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Migranti in Albania, paga l'Italia. Cosa dice l'intesa (e cosa no)

I capi di governo di Albania e Italia, Edi Rama e Giorgia Meloni
I capi di governo di Albania e Italia, Edi Rama e Giorgia Meloni
I capi di governo di Albania e Italia, Edi Rama e Giorgia Meloni
I capi di governo di Albania e Italia, Edi Rama e Giorgia Meloni

In Italia è battaglia politica, con l’opposizione di centrosinistra che attacca il governo di centrodestra di Giorgia Meloni. Anche in Albania è battaglia politica, con l’opposizione di centrodestra che attacca il governo del socialista Edi Rama. E pure in Europa è battaglia politica, con il centrosinistra italiano, il Partito democratico, che pone la questione della «compatibilità di questo accordo con i principi del socialismo europeo», anche se l’Albania oggi non è uno stato dell’Unione europea, ma un candidato all’adesione. L’accordo che accende il dibattito è il “Protocollo tra il governo della Repubblica italiana e il Consiglio dei ministri della Repubblica di Albania per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria”. La presidente Meloni e il premier Rama lo hanno siglato la scorsa settimana e, tra cose scritte e cose non scritte, tra parti rese note e allegati ancora da scoprire, è un tema che divide la politica a livello europeo. In sintesi, l’Italia vuole dirottare una parte di richiedenti asilo che bussano alla frontiera italiana in due centri di accoglienza da creare in Albania. Di fronte a questo primo tentativo di un Paese dell’Ue di esternalizzare l’esame della richiesta di asilo in uno Stato terzo, si scomodano i giuristi internazionali perché alcuni profili dell’accordo sono piuttosto “grigi”; e si mobilitano gli analisti politici per intuire la portata e gli effetti reali di un simile atto. Qui proviamo a fare il punto, con una serie di domande: molte, al momento, trovano solo risposte parziali.

Dal punto di vista giuridico, che cos’è stato firmato tra i governi italiano e albanese?

Quello siglato da Meloni e Rama è un “protocollo”, non un trattato internazionale. Le parti spiegano che poggia sui trattati già esistenti tra i due Stati. È un atto formato da 14 articoli, più due allegati. Per ora è stato diffuso solo l’atto principale, non gli allegati.

Che cosa stabilisce il protocollo?

L’Albania «riconosce» all’Italia «il diritto all’utilizzo delle aree» su suolo albanese per realizzare «strutture» per l’accoglienza temporanea dei «migranti» che chiedono asilo all’Italia. L’accordo prevede che «il totale di migranti presenti contemporaneamente nel territorio albanese» in applicazione del protocollo «non potrà essere superiore a tremila».

Quante sono le strutture previste e chi le gestisce?

Le strutture sono indicate dall’allegato non ancora reso pubblico: i due premier hanno detto che si tratta di due centri, uno al porto di Shengjin per le procedure di identificazione e l’altro nell’entroterra a Gjader come centro di permanenza per i rimpatri (Cpr). Saranno realizzati e gestiti dalle autorità italiane, secondo «normativa italiana ed europea» e sottoposte «esclusivamente alla giurisdizione italiana».

L’Albania cederà parte del proprio territorio all’Italia?

Da quanto scritto nel protocollo, sì. Le due strutture sono fisicamente su suolo albanese ma legalmente su area italiana. La cosa strana è che una cessione - pur temporanea - di pezzi di territorio si regola di norma con trattati. Questo è solo un protocollo.

Come si inquadra l’accordo nel diritto internazionale e in quello europeo?

L’attuale cornice giuridica europea non preclude agli Stati membri di adottare misure nazionali in questo ambito, purché questo avvenga «senza intaccare le procedure secondo “l’acquis” comunitario», cioè l’insieme dei diritti, degli obblighi giuridici e degli obiettivi politici che accomunano e vincolano gli Stati membri dell’Unione. Meloni e Rama hanno detto che l’accordo si applicherebbe a persone salvate in mare, ed è da chiarire se si tratta solo di acque internazionali o anche di acque territoriali italiane. Nel primo caso si applica il diritto internazionale e la Convenzione di Amburgo del ’79 che prevede che gli sbarchi debbano avvenire nel primo “porto sicuro”, sia per vicinanza geografica che per rispetto dei diritti umani. Nel secondo caso si applica il Trattato Ue e il principio del non-respingimento.

Chi paga i centri per migranti in Albania?

