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Crepet: «I genitori non sanno più dire no. E i figli s’illudono che il mondo funzioni così»

Dopo l’ultimo dossier dell’Istituto superiore di sanità sulla «Salute degli adolescenti» che restituisce un’immagine sconfortante
Paolo Crepet: parlando di giovani, lo psicologo e psicoterapeuta torna a puntare il dito sul ruolo della famiglia
Paolo Crepet: parlando di giovani, lo psicologo e psicoterapeuta torna a puntare il dito sul ruolo della famiglia
Paolo Crepet: parlando di giovani, lo psicologo e psicoterapeuta torna a puntare il dito sul ruolo della famiglia
Paolo Crepet: parlando di giovani, lo psicologo e psicoterapeuta torna a puntare il dito sul ruolo della famiglia

Non è sorpreso, Paolo Crepet, di fronte all’ultimo dossier dell’Istituto superiore di sanità sulla «Salute degli adolescenti». Una fotografia, scattata su un campione di 90mila italiani tra gli 11 e i 17 anni, che restituisce un’immagine sconfortante: ragazzi iper-connessi (più di tre ore al giorno davanti agli schermi), sedentari (uno su cinque è sovrappeso), sregolati nell’alimentazione, avvezzi all’abuso di alcol (la metà si è ubriacata almeno una volta), alle sigarette e agli stupefacenti (uno su cinque ha già fatto uso di cannabis).

Tantomeno si stupisce, lo psichiatra, educatore e sociologo assurto al ruolo di «guru» per moltissimi genitori disorientati, davanti all’insoddisfazione dilagante che lo stesso report rileva negli adolescenti. E il Veneto, in quanto a felicità dei giovanissimi, è fanalino di coda in Italia.

Il quadro dell’Iss è scoraggiante. Cosa dire, di questi ragazzi, professor Crepet?

Che hanno ragione. Se l’unica prospettiva di divertimento che hai è andare al bar a ubriacarti, o ingrassare sul divano col cellulare in mano, per forza sei infelice. Mi sembra incredibile che gli adulti non capiscano: lo studio dell’Iss mostra semplicemente l’elenco dei loro errori.

Ed ecco che subito i riflettori si spostano dai figli alle loro famiglie…

Certo. Perché accanto all’immagine della movida in piazza Erbe – conosco Verona abbastanza bene – ce n’è un’altra di un genitore che non ha mai saputo dire un “no” e motivarlo. L’adolescente che oggi pretende cento euro per fare serata non spunta dal nulla. Ieri era un bambino trattato sempre da “piccolo re”. Al quale «non è mai stato fatto mancare niente», come dicono molti miei pazienti, credendo di aver agito bene.

Per spezzare una lancia, i genitori d’oggi cercano forse un modo nuovo di essere figure educative, rigettando l’autoritarismo del passato e puntando di più sul dialogo: sbagliato?

Dipende. Tra il padre con la cinghia di un tempo e l’amicone immaturo di oggi, che non sa imporre un divieto, c’è una via di mezzo. Accontentare i figli in tutto, dargliele sempre vinte, significa illuderli che il mondo là fuori funzioni così. Ma questi ragazzi, che non hanno sviluppato anticorpi per sostenere una difficoltà, un rifiuto, una frustrazione, un fallimento, si scontrano presto con la realtà. Ecco perché restano in casa quando sono ormai adulti e, nel frattempo, si sentono continuamente insoddisfatti. Una strada lastricata di “sì” non dà felicità, anzi.

La ricetta del “no”: da quando un genitore deve iniziare ad applicarla?

Subito, fin dalla nascita dei figli. Oggi la neomamma segue il pianto del bambino e allatta a oltranza. Il piccolo inizia a capire che basta piangere un po’ per ottenere immediatamente la soddisfazione dei suoi desideri. Finito l’allattamento, applicherà lo stesso schema per un’altra cosa, e poi per un’altra ancora, e ancora, crescendo in questo modo. Chi glielo fa fare di cambiare, se appena insiste ha ciò che chiede?

E poi si arriva all’adolescenza…

Si arriva ai genitori con figli di 16-18 anni che mi chiedono, disperati: “Cosa dobbiamo fare?” Di fronte all’adolescente ingestibile c’è una sorta di resa collettiva. Una mesta sopportazione nella speranza che la turbolenza passi – ma non passa – oppure lo sconforto perché “ormai è venuto su così”. Ma non ci si deve arrendere, non più.

Cosa fare dunque?

Inventiamoci qualcosa. Insieme ai nostri figli, andiamo alla ricerca di una felicità sconosciuta pure a noi, venuti su in una società che ci ha circondati di centri commerciali e ci ha raccontato che la massima soddisfazione è tornare a casa dallo shopping con la macchina piena di roba inutile. Cosa gli abbiamo insegnato? Facciamogli vedere che almeno noi proviamo a cercare un'alternativa. E se una scuola vuole vietare i telefonini a lezione, per favore, non arrabbiamoci.

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Lorenza Costantino

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