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Commercio online: come gestire gli aspetti fiscali e burocratici

By Athesis Studio

Gli ultimi dati disponibili parlano di oltre 33 milioni di italiani che acquistano online abitualmente: non è difficile rendersi conto, così, delle grandi opportunità di guadagno che vengono oggi dal commercio digitale anche ai business più tradizionali che, grazie alla Rete, possono raggiungere nuovi segmenti di consumatori oltre che “fidelizzare” i propri clienti storici. Il contraltare sono, però, aspetti fiscali e burocratici con cui chi voglia aprire un negozio virtuale e sia stato fin qui lontano dal mondo dell’e-retail deve imparare a familiarizzare: ecco, allora, una breve guida a cosa serve per aprire un e-commerce in Italia e come gestirlo perché sia a norma.

Come aprire un e-commerce “a norma” e gestirne gli aspetti finanziari

L’ultimo intervento normativo sull’e-commerce in Italia risale al 1998 ed è quello che lo equipara, essenzialmente, alla vendita per corrispondenza: la conseguenza più diretta è che regime fiscale e adempimenti burocratici per aprire un negozio virtuale sono esattamente quelli a cui devono attenersi gli altri commercianti. Con un’unica eccezione che riguarda, per altro, uno dei dubbi più comuni in materia: diversamente da come avviene per il commercio fisico, si può vendere online senza aprire una partita IVA, ma solo occasionalmente e se l’attività non ha alcuna forma di regolarità e sempre comunque emettendo una ricevuta in cui siano indicati i dettagli della transazione (dati personali, tipo di oggetto venduto, importo ricevuto, eccetera). In altre parole? Si può vendere online da privati, senza particolari adempimenti burocratici da assolvere, sfruttando marketplace come Amazon o eBay.

Diversamente, per mettere in piedi un vero e proprio shop online, il primo passo da compiere è aprire una partita IVA, dopo aver scelto che forma dare alle propria attività (in genere quella di ditta individuale) e a che regime fiscale far riferimento (se non si prevede un fatturato superiore a 65 mila euro / anno per i primi anni di vita di un e-commerce, è sicuramente preferibile il regime forfettario).

A questo punto, prima di poter effettivamente vendere online, bisogna compilare e inviare al proprio Comune di riferimento la dichiarazione di inizio attività (SCIA); iscriversi al Registro delle Imprese e al REA della Camera di Commercio competente per il proprio territorio e finalizzare l’iscrizione alla Gestione Commercianti dell’INPS. Questi adempimenti possono essere espletati tramite una sola pratica, la cosiddetta Comunicazione Unica (o ComUnica), da trasmettere agli enti interessanti per via telematica, con l’aiuto di Fiscozen o, ancora, di altri servizi digitali simili che fungono da veri e propri assistenti fiscali per imprese e liberi professionisti, che chi ha aperto un e-commerce può sfruttare a proprio favore, soprattutto in un secondo momento, per l’emissione delle fatture e la loro conservazione a norma, per la rendicontazione e per gestire in maniera più veloce e snella la contabilità, oltre che impostando notifiche e promemoria riguardo alle varie scadenze fiscali.

In via del tutto generica, per altro, gli step elencati fin qui per l’apertura di un e-commerce sono anche quelli che consentono di vendere all’estero e nei Paesi extra UE, con l’unica accortezza di dover applicare alle proprie vendite, soprattutto quando le stesse superano uno valore soglia, l’IVA del paese di destinazione.