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Migranti, Ue verso un Patto spuntato: (ri)vincono gli egoismi nazionali

Il Patto mirgazione e asilo dell'Ue è stato indebolito dai governi nazionali
Il Patto mirgazione e asilo dell'Ue è stato indebolito dai governi nazionali
Il Patto mirgazione e asilo dell'Ue è stato indebolito dai governi nazionali
Il Patto mirgazione e asilo dell'Ue è stato indebolito dai governi nazionali

 La proposta iniziale della Commissione europea non era il massimo dell’ambizione politica, ma faceva sperare in un cambio di passo in tema di politiche migratorie; il prosieguo dell’iter legislativo continentale è stato un percorso accidentato e ancor meno incoraggiante; e il finale sarà un pacchetto di provvedimenti piuttosto spuntato. Il “Patto migrazione e asilo”, il dossier europeo che si propone(va) di rendere più equo e sostenibile il sistema di accoglienza dei richiedenti asilo in Europa, si avvia a contenere poche novità significative in materia migratoria, a conferma che il tema rimane ostaggio degli egoismi nazionali, dell’interesse dei singoli governi (in certi casi l’interesse politico è di non risolvere il problema) a danno di quello comune europeo. E, in questo caso e alla prova dei fatti, a danno anche dell’interesse nazionale italiano, uno dei Paesi più esposti al flusso migratorio del Mediterraneo centrale, e che più potrebbe beneficiare da una revisione radicale dell’impianto normativo attuale.

Gli obiettivi e gli applausi (di facciata)

Il Patto sulla migrazione, proposto dalla Commissione europea nel settembre 2020, mirava a una riforma completa della politica migratoria europea. Questa iniziativa aveva l’obiettivo di affrontare sia la “dimensione interna”, che riguardava la gestione delle richieste d’asilo delle persone migranti entrate irregolarmente nell’Ue, sia la “dimensione esterna”, che comprendeva strategie e accordi con i Paesi africani e asiatici al fine di ridurre i flussi migratori diretti verso l’Unione. Come detto, l’iter legislativo europeo è stato complicato. E non poteva essere altrimenti, visto che si incrociano visioni diverse sia da parte dei partiti politici sia da parte dei diversi governi nazionali. Gli egoismi di parte hanno minato la forza “comunitaria” del pacchetto di riforme, indebolendole. A dicembre, la presidente dell’Europarlamento Roberta Metsola aveva salutato comunque con enfasi l’accordo raggiunto durante i negoziati con il Consiglio, cioè con gli Stati membri. Aveva parlato di tappa «storica». E anche ora, dopo il via libera della commissione Libe, serpeggia una soddisfazione di facciata, giustificata dal fatto che il dossier si avvia a gestazione (manca il sì dell’Eurocamera, arriverà nella plenaria di aprile), dopo un travaglio lungo 5 anni (anche se la montagna ha partorito poco più del topolino).

Il giallo del «testo cambiato»

Secondo quanto affermato dal deputato dei Verdi Damien Carême, il testo arrivato in Commissione Libe sarebbe per altro diverso da quello concordato nei negoziati Eurocamera-Consiglio. Alcuni dei «punti ottenuti ai triloghi di dicembre non risultano presenti nel testo redatto nella versione finale che abbiamo ricevuto solo recentemente», denuncia Carême, che parla di «mancanza di trasparenza totale» e «schiaffo alla democrazia».

Tra primo approdo e solidarietà

Il nuovo Patto migrazione e asilo si basa sull'equilibrio tra solidarietà e responsabilità tra i 27 Stati membri. Il regolamento per la gestione dell'asilo e della migrazione (Ramm) non scalfisce il principio cardine del regolamento di Dublino, assegnando la responsabilità delle richieste d'asilo ai Paesi di primo ingresso: Italia, Grecia, Malta, Cipro e Spagna rimangono gli Stati più esposti, affacciandosi sul Mediterraneo. Gli altri Paesi membri possono solo notificare la loro intenzione di estradare i migranti. A “compensare” questa conferma c’è l’altro pilastro: dopo 24 mesi dall’entrata in vigore del regolamento, sarà introdotto un meccanismo di solidarietà obbligatoria tra tutti i Ventisette, basato sul Pil e sulla popolazione, che include ricollocamenti, contributi finanziari o supporto a Paesi terzi. I contributi possono essere destinati anche al finanziamento di strutture di confine. Non sono previsti ricollocamenti obbligatori per i migranti sbarcati dopo operazioni di ricerca e soccorso in mare, e la procedura Ramm non garantisce rappresentanza legale ma solo consulenza.

Il regolamento sulle crisi migratorie

Tra i punti più controversi del Patto c’è il regolamento per le crisi. Riguarda i casi di «arrivo di massa di persone» eccezionali o inaspettati, comprese le operazioni di ricerca e soccorso in mare. Il Consiglio ha inserito la questione della “strumentalizzazione”, originariamente un regolamento separato su cui il Parlamento non aveva espresso parere, all'interno del regolamento sulle crisi. Questa avviene quando un Paese terzo o un attore non statale ostile incoraggia o facilita il movimento di cittadini di Paesi terzi e apolidi verso le frontiere esterne dell’Ue con l’obiettivo di destabilizzare l’Unione o uno Stato membro. Le Ong sono escluse da questa definizione, ma solo se dimostrano che le loro azioni, sia in mare che a terra, non sono destinate alla destabilizzazione: il rischio di criminalizzazione della solidarietà non è peregrino. Anche nelle situazioni di crisi non sono previsti ricollocamenti obbligatori tra i Paesi membri, ma si applicano le stesse tre forme di solidarietà previste dal regolamento Ramm: ricollocamenti, contributi finanziari o supporto a Paesi terzi. Insomma, i passi avanti sono limitati e non sciolgono davvero i nodi del sistema di accoglienza e del peso sui diversi Paesi. Hanno vinto le resistenze degli Stati, gli stessi che saranno ben pronti a dire ancora una volta che «sull’immigrazione l’Europa ci lascia soli».

Marco Scorzato
marco.scorzato@ilgiornaledivicenza.it

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