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l'intervista

Lupi, amore e odio. L'esperto: «Ingiustificato l’allarmismo per le persone. Cani e recinti funzionano, ma servono soldi e lavoro»

Boitani: «Si è sempre avvicinato alle case ma è schivo, non attacca». «L'eliminazione dei danni non esiste al 100 per cento, ma può ridursi a livelli tollerabili e ci sono sovvenzioni usando il Psr»
Un esemplare di lupo  di uno dei branchi che transitano in Lessinia FOTO FERRARI
Un esemplare di lupo di uno dei branchi che transitano in Lessinia FOTO FERRARI

Amore e odio. Per il lupo nessuna via di mezzo. Gli allevatori esasperati dalle predazioni non vogliono sentire ragioni che non siano quelle estreme degli abbattimenti. Le associazioni animaliste, ma anche tanti amanti della natura, lo difendono a spada tratta perché lo considerano il vero e primo inquilino delle montagne, contrari all’idea che tutto debba essere sempre e solo assoggettato all’uomo e a logiche economiche. In mezzo la politica, quasi sempre schierata con gli allevatori per convertire in voti a proprio vantaggio il loro malumore.

Del lupo parlano in tanti, quasi sempre senza cognizione di causa. In questo dibattito infuocato, a mancare, sono spesso le voci autorevoli. Luigi Boitani è tra i massimi esperti mondiali sui lupi, professore emerito all’Università La Sapienza di Roma, presidente della Large carnior intiative for Europe e, con L. David Mech, autore del libro “Wolves: behavior, ecology, and conservation“, (The university of Chicago press, 2007), un testo di riferimento per chi vuole studiare questo predatore.

Cresce l’esasperazione nei confronti di questo animale, c’è una gran voglia di abbattimenti.
La situazione è sempre quella. Anzi, diciamo che è vecchia come la storia dell’uomo. Il problema è la risposta che si è in grado di dare rispetto alla coesistenza con il lupo. Questa risposta varia da una disponibilità a cercare il compromesso, che c’è in molte regioni italiane, soprattutto sull’Appennino, alla totale rifiuto del compromesso, come ad esempio in Alto Adige, che ha l’unica amministrazione in tutta Europa che si rifiuta, con gli allevatori, di attuare qualsiasi forma di prevenzione, dai cani ai recinti. In mezzo un lungo elenco di possibili forme di compromessi che variano da zona a zona a seconda delle persone e della cultura locale o delle forme di zootecnia, se ci sono pecore o capre, bradi o non bradi.

Ma esiste una forma di prevenzione, attuabile ed efficace?
Esiste ma si tratta esclusivamente di una questione economica perché attuare la prevenzione costa, soprattutto in termini di lavoro.

Quali sono i modelli di prevenzione che funzionano?
Cani e recinti. L’eliminazione al cento per cento dei danni non esiste. Esiste però la possibilità di attuare sistemi di prevenzione che riducono il danno a livelli tollerabili e quasi insignificanti. Ogni pastore sa che ogni anno perderà dal 5 al 10% per cento dei suoi animali per malattia, e non fa una piega. Ma se ne perde uno solo per il lupo allora è tragedia. Questo, devo dire, però non succede sull’Appennino. Ma sulle zone Alpine dove si attua il pascolo brado, come in Lessinia.

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In questa zona ci sarebbero 30 esemplari divisi in tre branchi. Per alcuni è un’invasione e quest’anno avrebbero predato 180 capi.
Ripeto, cani da guardia, recinti e presenza del pastore e tutto questo non si verificherebbe. Ma dico, di nuovo, tutto questo costa. Esistono però una grande quantità di forme di sovvenzioni, anche da parte della Commissione europea, che ad esempio ha istituito ora la possibilità di utilizzare i fondi del Psr (Programma di sviluppo rurale) sia per pagare i danni sia per intervenire in azioni di prevenzione come recinti elettrici e cani.

Gli allevatori sostengono che sono tutte possibilità valide solo sulla carta, poi nei fatti difficili da realizzare.
Questa è una falsità. Basta guardare i bilanci delle Regioni. Poi se esistono delle Regioni inadempienti la colpa è di chi le elegge.

