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Il convegno

Tappo a vite? Lanciata a Vicenza la rivoluzione che prepensionerà il tappo a sughero

La scelta di cinque cantine ai vertici: Franz Hass, Jermann, Pojer e Sandri, Massa e la veronese Prà. Il convegno a Villa Sorio Gambellara

È partita da Vicenza la rivoluzione green che manderà in pensione i tappi di sughero. A guidarla gli "Svitati" (nome che gioca appunto sul sostituto del sughero, ovvero il tappo a vite) un gruppo di cinque cantine a cui non serve presentazione, in quanto ai vertici dell'enologia nazionale, quella che è conosciuta in tutto il mondo per l'eccellenza dei suoi vini: Franz Hass, Jermann, Pojer e Sandri, Massa e la veronese Prà. Cinque pezzi da 90 insomma, che hanno compiuto una scelta estrema, quella di convertire tutta la produzione, anche le riserve da lunghi invecchiamenti e da 50/60 euro la bottiglia in cantina, al tappo a vite o stelvin.

La notizia è destinata a far discutere, la scelta abbatte un tabù, quello del tappo di sughero, che in Italia è sinonimo di qualità. Al fascino della stappatura di una riserva di 20 o 30 anni di età, si lega tutto un rituale che ha messo alla prova i sommelier di tutto il mondo. Tutto finito? Tutto archiviato in cantina? Pardon in soffitta? A sentire i nostri "rottamatori" pare proprio di sì e la motivazione principale è quella che sta alla base del successo di ogni cantina: la qualità estrema della bottiglia, che costa sacrifici enormi ai produttori e va tutelata dalle bizze imprevedibili dei tappi di sughero.

A fare la radiografia della situazione un convegno con degustazione a seguire (perché la teoria è importante, ma l'assaggio sgombera il campo da qualsiasi dubbio) organizzato dagli Svitati a Villa Sorio di Gambellara, dove i professori Fulvio Mattivi e Davide Rampello hanno spiegato come la ricerca (più all'estero che in Italia a onor del vero) abbia ormai certificato l'affidabilità del tappo a vite nelle sue varie declinazioni (più o meno traspirante) nella conservazione del vino, anche da invecchiamento. Non solo non lo contamina in alcun modo, ma addirittura lo preserva dall'invecchiamento causato dall'ossigeno, favorendone una maggiore longevità. In Svizzera è già dagli anni 60 che si usa il tappo a vite, in Australia e negli Stati Uniti la maggior parte del vino di qualità ha il tappo a vite, in Italia invece la componente romantica legata a tutti i rituali dell'apertura di una bottiglia col tappo di sughero è ancora di là dal morire, ma qualcosa si sta muovendo. Ed è questo il motivo per cui i "magnific cinque" ci hanno messo la faccia al convegno, per dimostrare che si possono produrre vini eccezionali anche con bottiglie con il tappo a vite, anzi, che negli anni si mantengono eccezionali questi vini, proprio perché conservati con il tappo a vite.

«Mio marito ha effettuato moltissimi assaggi e comparazioni - ha spiegato Maria Luisa Manna, moglie di Franz Hass, scomparso lo scorso anno - e tutti erano a favore del tappo a vite al punto che nel 2005 abbiamo convertito la produzione, ora è il momento di dire al mondo, ai consumatori in primis, che il tappo a vite può conservare perfettamente anche i migliori vini, le riserve più pregiate». Sulla stessa lunghezza d'onda il primo degli Svitati, Silvio Jermann che già nel 2003 aveva convertito la produzione al tappo a vite: «L'unico ostacolo è che l'imbottigliatrice dedicata ha un costo considerevole che si ammortizza soltanto con una produzione di un certo quantitativo, ma il vanatggio di una conservazione del vino ottimale è innegabile». Una riflessione puntuale l'ha condivisa il "padrone di casa" Graziano Prà: «Era avvilente constatare come il tanto il lavoro di un anno potesse andare in malora per un tappo difettoso, e non mi riferisco solo all'evidente odore di tappo, quanto ai guasti velati, quelli impercettibili, che però ti rovinano completamente una bottiglia. Chi la beve alla fine conclude dicendo... mah, niente di che questo vino, e la colpa è tutta solo del tappo. Per questo anche noi siamo passati completamente al tappo a vite». Walter Massa e Mario Pojer hanno sintetizzato l'intera giornata: «Il vino buono deve durare negli anni e per poterlo fare non deve entrare in contatto con l'ossigeno, il tappo a vite questo sigillo lo pone perfettamente».

Al termine le cinque cantine hanno messo in degustazione comparata una vecchia annata con una bottiglia tappo a vite e una tappo di sughero, stesso anno, tappo differente. Il bilancio è stato nettamente a favore del tappo a vite, romanticismi a parte.