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Case green, vincoli più soft ma è scontro politico: due edifici su 5 da sistemare

Gli Stati hanno due anni per stabilire i dettagli. Poi scadenze dal 2030 al 2040
Gli Stati hanno due anni per stabilire i dettagli. Poi scadenze dal 2030 al 2040
Gli Stati hanno due anni per stabilire i dettagli. Poi scadenze dal 2030 al 2040
Gli Stati hanno due anni per stabilire i dettagli. Poi scadenze dal 2030 al 2040

Nel libro “Hanno tutti ragione”, di Paolo Sorrentino, il Maestro Mimmo Repetto “all’aurora del giorno in cui ha compiuto cent’anni” si dice infastidito da ogni cosa, e ne fa un elenco dettagliato lungo alcune pagine. Dice di non sopportare nulla, nemmeno se stesso. “Solo una cosa sopporto: la sfumatura”. Ma la sfumatura è la prima vittima di ogni campagna elettorale. E che siamo in quella fase per le Europee lo si capisce dai decibel dei commenti politici e dalla loro estremizzazione. È così che destra e sinistra tornano a spaccarsi sui temi economico-ambientali: ora sulla direttiva “Case green”. L’Europarlamento ha dato il via libera definitivo al testo concordato con i rappresentanti dei 27 Stati membri: 370 voti favorevoli, 199 contrari e 46 astenuti. A favore una fetta di Popolari, i Socialisti, i Verdi e i Liberali, vale a dire gli italiani Pd, Italia Viva, Alleanza Verdi-Sinistra e 5 Stelle. Contrarie le varie declinazioni della destra, da Forza Italia alla Lega, passando per Fratelli d’Italia. Uno schema ormai classico in questa fine legislatura che prelude al posizionamento elettorale, pro o contro il Green Deal che ha segnato l’ultimo quinquennio. Eppure, rispetto al testo iniziale della Commissione, la direttiva contiene sostanziali modifiche ottenute nei passaggi al Parlamento europeo e al Consiglio, e vincoli addolciti. Sfumature di peso.

Il contesto: Sos clima

L’obiettivo della direttiva è ridurre l’impatto ambientale del parco immobiliare europeo: minori emissioni di gas-serra e minori consumi energetici per centrare l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050. Gli edifici, spiega il testo, «sono responsabili del 40% del consumo finale di energia nell’Ue e del 36% delle emissioni di gas a effetto serra associate all’energia». Pertanto, «la riduzione del consumo energetico» e «l’utilizzo di energia da fonti rinnovabili in edilizia costituiscono misure necessarie per ridurre le emissioni di gas-serra». Non solo: «Agli edifici sono imputabili circa metà delle emissioni del particolato fine, Pm2.5, che sono all’origine di malattie e morti premature».

Obiettivi e misure

Dal 2030, i nuovi edifici residenziali dovranno essere a emissioni zero. Per gli edifici pubblici la data è anticipata al 2028. L’intero patrimonio edilizio dovrà essere climaticamente neutro entro il 2050. Come ci si arriva? Con una serie di misure rivolte agli Stati - che dovranno produrre norme e incentivi conseguenti - misure che, rispetto alle previsioni iniziali, alleggeriscono gli obblighi o dilatano le scadenze. Almeno il 16% degli edifici pubblici con le peggiori prestazioni andrà ristrutturato entro il 2030, e il 26% entro il 2033. Per le case, obiettivo di riduzione dei consumi del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035. Si richiedono interventi come il cappotto termico, nuovi infissi, caldaie a condensazione. Quanto ai pannelli solari, l’obbligo di installarli riguarderà i nuovi edifici pubblici, dal 2026 al 2030. Dovranno essere adottate misure nazionali per dotare di impianti solari gli edifici residenziali. Per le caldaie, i Paesi avranno tempo fino al 2040 per abbandonare le caldaie a combustibili fossili.

