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Il dramma a Verona

«Poteva tornare in Comunità». Ma si è tolta la vita in carcere

In un biglietto si scusa con il fidanzato Leo, aveva trovato l’amore e temeva di perderlo
Giovane Donatela aveva 27 anni, originaria dell’Albania viveva a Verona, si è suicidata in cella
Giovane Donatela aveva 27 anni, originaria dell’Albania viveva a Verona, si è suicidata in cella
Giovane Donatela aveva 27 anni, originaria dell’Albania viveva a Verona, si è suicidata in cella
Giovane Donatela aveva 27 anni, originaria dell’Albania viveva a Verona, si è suicidata in cella

Un passato segnato dalla dipendenza da stupefacenti e da numerosi furti, Donatela, nata in Albania nel 1994, gli ultimi sei anni li ha trascorsi dentro e fuori dal carcere. Dal 2016 era stata arrestata più volte, il reato più grave una rapina impropria e ritenuta dal gip una donna con «una personalità allarmante sotto il profilo della pericolosità sociale». Quello era il suo passato, reati non gravi ma la norma sulla recidiva non concede sconti e gli anni di carcere aumentano.

Il suo presente invece era la sezione femminile della casa circondariale di Montorio (Verona), un presente fragile, contraddistinto probabilmente dalla paura di non riuscire a farcela. La conoscevano tutti, l’avevano aiutata a cercare di uscire da quel tunnel troppo spesso buio, dove la luce rischia di allontanarsi ogni giorno. Venerdì mattina aveva incontrato il suo legale, Simone Bergamini, aveva fretta di uscire, di tornare in comunità per disintossicarsi, nella struttura dalla quale era scappata un paio di mesi fa. Ma l’avrebbero ripresa. Ci sarebbe riuscita, doveva solo aspettare qualche settimana, resistere, perché nonostante quella fuga la disponibilità nei confronti di Donatela da parte dei servizi sociali e del Ser.D. era massima. Al rientro in carcere era stata inserita nel programma lavoro, nella sezione dedicata al confezionamento di marmellate, un progetto nuovo, al femminile.

«Le ho parlato, non ho percepito la benché minima intenzione di porre fine alla sua vita, aveva fretta di uscire per andare a vivere con Leo». Parla poco l’avvocato, da anni membro dell’Osservatorio nazionale carceri e quindi a conoscenza dei disagi dei detenuti e particolarmente attento ai «segnali», a frasi che possano far pensare a un gesto estremo.
«Le avevo spiegato che sarebbe stata accolta di nuovo in comunità, doveva solo avere un po’ di pazienza perché si stavano interessando tutti, a tutti i livelli».

Lunedì mattina ha visto il suo fidanzato, poi la notte, nella cella in cui era sola, ha messo in atto quello che aveva probabilmente progettato. Si è rannicchiata sul letto, come se stesse dormendo, ma aveva un sacchetto intorno alla bocca e ha aspirato il gas della bombola del fornelletto. Nessuno, vedendola, avrebbe potuto immaginare.

Martedì mattina l’agente ha bussato alla porta alle 7.30 perché alle 8 aveva la terapia, si stava disintossicando. Mezz’ora dopo è ripassato, non si era alzata e ha aperto la porta per dare l’allarme. Donatela era immobile, probabilmente morta da diverso tempo ma a stabilire l’ora del decesso sarà l’autopsia: ieri mattina il pm Beatrice Zanotti ha affidato l’incarico al medico legale, la dottoressa Giovanna Del Balzo.

Un animo tormentato e reso fragile forse dalla paura per una relazione affettiva nata da poco ma che si era trasformata in un legame profondo con un ragazzo, Leo. E probabilmente per lei la convinzione di non riuscire ad avere o quanto meno ad intravvedere un futuro insieme al giovane al quale era legata, ha avuto il sopravvento.

Quella paura e la richiesta di essere perdonata che ha scritto in un biglietto in cui esprime l’amore per la madre, in cui parla del rapporto con il padre e dedicato soprattutto a lui, a Leo, con il quale si scusa. Raccomandandogli di essere forte.
Una vita al limite, avrebbe dovuto e voluto fare l’estetista, era una bella ragazza ma a 21 anni aveva già avuto qualche problema con la giustizia. Furti in negozio, solitamente accompagnata da qualche amico, per procurarsi denaro destinato all’acquisto di stupefacenti.

Troppe volte era stata arrestata e per questo il Questore aveva disposto il divieto di dimora a Verona. Non avrebbe potuto nemmeno passeggiare in città ma il 13 agosto 2020 l’episodio più grave, qualcosa di diverso dal furto di un portafoglio o di confezioni di profumo. Quel giorno cercò, riuscendoci, a strappare la borsa a una signora che stava passeggiando in compagnia di un’amica. La vittima cercò di opporsi e le inseguì ma la reazione di Donatela fu particolarmente violenta e la fece cadere a terra.
Rapina l’accusa e 4 mesi dopo, anche alla luce dei precedenti, la Procura chiese ed ottenne l’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare a suo carico, ritenendo che una misura diversa, ovvero i domiciliari con braccialetto elettronico, non avrebbero impedito la commissione di altri reati.

Ma era cambiata, era uscita e andata in comunità terapeutica, da lì si era allontanata e per questo era tornata in cella. Ma aveva conosciuto un ragazzo, si era innamorata. «Forse siamo impreparati, forse per certi casi servirebbero più contatti con gli psicologi», conclude Bergamini. Donatela aveva fretta, voglia di un futuro diverso. Ma la paura di fallire ha avuto il sopravvento.

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Fabiana Marcolini

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