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«Regione-Ministero, faccia faccia sui Pfas»

Striscioni e slogan dei  genitori del comitato “No Pfas” in zona rossa
Striscioni e slogan dei genitori del comitato “No Pfas” in zona rossa
Striscioni e slogan dei  genitori del comitato “No Pfas” in zona rossa
Striscioni e slogan dei genitori del comitato “No Pfas” in zona rossa

Il problema c’è. I rimpalli di responsabilità anche. Le difficoltà nell’affrontare per la prima volta «il più grave episodio di contaminazione dell’acqua da Pfas» sono comprensibili. Adesso però le Mamme No Pfas-Genitori attivi della zona rossa, il Coordinamento acqua libera dai Pfas, i circoli di Legambiente di Cologna Veneta e Verona hanno deciso di invitare ad un confronto, «una tavola rotonda», per chiarire interrogativi ancora in sospeso. E magari facilitare il dialogo tra istituzioni, spesso ingarbugliate dalla burocrazia, mettendo tutti davanti all’unico obiettivo che non deve conoscere colori politici: la tutela della salute. L’invito è rivolto a Regione, ministero dell’Ambiente e Veneto Acque.

LE DOMANDE. Sono sei i punti che i vari comitati di residenti della zona rossa, la più contaminata dalle sostanze perfluoro-alchiliche, vogliono avere risposte. Primo. Tempi e metodi per l’eliminazione del «fulcro» della contaminazione della falda, cioè la ditta Miteni spa di Trissino. «A nostro avviso - si legge - qualsiasi persona di buonsenso sarebbe in grado giudicare l’attuale “messa in sicurezza”, la barriera idraulica, solo come un’azione obbligatoria per legge. Ma niente ha a che vedere con la bonifica della falda: serve prendere decisioni urgenti». Secondo. Abbassamento dei limiti a livello nazionale. Scrivono: «I Pfas, interferenti endocrini, sono ubiquitari; è necessario produrre una normativa che ne proibisca l’immissione nell’ambiente». Terzo. «L’installazione dei filtri dal 2013 è stata definita provvisoria. Salvo poi potenziarli per ottenere migliori performance. Vogliamo - si legge - che questo non rappresenti un modello definitivo». Quarto. Sui nuovi acquedotti, «i rimpalli di responsabilità sulla qualità dei progetti presentati e il procrastinarsi dei finanziamenti è deludente e rivela una mancanza di dialogo tra le istituzioni. Abbiamo il diritto di avere acqua pulita». Quinto. I comitati chiedono che sia reso pubblico lo studio completo sul monitoraggio degli alimenti, «comprensivo di geo-localizzazione dei campioni e del nome delle aziende coinvolte. Le rassicurazioni delle istituzioni, poi, non ci tranquillizzano: gli alimenti devono essere a Pfas zero come le fonti idriche. È paradossale poi imporre restrizioni nel consumo di pesce pescato in zona rossa, come se il pesce ne rispettasse i confini». Infine, sesto, si chiede chiarezza sulla plasmaferesi e i tempi definiti per l’estensione dello screening ai minori di 14 anni. I gruppi poi chiedono replica rispetto alle dichiarazioni del presidente dell’Iss, Walter Ricciardi, secondo cui «la plasmaferesi, una sorta di pulizia del sangue che la Regione ha messo gratuitamente a disposizione di chi la richiede, è un intervento invasivo che non ha evidenze scientifiche: sottoporre le persone a tale trattamento espone anche a rischi medico-legali».

LE RISPOSTE. L’assessore regionale all’ambiente, Gianpaolo Bottacin, a cui è stato rivolto l’invito, non ha dubbi: «Ho già presenziato a decine di confronti organizzati da associazioni e comitati. Francamente sono disponibile, ma solo se al tavolo verrà il mio corrispondente, quindi il ministro Gian Luca Galletti. Non esiste, come accaduto in passato, che poi mi trovi come interlocutori dei tecnici del ministero. Quindi, sono totalmente aperto a un confronto, ma solo con Galletti, anche subito. Ma niente tecnici o sottosegretari». La stessa richiesta è stata girata al sottosegretario del ministero dell’Ambiente, la padovana Barbara Degani: «Confermo la mia disponibilità a intervenire. Se verrò invitata sicuramente presenzierò».

Cristina Giacomuzzo

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