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Amici di Noè

Gli negano l'adozione di un pitbull perché anni prima il figlio aveva problemi di droga

L’adozione, il preaffido, il colloquio preliminare con i volontari, ma il cucciolo di pitbull non è mai arrivato a destinazione. Il motivo? La scoperta, in seconda battuta, che la famiglia che lo voleva accudire sia composta da mamma e papà di un giovane che ha avuto problemi di tossicodipendenza. Nonostante il ragazzo non viva più con i genitori a Verona ma, dopo aver soggiornato nella nostra città per frequentare un corso di operatore sanitario, si sia trasferito altrove, per i volontari della Lega per la difesa del cane di Legnago il rischio resta troppo elevato.

«Mi sono sentito discriminato ingiustamente», dice Francesco (il nome è di fantasia). «Ho avuto una barboncina per 18 anni e poi un dogo argentino per 14 anni. Per educarlo avevo frequentato corsi di educazione cinofila. Il pitbull individuato a Castellammare del Golfo avrebbe avuto le stesse attenzioni. Crescendo con una famiglia premurosa ne avrebbe preso le abitudini e mi sconcerta che sia stato messo in discussione che il nostro non sia un ambiente equilibrato».

Il cucciolo di pitchow (razza ottenuta dall’incrocio tra pitbull e Chow Chow) proveniente dalla Sicilia dopo le prime interviste e la documentazione di preaffido si era già messo in viaggio, con tanto di spese di profilassi sanitaria pagate dai supposti padroni veronesi.

Circa un mese fa l’iter si è però bloccato, alla scoperta della presenza del giovane con problemi di dipendenza, a quanto pare risolti. «La vicenda mi ha indignato e offeso», insiste il signor Francesco, ancora in attesa del rimborso delle spese sostenute. «Ammiro le persone volontarie per la dedizione, ma non mi capacito di aver ricevuto una risposta negativa e discriminante per il passato di uno dei miei figli». Del resto, negli ultimi due anni, chi recupera i cani e li accoglie in rifugi e associazioni apposite dopo abbandoni o maltrattamenti, ha assistito a un’impennata di presenza di molossoidi, in particolare pitbull e discendenti dell’AmStaff.


«Dispiace per la vicenda e per il risentimento della famiglia, ma quando si intraprende il percorso del preaffido si è consapevoli che l’esito potrebbe risultare negativo», evidenzia Mariella Zamperlin, presidente della Lega del cane di Legnago e della Bassa Veronese. «Abbiamo già vissuto casi difficili e le perplessità del volontario che ha optato per il no sono comprensibili. Siamo stati contattati da Castellammare per valutare se il contesto familiare fosse adeguato e favorevole, a garanzia che il cane, quando non sarà più cucciolo, non possa diventare problematico o pericoloso. Se ciò accadesse i volontari che accettano l’affido ne sono responsabili. Ci sono sempre più pitbull abbandonati da chi non li sa gestire e per questo la legge - anche se non è questo il caso - ne vieta il possesso a chi ha avuto precedenti legali. Ci stiamo mobilitando perché, a livello regionale, diventi obbligatorio il patentino per chi adotta razze di molossoidi, selezionate per servire l’uomo in compiti che richiedono forza e resistenza».

«Negli ultimi due anni l'impennata di esemplari che discendono dall’AmStaff è stata davvero altissima, il loro numero è raddoppiato», dice Romano Giovannoni, presidente della sezione veronese dell’Enpa. «Sono cani creati dall’uomo per fare combattimenti e che, nonostante possano essere anche docili e buoni, hanno la necessità di determinate attenzioni. Spesso finiscono in mani giovani e inesperte che poi non li sanno gestire. Al rifugio al momento ne abbiamo una trentina su un totale di 120 cani. Neghiamo l’adozione a chi non abbia precedenti esperienze di cani e cerchiamo di avere la garanzia che chi li prende segua dei corsi di educazione cinofila, in attesa che venga approvato l’auspicato obbligo del patentino».

 

Chiara Bazzanella

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