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Uccisero il gioielliere Inflitti due ergastoli

PADOVA. La Corte d'Appello aggrava la pena. «Questa è giustizia»
Trent'anni in primo grado per la tragica rapina ai Piras ad Abano. La banda catturata dai Cc di Vicenza

 Il luogo della tragica rapina
Il luogo della tragica rapina

 Il luogo della tragica rapina
Il luogo della tragica rapina

PADOVA
«Finalmente. Questa è giustizia». A quattro anni dalla tragica rapina di Abano, i famigliari di Gianfranco Piras, il gioielliere ucciso dai banditi, si sono riconosciuti in una sentenza dei giudici. È quella della corte d'Appello di Venezia, che ha condannato all'ergastolo Fabiano Meneghetti, 33 anni, di Bovolenta, e a Fabrizio Panizzolo detto Bicio, 37, di Campolongo. Entrambi erano ricorsi in appello dopo che nel febbraio dello scorso anno il tribunale di Padova aveva inflitti a ciascuno 30 anni di carcere, ma i giudici veneziani sono stati ancora più severi. Dovranno pagare una provvisionale alla famiglia di 700 mila euro. Ricorreranno in Cassazione.
La sentenza arriva dopo le polemiche per i 30 anni comminati a Michele Fusaro, il falegname di Bassano che aveva sequestrato e ucciso Iole Tassitani.
Panizzolo e Meneghetti erano accusati dell'omicidio del gioielliere Piras, durante una rapina al suo negozio di Abano, il 19 luglio 2005. Della banda assassina, che venne arrestata dai carabinieri del nucleo investigativo di Vicenza guidato dal tenente Ghinelli e dal luogotenente Ferrante, facevano parte anche Emanuele Crovi, che morì durante l'agguato, e Maich Gabrieli, che si pentì e che sta scontando 13 anni di cella.
L'orefice fu ucciso a colpi di kalashnikov, e la tragedia suscitò orrore, anche perché avvenne a metà pomeriggio in centro al paese, nella zona del passeggio dei turisti termali. I banditi non si fecero scrupoli a far fuoco quando videro che Piras voleva difendersi.
I due assassini erano accusati non solo del colpo ad Abano e dell'omicidio di Piras ma anche di associazione a delinquere finalizzata allo svolgimento di altre 14 rapine commesse nell'arco di otto mesi tra le province di Padova, Vicenza, Treviso e Venezia. Dovevano inoltre rispondere di detenzione e porto di armi da guerra, e di sequestro di persona (di impiegati o commessi di banche o supermercati presi di mira).

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