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Veneto

Siccità, il Veneto scrive il maxi-piano per salvare i campi

Varato il documento che fotografa emergenza e risposte. Anbi indica 99 opere per trattenere l’ acqua qui: servono 807 milioni.

Perdiamo acqua da decenni. Non tanto perché piove meno, ma perché piove sempre peggio - tanto, in poco tempo - e quest’acqua la lasciamo sempre fuggire a mare. Cosa costa tutto questo per l’attività agricola è presto detto e l’ha appena messo nero su bianco la Regione assieme ai consorzi di bonifica riuniti nell’Anbi: per far fronte a un quadro di siccità per un calo di risorsa serve un elenco lungo così di opere per 2,5 miliardi.

Basso vicentino e a sud di Bassano le zone più a rischio

Non solo: di fronte a un’eventuale stagione da siccità prolungata, con poche piogge e laghi, bacini e corti d’acqua ai minimi termini, ci sarebbero zone più esposte alla sofferenza idrica - ad esempio Basso Vicentino e zona a sud di Bassano - e ci vorrebbe una valanga di opere per ben 13 miliardi. Ma queste sono cifre astronomiche che servono solo a farsi un’idea dei nostri guai. La verità del “Quadro conoscitivo sui bacini in cui invasare la risorsa idrica” che è stato reso ufficiale dalla Regione è che c’è un primo elenco di 99 opere, tutte proposte dai consorzi di bonifica, che ha bisogno di 807 milioni di euro. E che va realizzato, perché permetterebbe almeno di arginare i danni da siccità che ci troviamo di fronte.

Dopo l'emergenza dell'anno scorso commissionato uno studio all'Anbi

I mesi terribili per il Veneto, come noto, sono stati quelli della primavera-estate scorsa. Tanto che la Regione in agosto decise di preparare uno “strumento strategico” e affidò un incarico da 35 mila euro ad Anbi Veneto (coi suoi 11 Consorzi di bonifica), per elaborare un quadro complessivo del problema e delle soluzioni possibili. Pochi giorni fa, a fine febbraio, il documento è stato ufficializzato sul Bollettino della Regione, proprio a ridosso del summit convocato a Roma dal Governo con l’ipotesi di nominare commissari che accelerino proprio l’esecuzione di opere anti-crisi. Opere che quindi il Veneto ha già indicato. Perché la nostra regione ha un ricco serbatoio di falda acquifera profonda che si sta riducendo da 60 anni a questa parte, soprattutto con l’aumento dei prelievi a uso civico e aziendale, e invece non è ricca di laghi di montagna che accumulino la neve sciolta: deve far conto su quelli trentini e bolzanini. Però sempre più spesso nascono tensioni perché Trento e Bolzano con quei bacini producono anche energia elettrica, altrettanto preziosa specie ora. Morale: c’è da far fronte alle esigenze di un vasta area di 620 mila ettari veneti dedicati all’agricoltura, e di questi sono ben 500 mila gli ettari che usano l’irrigazione.

Individuate le tipologie di opera più utile in questo momento

Da aprile a settembre ogni ettaro di campo irrigato si “beve” da mezzo litro a 1,5 litri al secondo di acqua. E poi c’è tutta la vasta area di “irrigazione di soccorso” dove l’acqua deve essere fatta arrivare proprio quando ci sono crisi da secco. Questo significa che i consorzi di bonifica utilizzano ben 817 diverse fonti di acqua per muovere 3,5 miliardi di metri cubi l’anno destinati ai loro 137 distretti irrigui: riescono a farne arrivare “netti” sui campi 2,6 miliardi di metri cubi. Ma le previsioni dicono che si rischia di avere di fronte periodi in cui “spariranno” da 0,8 a 1,6 miliardi di metri cubi di acqua. E il corposo lavoro realizzato da Anbi Veneto fa prima di tutto un elenco di “tipologia di opere” a cui si può ricorrere per far fronte alle nuove esigenze dell’agricoltura veneta che si dedica soprattutto a colture seminative (mais, soia, ecc.) e poi a vitigni, orto-frutta e foraggio. Primo, le cave dismesse dell’alta pianura “non in falda”. Poi le cave dismesse della media pianura che si trovano “in falda” essendo state scavate fino a poter toccare il livello della risorsa idrica del sottosuolo. Poi i bacini di accumulo: opere del tutto nuove. Poi quelli da realizzare anche come opere di laminazione delle piene. Poi i bacini “distrettuali” (o comiziali) alimentati dalle reti di irrigazione, e quelli inter-aziendali e aziendali.

Con la siccità la crisi ci sarebbe anche con le nuove opere

Come detto, il quadro elaborato da Anbi calcola la situazione da affrontare nella situazione attuale, ma anche in un paio di scenari di siccità forte o addirittura quasi estrema. Come detto, oggi i 137 distretti dei consorzi di bonifica forniscono circa 2,6 miliardi di metri cubi di acqua a 500 mila ettari di terreni coltivati. Escludendo i progetti di ricarica della falda (vedi a parte), mettendo assieme i 99 bacini proposti tra ex cave e altro si arriva a una capacità di 85 milioni di metri cubi di acqua: in una stagione potrebbero fornire circa 850 milioni di metri cubi di acqua. E per realizzare queste opere servono comunque 807 milioni di euro. Ma attenzione: di fronte a un quadro di stagione siccitosa, queste opere coprirebbero neanche la metà del fabbisogno d’acqua, per cui il documento indica anche la necessità di realizzare altri 1.084 bacini aggiuntivi, accumulando acqua dalla rete di canali irrigui. E in caso di scenario di siccità quasi estrema ne occorrerebbero 6.500, di questi bacini anche aziendali. Il tutto con costi ultra-miliardari. Meglio sbrigarsi, intanto, a recuperare gli 800 milioni che servono almeno per realizzare il “quadro” delle 99 opere già proposte. E non per niente il presidente veneto Luca Zaia invoca «una strategia a livello nazionale», con le relative risorse, e plaude all’annuncio di un futuro commissario nazionale.

Piero Erle

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