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Era stato recuperato a Montorio

Vento, il lupo dalle due vite. L'autopsia ha svelato com'è morto: nessun avvelenamento

Il lupo stremato soccorso a Ponte Florio
Il lupo stremato soccorso a Ponte Florio
Il lupo stremato soccorso a Ponte Florio
Il lupo stremato soccorso a Ponte Florio

Si era accucciato per riposare. Insolitamente troppo debole, anche per cacciare. Il segnale del suo radiocollare non evidenziava più movimenti, ormai da troppe ore. Il lupo Vento, rimasto intrappolato sul finire di gennaio in un canale irriguo a Montorio, salvato dai Vigili del Fuoco e liberato meno di un giorno più tardi «in quota» dalla Polizia provinciale, da qualche parte sull’altopiano, aveva infatti respirato per l’ultima volta. Ucciso da una malattia, il cimurro, nota, pericolosa e spesso letale per i canidi, conferma il referto degli esami effettuati dall’Istituto Zooprofilattico delle Venezie.

Il salvataggio

A cercare e recuperare le spoglie del selvatico erano arrivati uomini dalle divise colore del bosco, gli stessi che una decina di giorni prima avevano aperto la griglia di uno scatolone in legno, lasciandolo libero di andare, con un nome assegnato ed il tracciatore «Gps» al collo. Vento era un esemplare «sub adulto», circa due anni d’età per quasi 34 chilogrammi di peso: in termini umani in bilico tra la tarda adolescenza e la gioventù. Il virus, localizzato nel corso dell’autopsia a livello cerebrale, anche se in misura non tale da permetterne il sequenziamento in laboratorio, basta a spiegare la sua fine. Al momento del salvataggio e del quasi immediato rilascio l’esemplare era apparso «vivace» e in buona salute. «Probabilmente non aveva sviluppato, nel tempo e con i contatti della sua vita in libertà, l’immunità sufficiente. Il cimurro è sicuramente una valida spiegazione della sua morte», conferma Fabrizio Cestaro, direttore del Dipartimento di Prevenzione e dell’Unità operativa complessa del servizio veterinario e di sanità animale dell’Ulss 9 Scaligera.

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Com'è morto Vento

Il giovane selvatico (in dispersione da uno dei branchi lessinici?) non è stato sicuramente avvelenato. Nessun segno neppure della rabbia silvestre, né di parassiti. Sul corpo solamente le tracce superficiali delle ferite che probabilmente si era procurato nei tentativi di liberarsi dal chiusino del canale a ridosso di Montorio. Non mangiava già da qualche tempo: l’artiglio di un piccolo rapace è l’unico reperto trovato nello stomaco vuoto. Stando all’esame dei veterinari dell’Istituto Zooprofilattico il suo cuore presentava inoltre un’«anomalia», anche se nessuno sembra accreditarla come causa prima della morte.
«Se è arrivato a quell’età si trattava comunque di un esemplare con buone probabilità di sopravvivenza. L’infezione da cimurro è la variante imprevedibile», osserva Cestaro, tracciando una linea di contatto tra selvatici ed umani. «I virus sono programmati per sopravvivere con l’“ospite“. E possono essere, in determinate condizioni, fatali», ribadisce. Quasi superfluo ricordare gli anni del Covid e le mille spiegazioni scientifiche. «Anche per gli animali», spiega lo specialista, «valgono le medesime dinamiche. È probabilmente ciò che è accaduto al giovane lupo».


L'attenzione

Nessun allarme per ora, sul fronte della fauna selvatica. Resta semmai l’attenzione doverosa nei confronti «delle specie alloctone, quelle non presenti normalmente sul territorio. Possibili portatrici di agenti patogeni diversi, come accaduto di recente per i gabbiani», spiega il direttore del settore veterinario dell’Ulss 9. «Ed altrettanto vale», aggiunge, «per la “peste suina“, che colpisce anche i cinghiali, ormai presente in Lombardia. Situazioni che vanno tenute sotto stretto controllo». Cestaro conferma comunque il buono stato di salute ambientale nel Veronese, «con una presenza di specie che permette la diffusione dei carnivori, dalla volpe al lupo, ormai di casa ovunque anche se, per indole, poco visibile».
E sicuramente Vento non voleva essere visto. A poca distanza dal canale divenuto trappola c’era un pollaio, la sua possibile cena. Il resto è storia: l’incidente nel mondo degli uomini, i salvatori in divisa, la notte del ritorno alla vita selvaggia. E gli ultimi dieci giorni sulla montagna, prima di fermarsi a riposare, malato e troppo debole per cacciare. Libero.

Paolo Mozzo

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