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Cannabidiolo

Sale l'attesa per la sentenza del TAR per i prodotti legali derivati dalla Canapa

By Athesis Studio

Dopo le dure azioni contro gli imprenditori sia in Veneto che in tutta Italia, la controversa misura è stata bloccata. Ma la partita rimane aperta

Nel settembre scorso aveva fatto scalpore qui nel vicentino un’operazione della Guardia di Finanza che aveva portato al sequestro di un grande quantitativo di merce legata al mercato della canapa light, sia a Vicenza che nel comune di Malo. Un’iniziativa mirata a mettere in pratica il dettato di un nuovo decreto del governo Meloni contro la libera circolazione dell’olio al CBD in particolare.

Si tratta di una scelta che ha generato numerose critiche, soprattutto in virtù del fatto che è stata dettata dalla volontà di equiparare il prodotto alle sostanze stupefacenti: un’idea singolare, visto che nell’olio di CBD venduto dai cannabis shop nella quasi totalità dei casi non vi sono tracce di THC, la sostanza responsabile degli effetti psicoattivi della cannabis. A tal proposito si legga il contenuto sull’analisi del sangue e uso di droghe del blog di Justbob, piattaforma dedicata ai prodotti al CBD.

Ben presto, però, il TAR del Lazio si è mosso bloccando temporaneamente l’iniziativa del governo e facendo tirare un sospiro di sollievo agli imprenditori in tutta Italia. Ma la questione non si è ancora chiusa del tutto.

In questo articolo la ripercorriamo per analizzarne i punti principali e capire a che punto siamo.

Rivediamo brevemente i punti salienti del controverso decreto anti-CBD

Il Decreto Ministeriale del 7 agosto 2023 ha introdotto una modifica importante nella classificazione del CBD ad uso orale, riclassificandolo nella tabella dei medicinali contenenti sostanze stupefacenti. Questa decisione ha segnato una svolta nella normativa italiana riguardo al cannabidiolo, un composto derivato dalla cannabis, noto per le sue applicazioni terapeutiche e la sua mancanza di effetti psicoattivi significativi.

La mossa del Ministero ha messo in atto un approccio più restrittivo nei confronti dei prodotti a base di CBD ad uso orale. In particolare, il decreto ha specificato che tali prodotti potrebbero essere acquistati solo in farmacia, limitando così la loro disponibilità nei canali commerciali precedentemente utilizzati, come erboristerie e negozi specializzati.

Questa decisione è stata vista da tanti come un passo indietro rispetto alla tendenza europea e internazionale verso una maggiore accettazione e regolamentazione del CBD, piuttosto che la sua restrizione.

La giustificazione del Ministero per tale decisione si è basata su considerazioni di salute pubblica e controllo normativo. Tuttavia, è importante notare che questa mossa ha suscitato numerose critiche.

Gli oppositori del decreto, in particolare, hanno sottolineato che la classificazione del CBD come sostanza stupefacente va contro le raccomandazioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che ha escluso la cannabis per intero dalla sua lista delle sostanze pericolose. Inoltre, si è fatto notare come la decisione fosse in contrasto con la giurisprudenza europea che, in diverse occasioni, ha riconosciuto la sostanza come non stupefacente.

Le reazioni al decreto anti-CBD: un duro colpo all’imprenditoria del settore

Il decreto ha avuto un impatto immediato sul mercato dei prodotti a base di CBD, con un aumento di ispezioni e sequestri di prodotti (lo abbiamo accennato in apertura nel caso del vicentino), creando incertezze e difficoltà per gli operatori del settore. L'associazione Imprenditori Canapa Italia (ICI), rappresentante di un ampio spettro di attori nel settore, ha assunto un ruolo di primo piano in questa risposta, guidando l'opposizione al decreto.

ICI ha avanzato un ricorso formale contro il decreto presso il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio, sostenendo che il decreto fosse illegittimo sotto diversi aspetti.

Innanzitutto, l'associazione ha sottolineato l'assenza di un parere del Consiglio Superiore di Sanità, un organo consultivo fondamentale per tali decisioni normative in Italia. Questo aspetto ha sollevato questioni sulla validità procedurale del decreto stesso.

In secondo luogo, ICI ha contestato la classificazione del CBD come una sostanza stupefacente o psicotropa, citando quanto già spiegato nel paragrafo precedente riguardo la posizione degli organismi internazionali nei confronti di questa molecola.

ICI ha anche evidenziato gli effetti negativi del decreto sul settore, inclusi i danni economici causati da ispezioni e sequestri di merce, che hanno gravemente impattato gli operatori economici. La reazione dell'associazione riflette, insomma, non solo preoccupazioni legali, ma anche un appello più ampio per la tutela dei diritti degli imprenditori e dei consumatori nel mercato del CBD.

La decisione (ancora non definitiva) del TAR

La risposta del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio si è concretizzata nella sospensione temporaneamente dell'efficacia del decreto, una mossa che ha segnato un punto di svolta significativo nella controversia.

La decisione del tribunale si è basata su una valutazione attenta delle argomentazioni legali presentate da ICI. L’organo ha riconosciuto la necessità di un esame più approfondito della legittimità del decreto, soprattutto per quanto riguarda l'assenza del parere del Consiglio Superiore di Sanità e la contestata classificazione del CBD come sostanza stupefacente. La sospensione temporanea del decreto è stata vista come una misura cautelare, necessaria per prevenire danni irreparabili agli operatori del settore nel periodo precedente a una decisione definitiva.

Inoltre, il TAR ha preso in considerazione gli impatti economici e sociali del decreto, evidenziando i gravi danni che le restrizioni imposte avevano già causato al settore del CBD in Italia.

Questa sospensione ha permesso ai prodotti a base di CBD ad uso orale di tornare in vendita nei canali commerciali precedentemente utilizzati, come erboristerie e negozi specializzati, evitando ulteriori sequestri.

La vicenda, però, non si è ancora conclusa.

La decisione temporanea del TAR, infatti, sarebbe dovuta essere discussa dallo stesso tribunale in una seconda udienza che era stata fissata per il gennaio scorso. Tuttavia, tale sessione è stata rinviata di ben 8 mesi, per cui arriveremo ad avere una risposta definitiva solo a settembre di quest’anno.

Quale che sarà la scelta del TAR, ci auguriamo che venga presa una posizione definitiva e che questa posizione sia armonizzata al livello legislativo una volta per tutte. In questo modo gli imprenditori vicentini, e non solo, avranno un chiaro panorama normativo nel quale agire e non dovranno temere repentine modifiche alla legge con conseguenti azioni repressive nei loro confronti.