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Il tema

«La paura per i grandi predatori è normale, un margine di rischio c'è sempre. Ma non ci sono ricette facili»

Orsi, lupi, sciacalli: parla Anna Sustersic, presidente di Pams Foundation Europa e presidente del Festival della coesistenza

Mitigare i conflitti. Contenere i rischi. Prevenire i problemi che la condivisione di un territorio, tra uomini e grandi carnivori, può far emergere. In una parola: coesistenza. Parlare di convivenza in Lessinia è per molti versi impossibile. Anna Sustersic, presidente di Pams Foundation Europa, realtà che si occupa di divulgazione scientifica e promuove il Festival della coesistenza. Coesistenza, premette, «oggi significa decidere di condividere il proprio territorio e le sue risorse con gli animali selvatici».

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Con una fauna che, dal piccolo roditore al grande carnivoro, interagisce con l’uomo in maniera positiva, neutra o negativa. «Significa decidere di affrontare questo complesso di interazioni», prosegue, «trovando le strategie possibili o quantomeno minimizzare il danno». Parlare di coesistenza «significa raggiungere un vertice culturale alto». 


Parliamo di lupi, tema su cui ci si divide tra estrema protezione e una battaglia che si combatte tra uomo e ambiente. Perché?

«Dipende dalla nostra necessità cognitiva di semplificazione. Abbiamo bisogno di trovare risposte chiare, precise, brevi e semplici. Si traducono in sì, proteggiamo a ogni costo tutti gli animali; e no, non li vogliamo. Fazioni estreme, tra cui ci sono varie sfumature di grigio». 

Sentimento prevalente è la paura: dipende dalla narrazione fatta del fenomeno?

«La narrazione non ha corrisposto totalmente alla realtà dei fatti. Dobbiamo arrenderci alla complessità: non esistono risposte semplici. La paura ha in parte ragione di esistere nei confronti del selvatico e va mantenuta, poiché un margine di rischio esisterà sempre. Ci sono comportamenti giusti, protocolli di azioni: vale per il lupo, l’orso o animali che possono trasmettere malattie. Aspetti da gestire, perché la paura sia nella giusta proporzione, senza sfociare in ansia inutile».

I numeri in aumento dei lupi e delle connesse predazioni, sono fonti di preoccupazione tra cittadini e amministratori...

«Ci troviamo di fronte a una situazione che non vivevamo da parecchio tempo. Adesso la partita è aperta, in una dinamica in cambiamento. Impariamo lungo la strada. È possibile che, col tempo, cambi il nostro modo di rapportarci ai lupi. Senza escludere l’abbattimento di un numero selezionato di esemplari».

A dieci anni dal ritorno dei lupi in Lessinia, cosa non è evidente?

«I lupi sono tornati e aumentati così rapidamente per ragioni ambientali e di geografia umana. Sul nostro territorio è cambiato l’uso delle montagne e la copertura boscosa ha permesso a certi animali di tornare in luoghi che l’uomo aveva abbandonato. È positivo, da un lato, dimostra che c’è un ambiente sano; da considerare poi anche l’interazione con le comunità umane che va pensata, gestita e affrontata con serietà».

Come la coesistenza può trovare spazio nelle comunità?

«La coesistenza deve diventare un modus vivendi ma implica innescare automatismi, avere il controllo della situazione, sapere come gestire i propri beni che siano animali, il cane domestico o se stessi quando si va in un bosco. C’è bisogno di un’informazione capillare, costante, massiva. Dopodiché vengono adottate strategie pratiche per cercare di minimizzare le interazioni di tipo negativo».

Ha lavorato in Tanzania, dove le popolazioni locali si confrontano con le incursioni di elefanti, che creano danni incomparabili.

«Un’incursione notturna in un campo di mais in Africa significa annullare il reddito annuale di un’intera famiglia o causare incidenti mortali. Qui si stanno adottando barriere fatte con stracci imbevuti di peperoncino per proteggere i campi e l’uomo».

Come hanno reagito le popolazioni al problema?

«In Africa, in India, i popoli hanno sempre vissuto con la fauna. L’accettazione è un dato di fatto, non una scelta. Per noi la coesistenza da scelta è diventata necessità».

Cosa possiamo imparare dalle esperienze di questi Paesi?

«L’accettazione di un certo livello di rischio. Lo sforzo da fare per conoscere l’ambiente che sta dietro casa nostra, cosa significa la natura e il cambio di comportamenti che ci impone. Ma si può arrivare a un buon risultato. Quando mi chiedono qual è il valore di avere i lupi, dico che ognuno deve trovare la sua risposta, inclusa la gestione della paura e il pianificare le mie abitudini». 

Marta Bicego

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