<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
Degustibus

È vicentina la migliore sommelier italiana nel mondo. Cin cin a Laura Roncaccioli

L'evento 50 Top Italy nel mondo ha premiato la 27enne vicentina miglior sommelier italiana nel mondo per il 2023.
Laura Roncaccioli, 27 anni, miglior sommelier italiana nel mondo per il 2023.
Laura Roncaccioli, 27 anni, miglior sommelier italiana nel mondo per il 2023.
Laura Roncaccioli, 27 anni, miglior sommelier italiana nel mondo per il 2023.
Laura Roncaccioli, 27 anni, miglior sommelier italiana nel mondo per il 2023.

Una giovane vicentina ai vertici della somellerie mondiale. Il Gran Gala della cucina italiana, svoltosi al teatro San Babila di Milano, per celebrare i 50 Top Italy nel mondo, ovvero il meglio della ristorazione italiana oltreconfine, ha premiato Laura Roncaccioli, 27 anni, miglior sommelier italiana nel mondo per il 2023.

Laura Roncaccioli è figlia d'arte. Lavora a Parigi

Figlia d'arte di Claudio Roncaccioli (e sorella di Lorenzo, chef nel ristorante di famiglia) proprietario del ristorante Fuori Modena, in centro storico a Vicenza. Laura lavora al Caffè Stern di Parigi del gruppo Alajmo dal settembre 2021, dopo essere stata chef de rang a Le Calandre di Rubano dall'ottobre 2019.

Master in enologia all'università di Bordeaux

Diploma di maturità classica al Pigafetta e laurea in scienza e cultura della gastronomia e della ristorazione all'università di Padova con il massimo dei voti e infine un master in enologia all'università di Bordeaux. Sommelier Ais, la passione per il cibo e il vino l'ha appresa lavorando al ristorante del papà dove ben presto ha compreso che Vicenza le andava un po' stretta e al primo colloquio importante ha fatto centro.

«L'11 settembre 2021 per me si è avverato un sogno - sorride - avevo scelto gli Alajmo considerandoli già un punto di arrivo piuttosto che di partenza per l'importanza della realtà, poi avevano i ristoranti all'estero che era quello che volevo, approdare a Parigi allo Stern è stato un sogno. Non so ancora cosa farò in futuro, certo il sommelier magari tra qualche anno mi potrà andare un po' stretto, magari accetterò la direzione di un locale sempre del gruppo con cui mi trovo bene».

L'intervista

Quando ti hanno annunciato di aver vinto cosa hai provato? Non me l'aspettavo assolutamente, tremavo come una foglia quando sono salita sul palco, ero emozionatissima, è stata una grandissima soddisfazione. Il nostro non è un lavoro è una missione chiede tanto in termini di energia e tempo, ma regala anche grandi soddisfazioni.

Nel tempo libero a Parigi cosa fai? Giro per saloni e fiere ad assaggiare vini, poi mi piace pattinare per i boulevard e vado a visitare tanti musei spero di visitarli tutti prima di lasciare Parigi, mi piace la pittura e la scultura e poi provare ristoranti, non necessariamente alta ristorazione che qui è costosissima, ma anche i giovani emergenti e la cucina etnica che in Italia è ancora un po' acerba, mentre qui ha già raggiunto livelli molto alti.

Dicevi che è un lavoro impegnativo, cosa ti toglie? Non è facile conciliare con la vita privata con il ristorante, io sono appena stata lasciata dal fidanzato che era pure un collega del mio stesso settore, forse non ha aiutato la distanza, ma certamente l'impegno del lavoro impone scelte di vita e rinunce, anche se cerco sempre di coltivare anche i rapporti umani che danno qualità alla vita.

Ai giovani che consiglio daresti? Darei una pacca sulla spalla e lo ringrazierei perché non ce ne sono tanti che si fanno avanti, questo non è un lavoro ma uno stile di vita, bisogna applicarsi sempre e pensare di non aver mai finito di imparare. Poi ci vuole tanta pazienza, perché la salita è lunga e costante, e bisogna imparare a divertirsi lavorando, non prenderlo solo come un sacrificio. Infine studiare nei giorni di riposo, perché non si è mai finito di imparare.

Chi ti senti di ringraziare per questo premio? Innanzitutto la famiglia Alajmo, se sono qui è merito loro, che mi hanno supportato e sopportato, perché sono una persona impegnativa, poi un grazie alla mia famiglia, che soffre la mia distanza, ma è sempre li a fare il tifo per me.

Come hai vissuto il Covid?  All'inizio bene, era anni che non vivevo in famiglia e ho trascorso bei momenti, avendo la possibilità di studiare e aggiornarmi, la seconda fase invece a singhiozzo è stata più dura, ho avuto una forte crisi personale, mi sono spaventata e non sapevo se continuare, tanti colleghi non li ho più rivisti e ora sono orgogliosa di aver resistito.

Quali sono i vini che preferisci? Sono appassionata di chi ha rispetto della natura, ma riconosce che il vino è un prodotto dell'uomo, il fermentato spontaneo dell'uva è l'aceto. Sono appassionata del Collio e del Carso e delle Marche. Tra i vicentini amo il Lessini Durello metodo classico, altroché glera, adoro Dalle Ore, lo faccio assaggiare alla cieca ai francesi che lo confondono con uno champagne, mi piace molto anche Daniele Piccinin.

E per il futuro? Intanto mi gusto questo sogno, poi magari aprire una cosa mia, magari una catena di locali, che poi era la mia tesi di laurea.

Alberto Tonello