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Pfas e tiroide Prime ecografie: sospetti in una su 5

Un’ecografia alla tiroide
Un’ecografia alla tiroide
Un’ecografia alla tiroide
Un’ecografia alla tiroide

Pfas e screening alla tiroide: ci sono già i primi risultati. In quattro mesi, da marzo a giugno, delle 231 donne fra 21 e 30 anni invitate ad eseguire un’ecografia all’ospedale di Lonigo se ne sono presentate 179: il 77,5%. Ebbene, per 145 dei 179 casi analizzati, l’81%, il referto ecografico è negativo, mentre per altre 34, il 19%, l’esito è patologico o dubbio, e quindi il responso è sospetto. Per queste donne, tutte residenti nei Comuni vicentini dell’area rossa, la più a rischio della geografia dei veleni Pfas, sono stati subito richiesti esami emato-chimici per approfondire la causa delle alterazioni riscontrate alla tiroide, e, poi una successiva visita internistica di secondo livello in base al protocollo stabilito dalla Regione. E, anche qui, si hanno le prime risposte. In 10 casi si continuerà ad indagare. Sette ragazze sono state inviate all’unità dipartimentale di endocrinologia di Montecchio Maggiore per l’agoaspirato, una nuova visita super-specialistica e l’eventuale presa in carico. Altre tre effettueranno lo stesso iter a Noventa. Per le restanti 5 utenti cessato pericolo e lettere di accompagnamento al medico curante. IL TEAM. Va avanti l’indagine a tappeto dell’Ulss 8 per accertare la possibile connessione fra Pfas, anomalie ormonali e tumori alla tiroide. La regia è del direttore dei servizi sociali dell’Ulss Giampaolo Stopazzolo. È lui, come responsabile della campagna di sorveglianza anti-Pfas messa in atto dal 2017 dall’Azienda Berica, a coordinare l’operazione voluta da Venezia per esplorare le possibili conseguenze causate dai Pfas alla tiroide nelle donne rimaste esposte più a lungo nella zona rossa delle falde inquinate dai veleni chimici di natura perfluoro-alchilica. «Nel Vicentino - spiega - è emerso un preoccupante numero di casi di ipotiroidismo fra le donne giovani. La prevalenza è del 6% contro il quasi l’1% dei maschi. È una situazione singolare che può non dipendere dai Pfas. Non esiste allo stato attuale alcuna dimostrazione. È anche vero, però, che questo fenomeno si accentua in tutta la zona rossa per cui non si può non sottovalutare l’ipotesi che una condizione del genere rappresenti un fattore di rischio». Gli altri protagonisti di questo screening mirato al femminile sono la dottoressa Silvia Vittorii responsabile dell’organizzazione operativa per i controlli-Pfas che si svolgono a Lonigo, il dott. Giovanni Scanelli primario di medicina generale al San Bortolo che con la sua esperienza di endocrinologo ha il compito di valutare i singoli casi. Il percorso prevede la collaborazione all’ospedale di Montecchio dell’endocrinologa Simonetta Lombardi, del chirurgo Raffaele Gianesini al San Lorenzo di Valdagno e del primario di otorino Roberto Saetti al San Bortolo per l’eventualità di interventi in sala operatoria, nonché sempre a Vicenza del primario Andrea Lupi per terapie di medicina nucleare. CIRCA 2200 ESAMI. Le donne sotto esame sono quelle che, agli esami di primo livello, hanno fatto registrare concentrazioni eccessive di Pfoa e Pfos, partendo dalle ragazze nate nel 1998 con Tsh (l’ormone-spia della corretta funzionalità della tiroide) alterato, ma lo screening verrà esteso pure alle quote rosa coetanee con tireostimolante nella norma. Si è anche deciso di reclutare per prime le 1355 donne dell’Ulss 8 residenti fra Alonte, Asigliano, Brendola, Lonigo, Noventa, Orgiano (che potrebbe averne 100 in più), Pojana Maggiore, Sarego. Si continuerà, poi, con le 225 residenti dell’Ulss Euganea (Montagnana) e le 466 dell’Ulss Scaligera (Cologna, Pressana, Roveredo di Guà, Zimella) per un totale, alla fine, di 2 mila 146 ecografie. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Franco Pepe

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