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Veneto

Pfas, sulle cure
nuovo scontro
Governo-Regione

Il ministro Lorenzin boccia la plasmaferesi: «Sconsigliata»
Una procedura di plasmaferesi. ARCHIVIO
Una procedura di plasmaferesi. ARCHIVIO
Una procedura di plasmaferesi. ARCHIVIO
Una procedura di plasmaferesi. ARCHIVIO

ROMA/VENEZIA. Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin cassa l'uso della plasmaferesi come mezzo per ridurre la presenza dei Pfas nel sangue delle persone residente nell'area che si trova a fare i conti con la presenza nell'acqua e nell'ambiente delle sostanze perfluoro-alchiliche. Un problema che interessa un'ampia zona veneta tra Vicentino, Veronese e Padovano, con 21 Comuni e circa 85 mila persone potenzialmente coinvolte (in base però ai risultati dello screening a cui si devono essere sottoposte).

Nell'ambito del question-time svoltosi ieri pomeriggio alla Camera, il ministro Lorenzin ha risposto ad un'interrogazione che aveva come prima firmataria la parlamentare democratica veronese Alessia Rotta (e con lei i deputati Giulia Narduolo, che ha introdotto la domanda a risposta immediata, e Diego Zardini) aprendo così la porta all'ennesimo scontro sul tema Pfas fra Governo e Regione.

 

«La plasmaferesi è una terapia fortemente invasiva e la Regione Veneto prima di sottoporre le persone a questo trattamento per agire contro gli agenti inquinanti chimici Pfas e Pfoa trovati nel sangue dei cittadini, avrebbe dovuto procedere ad una preventiva sperimentazione, in particolare nei confronti dei bambini e degli adolescenti, maggiormente esposti a possibili conseguenze dannose per la salute», ha detto il ministro. Lorenzin ha aggiunto che «non risultano evidenze scientifiche né specifiche raccomandazioni sulla possibilità di rimuovere Pfas e Pfoa attraverso l’uso della plasmaferesi. Anzi, le più recenti linee guida non includono questi contaminanti tra gli agenti inquinanti che possono essere rimossi con questa tecnica. Il ricorso alla plasmaferesi è fortemente sconsigliato proprio in quelle situazioni in cui si registra una specifica tipologia di inquinamento ambientale».

 

Sulla procedure di plasmaferesi offerte in Veneto alle persone coinvolte nell’inquinamento da Pfafs (sostanze perfluoroalchiliche) la Regione precisa che «il Ministero e l’Istituto Superiore di sanità sono stati informati dal 4 luglio, senza comunicare contrarietà». La Direzione Regionale Sanità del Veneto, in una nota, precisa che «la possibilità di utilizzare la plasmaferesi per la disintossicazione del sangue dalla presenza di Pfas, offrendo tale terapia ai cittadini, è stata comunicata preventivamente al Ministero della Salute con lettera a firma del Direttore Generale Domenico Mantoan in data 4 luglio 2017, con allegate le delibere nr.851/2017 e 854/2017. Nessuno, fino a oggi, ha segnalato alcuna controindicazione né la necessità di una sperimentazione preventiva». «La procedura - aggiunge - è  stata avallata dagli esperti della sanità regionale con valutazioni favorevoli e scientificamente documentate, pressochè opposte rispetto a quelle esternate oggi dal Ministro, nonché autorizzata dal Comitato Etico Regionale del Veneto». La Direzione sanitaria del Veneto sottolinea che «la plasmaferesi offerta ai cittadini con i maggiori tassi di inquinamento del sangue è già stata eseguita su 106 pazienti adulti (nessun bambino o adolescente) che l’hanno richiesta, con ottimi esiti di diminuzione della presenza di Pfas e senza che si sia verificato alcun effetto collaterale».

 

Sulla vicenda è intervenuto anche il Centro Nazionale Sangue - Istituto Superiore di Sanità, precisando che non ci sono consolidate evidenze scientifiche sull’uso della plasmaferesi per la rimozione dei Pfas dal sangue. «Si premette che la plasmaferesi terapeutica è uno strumento non selettivo di rimozione dal plasma di diverse sostanze - precisa il Cns -. Recenti linee guida (American Society for Apheresis, 2016) sull’impiego dell’aferesi terapeutica nella pratica clinica non includono specificamente la rimozione dei suddetti contaminanti, o simili, tra le indicazioni basate su (consolidate) evidenze scientifiche. Inoltre la sopra citata linea guida attribuisce un livello debole di raccomandazione all’impiego della plasmaferesi terapeutica per il trattamento degli avvelenamenti o per la rimozione delle sostanze tossiche dal plasma». «L’uso della tecnica - conclude il Cns -, che si ricorda è invasiva, è quindi da considerarsi sperimentale e al momento non è supportata da adeguate evidenze scientifiche». 

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