Recentemente il ministro dell’Agricoltura ha incontrato i rappresentanti di nove regioni per parlare di salvaguardia rurale. C’è una pressione enorme per intervenire sui lupi.
Il lupo è protetto dalla direttiva Habitat che è una legge di più alto livello, una direttiva di scala europea e non potranno cacciarlo. Il lupo può essere prelevato in deroga ed è previsto dalla normativa europea però con condizioni molto precise.

Ma abbattere qualche lupo cambierebbe qualcosa? Non c’è il rischio di fare più danni magari mandando in dispersione il branco?
È vero solo in parte. È una cosa molto complessa da spiegare, non c’è una verità bianca o nera da applicare, dipende molto dalle prede alternative che ci sono, dalla struttura del branco, dalla sua forza, dal tipo di territorio in cui si muove. Ci sono tante variabili ed è veramente un argomento molto complesso. E spesso viene utilizzato dai pro e contrari al lupo in modo demagogico. Per semplificare, posso dire che eliminare qualche lupo in qualche zona dove magari è diventato particolarmente confidente e si avvicina troppo agli umani, o in qualche situazione in cui i danni stanno diventando veramente eccessivi, ci può stare. Tutte le condizioni, comunque, sono elencate nella direttiva Habitat.  

L’Unione europea sta un po’ vacillando.
No, non c’è nessuna volontà di intervenire. Il Parlamento europeo ha fatto una risoluzione in cui chiede di riconsiderare il livello di protezione del lupo. Non è una legge, è una risoluzione. Ma la Commissione europea non ha alcun intenzione di cambiare questa direttiva. Non ancora, almeno. A novembre alla riunione della Standing Committee della Convenzione di Berna all’ordine del giorno c’era la riduzione della protezione del lupo avanzata dalla Svizzera. Ma di fronte a questa proposta, il rappresentante della Ue, che vota per tutti i 27 stati, ha detto “no” e la richiesta non è passata. Poi magari il prossimo anno cambierà tutto, vedremo.

Si parla sempre di poter abbattere qualche lupo ma, tra bracconieri e investimenti, sono già tanti i lupi a morire.
Sicuramente. Non sappiamo però quanti sono, le stime non sono attendibili. Vero che sono numerosi i lupi a morire.

Recentemente, a Verona, alle porte della città, è stato salvato un lupo finito incastrato vicino a un canale. E la notizia ha ridato fiato a tutti quelli che gridano al pericolo per i bambini, ai lupi vicino alle case, all’emergenza.
I lupi si muovono e si avvicinano alle città e alle case, lo hanno sempre fatto. Nella stragrande maggioranza dei casi nemmeno ce ne accorgiamo. Ci sono 3.300 lupi in Italia, questa la stima fatta dall’Ispra. Nel parco d’Abruzzo, nel parco della Maiella, hanno una densità di lupi tra i più alti d’Europa, nel parco d’Abruzzo ci sono dodici branchi. Bene, ogni anno in questi parchi hanno circa due milioni di visitatori. Moltissima gente. Quante volte si è sentito parlare di una persona attaccata, non dico mangiata, ma attaccata da un lupo? Mai, zero.

Eppure basterebbe essere morsi da un lupo per scatenare subito una psicosi.
Non c’è ombra di dubbio.

Il refrain sul pericolo per i bambini torna puntuale ogni volta che si parla di lupi.
Ai giornali in genere piace alimentare paure piuttosto di spiegare e approfondire.

In Svezia la più grande campagna di abbattimento della storia moderna. Ha senso?
Lo ha deciso il Parlamento, uno sfoltimento importante, 75 su 500 animali. Una scelta esclusivamente politica non supportata da una base scientifica reale.

Quello che vorrebbero fare anche qui. Silvana Fasoli di Salvaguardia rurale sostiene che l’Italia non abbia un quadro completo della situazione lupi.
Una scemenza. L’Ispra ha prodotto nel 2022 la prima stima corretta di dove sono i lupi e quanti sono. Una stima che pochissimi altri Paesi hanno fatto.

Dice anche gli abbattimenti di alcuni esemplari non bastano e i sistemi di prevenzione sono sempre inefficaci.
Davvero non sanno quello che dicono. Gli allevatori si lamentano e basta. Ma perché nessuno parla di tutte le sovvenzioni che ricevono? Quanti soldi sono? 

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Marzio Perbellini

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