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I traslochi forzati degli eurodeputati: tempo perso e costi alti

di Marco Scorzato
marco.scorzato@ilgiornaledivicenza.it
L'emiciclo dell'Europarlamento a Strasburgo
L'emiciclo dell'Europarlamento a Strasburgo
L'emiciclo dell'Europarlamento a Strasburgo
L'emiciclo dell'Europarlamento a Strasburgo

Un volo Venezia-Strasburgo non esiste. Dal Veneto, per raggiungere la capitale dell’Alsazia, si deve volare a Francoforte o a Lione. «Sei ore bruciate, almeno», dice Achille Variati, eurodeputato vicentino del Partito democratico. «Una giornata persa, soprattutto se saltano le coincidenze», incalza Sergio Berlato, suo collega di Fratelli d’Italia. Tutt’altra storia rispetto alla collegatissima Bruxelles. È solo la punta dell’iceberg di un indigesto tran tran mensile - fatto di costi diretti e indiretti - che coinvolge tutti gli eurodeputati, costretti a spostarsi una volta al mese dalla sede parlamentare di Bruxelles, dove si svolge il grosso del lavoro, alla città francese per la riunione plenaria. Tutti gli europarlamentari vicentini, compresa Alessandra Moretti, del Pd, farebbero volentieri a meno di questo trasloco forzato, e come loro tantissimi colleghi. Ma non tutti

Strasburgo da eliminare

«Sono sempre stata a favore delle proposte di eliminazione della sede di Strasburgo, sia per una questione di costi che di energie sprecate, perché è tutto il Parlamento che si deve spostare - dice Moretti - Il Pd ha sempre votato per l’abolizione. Peraltro, personalmente, ho fatto la scelta di trasferire la mia famiglia da Vicenza a Bruxelles e per me lasciare la capitale belga vuol dire lasciare i miei figli per alcuni giorni». Da Bruxelles a Strasburgo i deputati si spostano generalmente in treno. Così fa Alessandra Moretti. Chi invece parte da Vicenza sceglie l’aereo, con giro dell’oca annesso. «Uno spreco di tempo e di soldi - afferma Variati - non ha senso mantenere tutte queste sedi. A suo tempo, Francia e Germania avevano individuato Strasburgo come punto d’incontro anche simbolico di pacificazione, dopo la guerra. Ma oggi sono passati tanti anni, l’Europa a 27 è qualcosa di diverso e questo spostamento mensile da Bruxelles a Strasburgo non regge: palazzi come questi che vivono per una sola settimana e poi vengono fisicamente chiusi, non ha senso». Su questo punto la condivisione è assolutamente bipartisan. «Ho sempre espresso la volontà politica di razionalizzare le risorse umane e logistiche - afferma Sergio Berlato, FdI - Purtroppo, nonostante il Parlamento abbia votato più volte per arrivare a una sola sede a Bruxelles, Francia e Germania hanno sempre difeso l’esistenza della sede di Strasburgo». Di fronte a questo stallo, agli eletti non resta che adattarsi.

In hotel a prezzi triplicati

C’è chi, come Variati e Berlato, nei giorni alsaziani soggiorna in hotel, «ma nelle settimane della plenaria i prezzi delle camere arrivano a triplicare», sottolineano entrambi, «come spesso accade nelle città in occasione degli “eventi”». E c’è chi, di fronte a una prospettiva di ineludibilità del trasloco mensile per l’intera legislatura, ha optato per l’appartamento condiviso. È il caso di Alessandra Moretti. «Con due colleghe italiane del gruppo del Socialisti e democratici abbiamo preso in affitto su airb&b un appartamento con tre camere separate, che diventa la nostra casa nei giorni di lavoro a Strasburgo. Essere a “casa” è un po’ più rilassante che stare in hotel, almeno per me». Conclude Berlato: «A Strasburgo c’è tutto un business che ruota attorno ai flussi di persone legati al Parlamento europeo, al quale la città non vuole certo rinunciare. La sede francese, come noto, è fissata nei Trattati dell’Unione europea, che si possono cambiare solo con un voto all’unanimità degli Stati membri. Francia e Germania finora si sono opposte, ma io spero che il voto all’unanimità sulle sedi un giorno possa essere superato». Intanto rimangono il giro dell’oca dei voli e gli hotel a peso d’oro.

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