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La biografia di Endrigo
Tuffi di musica e poesia

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

CASTELCUCCO(TV)

Leggere la biografia di Sergio Endrigo (Feltrinelli), scritta dalla figlia Chiara, è stato per me una vera vacanza. Tecnicamente si tratta di 160 pagine, spalmate in 8 capitoli, più 3 finali, dedicati alla discografia, alla discografia estera e ad altre canzoni. Una sezione è dedicata alle foto, in bianco e nero e a colori. La prefazione, intensa e misurata, è di Claudio Baglioni. Nella sostanza ho ritrovato un artista, che già apprezzavo in gioventù, perché condividevo il suo amore per la natura e la poesia, oltre che la dimensione civica, trasfusa nella toccante canzone “1947”. Parla di un tragico evento post bellico, ignorato per oltre cinquant'anni: l'esodo dall'Istria, ceduta come bottino di guerra alla Jugoslavia, di circa 350 mila italiani, Sergio Endrigo compreso. Il cantautore, nato a Pola (Istria) nel 1933, aveva allora 14 anni. Da adulto scrive la canzone, che è un concentrato di emozioni. Il testo inizia così: «Da quella volta non ti ho vista più», riferito alla città natale, mentre il ritornello allude alle radici strappate «Come vorrei essere un albero che sa dove nasce e dove morirà». Molto più efficace di una lezione di storia. La lettura della biografia trasmette l'immagine di una persona molto umana, niente affatto triste, come vorrebbe il cliché costruitogli addosso. Infatti amava stare in compagnia e raccontare barzellette. Non gli piaceva il palco. Pagina dopo pagina, si prova la sensazione di toccarne con mano le doti, e di provare simpatia per i suoi difetti. Ho viaggiato idealmente con lui a Cuba e in Brasile, suoi luoghi dell'anima. Grazie ai dati forniti sulla vasta produzione musicale ho cercato e trovato in internet video, testi ed interpretazioni che restituiscono sia l'uomo che l'artista. Ho riascoltato con piacere canzoni note e mi sono piacevolmente sorpresa, sentendone altre che non conoscevo, come i brani “Annamaria”, “Elisa”, “Teresa”, che poi ho girato a persone con questo nome, facendole contente. Da ultimo il profondo legame tra padre e figlia, costituisce la cifra più preziosa dell'opera.

Testo inviato dalla Biblioteca di Bassano del Grappa

Ada Cusin

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