L’articolo 4 esplicita che «le spese per l’allestimento sono totalmente a carico dell’Italia». Anche «i costi dei servizi sanitari sono a carico della parte italiana». All’articolo 6 si dice che le «autorità italiane sostengono ogni costo necessario all’alloggio e al trattamento delle persone accolte». A quanto ammontano i costi? Il protocollo non riporta cifre precise, ma secondo un allegato diffuso dal sito albanese Gogo.al, l’Italia dovrebbe versare all’Albania un anticipo di 16,5 milioni di euro entro 90 giorni dall’entrata in vigore del testo. Corriere della sera e Repubblica hanno rivelato che, secondo fonti albanesi, l’Italia deve versare 100 milioni come fondo di garanzia.

Quali altri aspetti sono normati dal protocollo?

Nel protocollo si dice che «le strutture sono realizzate e gestite nel rispetto della normativa italiana, senza necessità di permessi di costruire o altre formalità analoghe previste dalla normativa albanese». L’Italia ha mano libera anche per altro: «Per la realizzazione e gestione delle strutture le autorità italiane sono esenti da restrizioni o controlli valutari e possono liberamente trasferire valute in deroga alle disposizioni» albanesi.

Chi controlla le strutture?

Le autorità albanesi «assicurano il mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica nel perimetro esterno» alle strutture, mentre «la parte italiana assicura» quello «interno delle aree».

Quante persone sarebbero accolte in un anno in Albania?

Il testo parla di tremila persone contemporaneamente, quindi la capacità di accoglienza annuale sarebbe determinata dalla velocità di esame delle richieste d’asilo. I due governi parlano di 36 mila l’anno, cifra molto ambiziosa. Il ministro Fazzolari ha corretto le parole del ministro Piantedosi, spiegando che i «migranti potranno essere trattenuti anche oltre i 28 giorni» stimati. Del resto esaminare le pratiche in così poco tempo sarebbe un record: finora l’Italia ha avuto ritmi ben più lenti.

Qual è la durata prevista dell’accordo Italia-Albania?

La durata è di 5 anni, rinnovabili automaticamente di altri 5, salvo comunicazione diversa di una parte con 6 mesi di preavviso. L’applicazione dell’accordo scatterebbe entro primavera 2024. Sono sciolti tutti i dubbi sul funzionamento del protocollo e sui costi? No, permangono aloni di incertezza. Oltre a quelli giuridici citati, c’è quello degli “sbarchi selettivi”. Il protocollo non lo esplicita, ma Meloni e Rama hanno detto che non si applicherebbe a minori, donne in gravidanza e altri soggetti vulnerabili. Ma una selezione di questo tipo confliggerebbe con la Convenzione di Ginevra sui rifugiati del ’51, per la quale l’accesso «senza ostacoli» alle procedure di asilo va applicato «senza discriminazioni di sesso, età, disabilità, sessualità» e altre. Il dubbio dei dubbi riguarda la capacità reale di accoglienza di quei centri che è anche legata alla capacità di rimpatriare i migranti la cui richiesta d’asilo non è accolta.

Esistono accordi simili a questo nel mondo?

L’unico che si avvicina è l’accordo tra Regno Unito e Ruanda del 2022 per il trasferimento di migranti le cui domande devono essere esaminate dalle autorità britanniche. Alcuni mesi fa la Corte europea dei diritti dell’uomo era intervenuta per ordinare al Regno Unito di fermare le deportazioni, ma pare che finora nessuno sia mai stato trasferito nel Paese africano. D’altra parte, lì non era prevista cessione di sovranità del Ruanda, ma un dirottamento in un altro Paese dei migranti che bussavano a Londra.

Come ha reagito la politica al protocollo?

Il governo italiano sostiene di aver individuato un modo per alleggerire la pressione migratoria sul suolo italiano, dicendo che il diritto europeo e internazionale sono rispettati. Le opposizioni lo dubitano e temono un’ipotesi di respingimento collettivo ma anche una discriminazione tra persone soccorse in mare da navi civili e navi militari. In Albania è l’opposizione di centrodestra a battagliare: ha tentato di bloccare i lavori parlamentari lanciando sedie e fumogeni, definendo l’accordo «pericoloso» per il rischio xenofobia e proteste anti-italiane. Intanto alla finestra ci sono altri Stati Ue. Perché quello italiano potrebbe costituire un precedente: che funzioni o che sia un flop.

Marco Scorzato
marco.scorzato@ilgiornaledivicenza.it

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