Friedman, la normalità non è un pasto gratis. Volevate la fine dei tassi negativi? Volevate tornare a percepire cedole significative da obbligazioni finite sottozero a causa (o per merito, a seconda dei punti di vista) del Quantitative easing di Fed e Bce? Cari risparmiatori, eccovi accontentati. Ma beccatevi anche i nuvoloni della recessione e l’uragano dell’inflazione. Al punto che più di qualcuno sta già dicendo che si stava meglio si stava peggio.

Facendo la tara a questi tempi elettorali, che qualche nervosismo ai listini comunque lo trasmettono, la feroce stretta monetaria imposta dalle banche centrali ha portato il Btp decennale a rendere oltre il 4%, avvicinandosi al 5%, ai massimi dal 2013. Chi ha avuto la sventura di acquistare questi titoli di stato qualche anno fa si sta leccando le ferite: il rialzo bruciante dei tassi d’interesse ha abbattuto il valore di mercato del titolo, provocando minusvalenze sanguinose. Chi invece ha ancora il conto corrente gonfio di liquidità, frutto dell’incertezza e della scarsa convenienza a investire nell’era dei tassi negativi, ora può cominciare a pensare di tornare a bordo. Parliamo di titoli comprensibili al grande pubblico e anche “sicuri”, con le virgolette d’obbligo per ricordare che siamo comunque di fronte al rischio emittente (vi fidate della Repubblica italiana?) e di fronte al rischio tasso, che però è già salito abbastanza per permettere di osare un’incursione: tra lo zero del conto corrente e il 4 per cento del Btp decennale, meglio il secondo.

Non basterà certo a neutralizzare l’inflazione, visto che stiamo viaggiando tra il 7 e l’8 per cento, con tendenza all’aumento in attesa degli effetti del rialzo dei tassi di Francoforte, ma almeno ne dimezzerà l’impatto. Il tutto senza rischiare (vedi le avvertenze precedenti) disastri in conto capitale per coloro che avessero intenzione di mantenere il titolo fino a scadenza. Se invece non vi accontentate e cercate qualcosa di più “forte”, occorre acquisire la consapevolezza di quanto siete disposti a rischiare.

Si diceva che la recessione appare alle porte. Ci sono due indicatori di sventura piuttosto chiari, almeno se confrontati con quanto successo in passato: la curva dei rendimenti è invertita e le Borse stanno perdendo a rotta di collo. Curva dei rendimenti invertita vuol dire che un Btp a 10 anni rende meno di un Btp a 30 anni, cosa che solitamente succede in tempi di recessione. Quanto alla Borsa in caduta, è chiaro che se gli investitori temono di essere di fronte a una fase recessiva dell’economia non pensano certo di guadagnare acquistando azioni di società destinate a fare meno utili in un prossimo futuro. 

Opzioni Resta il fatto che se i prezzi delle azioni scendono, i rendimenti da dividendo già previsti aumentano. Per fare alcuni esempi, il calo in Borsa di Eni, Enel e Intesa Sanpaolo ha spinto all’8 per cento i rendimenti da dividendo di queste regine, un po’ ammaccate dalla congiuntura, di piazza Affari. Un tasso che è circa il doppio di quello offerto dal Btp decennale e che permette di arginare l’inflazione. Tutto questo, però, vale per un anno: poi il rischio e la volatilità insiti nell’investimento azionario potrebbero ingenerare perdite. Ma anche guadagni. Risparmiatore avvisato...

Marino Smiderle

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