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Maxi accise, pallone sgonfio: la dura estate italiana

di Marco Scorzato
marco.scorzato@ilgiornaledivicenza.it
Carburanti, prezzi alle stelle
Carburanti, prezzi alle stelle
Carburanti, prezzi alle stelle
Carburanti, prezzi alle stelle

Panem et circenses. Per gli antichi romani la plebe si accontentava di questo: di che mangiare e di che divertirsi, tanto bastava per la pace sociale. E oggi? Mutatis mutandis, si accontenterebbe forse di carburante a prezzi accessibili e di un bel campionato di calcio. Ma in questa torrida estate sembrano un miraggio sia l’uno che l’altro.

Accise da primato

Il prezzo dei carburanti in Italia è alle stelle, frutto dell’impennata del mercato e della perdurante pressione delle accise. Se sul primo fronte tutti i Paesi europei soffrono il momento, sul secondo la variabile è dettata dal fisco, un ambito gelosamente custodito dagli Stati nazionali. Le accise non sono fissate al livello dell’Ue, ma statale. E quelle italiane sono le più alte d’Europa. Dai dati del ministero delle Imprese, valgono 0,728 euro su un litro di benzina e 0,617 euro su un litro di gasolio. Nel primo caso, sono seconde solo a quelle dei Paesi Bassi; nel secondo, sono le più alte tra i 27 Stati dell’Unione. Il risultato è che l’accoppiata accise più Iva, in Italia, pesa per oltre il 56% del costo della benzina alla pompa e per quasi il 52% del costo del gasolio. Un record poco invidiabile per una tassa che colpisce tutti in egual misura, penalizzando quindi i redditi bassi. E pensare che, tolte le tasse, il prezzo del carburante in Italia sarebbe inferiore a quello medio nell’Ue.

Nessuno le vuole, ma nessuno le cancella

Storia lunga quella delle accise. Era il 1935 quando il regime fascista introdusse le prime per finanziare la guerra di Etiopia. Poi i governi repubblicani le hanno usate per far fronte a varie emergenze, dalla crisi di Suez del 1956 al disastro del Vajont del 1963, dai vari terremoti che hanno colpito il Paese fino a quello dell’Emilia, 2012. Ma in politica non c’è nulla di più definitivo del provvisorio, tanto che a volte il provvisorio diventa definitivo. È proprio il caso delle accise che dal 1995 sono state accorpate a formare un blocco che finanzia le entrate generali dello Stato. Tagliarle è stata la ricorrente promessa elettorale di molte forze politiche che, una volta al governo, non sono mai riuscite a farlo. Vale anche per quelle che ora formano la maggioranza: il ministro Urso ha escluso cambi di rotta. Finora l’unica tregua l’ha data il governo Draghi, che dopo la guerra in Ucraina e con l’inflazione galoppante ha introdotto una moratoria nel 2022, scaduta a inizio anno.

E il pallone è sgonfio

“Pane” carissimo, dunque. Andrà meglio con i “circensi”? Non troppo. Inizia oggi il campionato di calcio di Serie A e se un effetto-calmante sulla “pax (sociale) italiana” lo avrà, come sempre, non si può dire che susciti gli entusiasmi di un tempo, anzi. A dispetto di una grancassa mediatica che indora la pillola, il calcio italiano non è mai stato così sgonfio, almeno rispetto agli altri movimenti calcistici europei (e ora mondiali). Non solo la Premier League inglese viaggia anni luce avanti, ma anche la Liga spagnola e la Bundesliga tedesca hanno conti più in salute e maggiore appeal. Quello della Serie A va scemando, mentre i debiti salgono a 5 miliardi e alcuni dei migliori giocatori volano all’estero.

Campioni & petrodollari

Ci mancava solo la lega araba che nel 2023 ha saccheggiato la Serie A (e non solo): da Ronaldo a Neymar, passando per gli “italiani” Milinkovic Savic e Brozovic, gli arabi si prendono molti dei migliori talenti dai campionati europei. Come fanno? Con i soldi del petrolio, naturalmente. E tutto torna.

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