Esenzioni e incentivi

Sono previste esenzioni per edifici storici e agricoli, e gli Stati possono decidere di escludere anche gli edifici protetti per valore architettonico o storico e le chiese. Lo strumento della direttiva, a differenza del regolamento, impegna gli Stati membri: i 27 avranno due anni per adeguarsi presentando a Bruxelles le tabelle di marcia per indicare la via che intendono seguire per centrare gli obiettivi. La Commissione Ue stima che entro il 2030 saranno necessari 275 miliardi di euro di investimenti annui per la svolta energetica del parco immobiliare: si tratta di ristrutturare, in Italia, circa 5 milioni di edifici, meno della metà di quelli esistenti. Ance Veneto ha calcolato che in regione è da sistemare il 40% del patrimonio residenziale, 2 case su 5. Non sono previsti finanziamenti ad hoc, ma gli Stati potranno attingere ai fondi Ue esistenti per sostenere la svolta: dal Recovery fund al Fondo sociale per il clima fino ai Fondi di sviluppo regionale.

Il voto e i commenti

Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente, ritiene che la norma «va valutata con molta cautela perché alcuni step di vincolo al 2030 e al 2040 sono di difficile raggiungimento per il nostro Paese, con immobili datati e per la proprietà diffusa», sottolineando che si tratta di un «vincolo di Stato, non per i singoli». E lo Stato, come detto, avrà due anni di tempo per legiferare. Non c’è molta “sfumatura” invece nei commenti dall’Europarlamento. A tuonare contro è Sergio Berlato, eurodeputato di Fratelli d’Italia. «La direttiva rientra in quel Green Deal costruito con un approccio ideologico animal-ambientalista, che affronta i temi in modo teorico senza tener conto delle ricadute economiche. Sarà pesante per chi ha una casa ma non ha i soldi per adeguarla agli standard. Secondo alcuni studi, vuol dire un investimento da 50 mila euro per ogni proprietario tra infissi, isolamento, caldaie. Furbescamente la direttiva demanda l’attuazione agli Stati, i quali potranno partecipare con soldi pubblici, ma qui rischiamo una riedizione del bonus 110 e sappiamo che voragine ha creato». A favore, invece, i vicentini del Pd. «È un grande risultato - dice Achille Variati - e può essere attuata senza traumi per le famiglie, se i governi faranno la loro parte anziché limitarsi ai no di propaganda. L’efficientamento energetico delle case è fondamentale per migliorare la qualità dell’aria, poiché fra le principali cause di inquinamento c’è il riscaldamento degli edifici. E serve attenzione in territori come la Pianura Padana e il Veneto dove la qualità dell’aria è tra le peggiori al mondo». Per Variati la direttiva «tutela la salute» e «porterà al contenimento delle bollette, ridurrà le importazioni di gas, e sarà volano per interi comparti economici, dall’edilizia all’artigianato. Senza sconvolgimenti per le famiglie, perché ci saranno - e ci sono - fondi già individuati dall’Ue per la transizione». Sulla stessa linea Alessandra Moretti: «Va chiarito che i vincoli sono per lo Stato e non per i singoli proprietari», rassicura l’eurodeputata dem, «quindi ci saranno numerosi strumenti e incentivi economici per consentire l’adeguamento, sia statali sia con i fondi europei. Ma è una attività importantissima sotto diversi aspetti: economico, ambientale e occupazionale. Oggi in Italia ci sono almeno 5 milioni di edifici con prestazioni energetiche basse o bassissime. Significa che le famiglie che oggi spendono molto in energia, domani avranno bollette molto più leggere. Gli immobili riqualificati acquisteranno maggiore valore, a tutto vantaggio dei proprietari. Anche la riduzione dell’inquinamento è importante».

Il fischietto

Tra i contrari, invece, c’è la Lega. Alessandra Basso, bolognese d’adozione ed eletta nella circoscrizione Nordest, riconosce che «la direttiva è stata notevolmente ridimensionata, ma non basta: resta invasiva e impattante sulle tasche delle famiglie italiane». Nessuna “sfumatura” per l’eurodeputato leghista Angelo Ciocca che si è preso la scena con una performance ardita: durante la plenaria, ha sventolato un cartellino rosso nell’emiciclo e iniziato a fischiare con un fischietto da arbitro. La presidente dell’aula lo ha espulso (senza sventiale alcun cartellino) definendo il gesto «deplorevole e senza precedenti». Del resto l’Europa non è l’Italia: l’aula di Strasburgo non ha mai visto esibire fischietti, ma nemmeno cappi o mortadelle.

Marco Scorzato
marco.scorzato@ilgiornaledivicenza.it

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