<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">

Intesa sui migranti, l'Italia esulta scaricando Orban e i sovranisti

La premier Giorgia Meloni e il cancelliere tedesco Olaf Scholz al Consiglio Ue di Granada
La premier Giorgia Meloni e il cancelliere tedesco Olaf Scholz al Consiglio Ue di Granada
La premier Giorgia Meloni e il cancelliere tedesco Olaf Scholz al Consiglio Ue di Granada
La premier Giorgia Meloni e il cancelliere tedesco Olaf Scholz al Consiglio Ue di Granada

Eccola, la prova provata che non c’è Unione europea con i sovranismi. Eccola, la prova provata che a flirtare con i governi sovranisti d’Europa - Ungheria e Polonia su tutti - l’Italia non ha nulla da guadagnarci, anzi. È nel giorno in cui i sovranisti vengono messi all’angolo che l’Italia e la premier Giorgia Meloni possono esultare per quella che ritengono - a buon titolo - una vittoria politica: l’accordo sul regolamento delle crisi del Patto europeo sui migranti.

Intesa sui migranti

I fatti, in breve, sono questi. Nella notte tra martedì e mercoledì scorsi i rappresentanti permanenti dei 27 Stati membri hanno trovato l’agognata intesa, giunta dopo giorni di tensioni e di diplomazia (anche) tra Giorgia Meloni e Olaf Scholz, il cancelliere tedesco. «L’abbiamo spuntata» hanno detto gli italiani dopo che dal testo concordato dai 27 è stato stralciato il punto riguardante le Ong, che era caro alla Germania. O meglio, è stato declassato nella sezione dei “considerando” mentre nelle proposta iniziale era tra gli emendamenti. Il compromesso contempla l’attivazione di «tutte le misure necessarie» a sostenere «gli Stati membri che si trovano ad affrontare una situazione di crisi», inclusi «i flussi straordinari di cittadini di Paesi terzi» e le «situazioni di strumentalizzazione dei migranti da parte di un Paese terzo o di un attore non statale», alias Ong. Allo scattare dello stato di emergenza, le norme concordate permettono ai governi Ue applicare «un meccanismo di solidarietà obbligatorio», compresi i ricollocamenti, e «un’equa ripartizione delle responsabilità» tra gli Stati. L’accordo in realtà è quasi uguale al testo di luglio: a vedere il bicchiere mezzo vuoto si può dire che due mesi e mezzo sono stati sprecati. Ma la politica ha bisogno dei suoi tempi.

Sovranisti contro

L’intesa è stata condivisa a maggioranza qualificata degli Stati, come è previsto che accada. A votare contro sono stati l’Ungheria - che pretendeva l’unanimità - e la Polonia. Repubblica Ceca, Slovacchia e Austria si sono astenute. Si conferma dunque l’asse di Visegrad ostile a meccanismi di solidarietà in nome della difesa dei propri interessi nazionali. E qui sta il punto politico. La Meloni leader di partito sale sul palco con l’ungherese Orbàn, ma la Meloni premier si smarca da lui e dai sovranisti per affrontare il dossier migratorio. Del resto sovranismo e solidarietà europea sono inconciliabili. La cosa era apparsa in tutta la sua evidenza anche nel 2018, quando il Parlamento europeo aveva proposto la modifica del regolamento di Dublino, superando il meccanismo che prevede che a farsi carico dei migranti sia lo Stato di primo approdo. L’Italia lo è e ha tutto l’interesse a rivedere Dublino. Ma all’epoca il governo gialloverde, con Salvini agli Interni, e la pattuglia di Visegrad affossarono il testo del Parlamento in seno al Consiglio Ue e non se ne fece nulla. Stavolta l’Italia ha messo i fatti davanti alle ideologie, l’interesse nazionale concreto davanti a quello di facciata. Resta la lezione di fondo: inutile dire “l’Europa non fa nulla” se a bloccare le azioni utili e necessarie sono i veti nazionali. È una bugia che serve solo ad alimentare una propaganda politica che cerca capri espiatori e confonde le idee. L’Italia ha bisogno di capacità negoziale e di solidarietà, non di bandierine nazionalistiche. Questo accordo è la prova provata.

Suggerimenti