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«Europa senza leadership né bussola. Così si perde nei nazionalismi». L'intervista al prof. Mascia

Marco Mascia, docente di Relazioni internazionali all'Università di Padova
Marco Mascia, docente di Relazioni internazionali all'Università di Padova
Marco Mascia, docente di Relazioni internazionali all'Università di Padova
Marco Mascia, docente di Relazioni internazionali all'Università di Padova

«O diventa un’Unione politica vera, oppure si spaccherà nei nazionalismi, dalle cui macerie era nato il progetto europeo». Marco Mascia, docente di Relazioni internazionali all’Università di Padova, non fa sconti all’Unione europea di oggi. La crisi mediorientale ha palesato l’incompiutezza dell’Ue in politica estera.
Professor Mascia, il suo è un giudizio severo: forse troppo?
È la realtà dei fatti. Questa Europa non è adeguata ad affrontare le sfide del nostro tempo: le mancano leadership e coraggio. Ricordiamo che l’Europa nasce come progetto di pace, dopo due guerre mondiali. Dalla nascita della Ceca a oggi sono trascorsi 72 anni durante i quali non c’è più stata la guerra dentro i confini dell’Unione. Questo è un dato straordinario. Ma occorre lavorare anche sullo scacchiere mondiale per portare avanti il progetto dei padri fondatori. In questa fase storica i conflitti si stanno moltiplicando.
Come dovrebbe agire l’Unione?
L’Unione non sta lavorando per la pace né in Ucraina né in Medio Oriente. Se anziché investire in armamenti, l’Unione avesse investito per la pacificazione e per i negoziati, per il partenariato orientale (Ucraina, Moldavia, Armenia) e per il partenariato mediterraneo (Libia, Tunisia, Siria), forse avrebbe contribuito a prevenire le crisi e le guerre in cui ci si trova oggi.
E perché l’Unione non ha agito in tal senso? Mancanza di volontà o incapacità o insufficienza di mezzi?
Per mancanza di leadership. Per miopia. Da un lato c’è la responsabilità degli Stati membri, che frenano i processi di integrazione; dall’altro c’è una responsabilità delle istituzioni europee e di chi le guida. Servono persone con capacità. Non vorrei uscire dal tema, ma è la stessa cosa con i migranti... Cosa intende dire? Gli Stati e l’Unione europea hanno scelto l’approccio dei muri, dei respingimenti. Non è l’Europa di Monnet, di Schuman, di De Gasperi. Oggi l’Ue non riesce a fare una politica estera comune, ma non riesce a fare nemmeno una politica economica - solo quella monetaria - e nemmeno una politica sul tema della cittadinanza. L’Unione ha perso la bussola.
Spesso gli Stati dicono “è colpa dell’Europa” quando invece è colpa loro... C’è anche un problema di comprensione, per l’opinione pubblica, di come funziona l’Europa?
Certo, c’è molta confusione. Ma c’è anche una mancanza di visione. Ad esempio: qual è la visione dell’Ue sul dopo-guerra in Ucraina? E nei rapporti con la Russia? Cosa vuol fare dopodomani? L’Europa sta dimostrando di non avere una visione dell’ordine mondiale, è divisa sulla riforma del Consiglio di sicurezza dell’Onu, sulla questione mediorientale, e anche - nonostante l’unità di facciata - sull’Ucraina. Le divisioni tra Stati membri ci sono sempre state, ma quando c’era Jacques Delors alla Commissione si è fatto Maastricht, la moneta unica, l’Unione europea. Oggi, con tutto il rispetto, non ci sono Delors, Kohl e Mitterrand, ma Von der Leyen, Scholz e Macron...
Peraltro oggi l’alternativa è tra questa Europa e chi ne vuole di meno, i sovranismi.
Sì, è vero. Ma tutto ciò che sta accadendo nel mondo ci dice l’opposto: che l’Unione o fa un passo deciso verso l’integrazione politica - superando il sistema di voto all’unanimità in politica economica, in politica estera, sulla cittadinanza, e dando pieni poteri al Parlamento europeo - oppure ritorna ai nazionalismi e alle possibili guerre al suo interno. Ci vuole una nuova leadership e le prossime elezioni europee possono essere, per i cittadini, un’occasione per costruirla.
 

Marco Scorzato
marco.scorzato@ilgiornaledivicenza.it

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