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Miteni, altra tegola La Provincia blocca canalette e bacini

L’esterno della ditta di Trissino Miteni al centro del caso Pfas
L’esterno della ditta di Trissino Miteni al centro del caso Pfas
L’esterno della ditta di Trissino Miteni al centro del caso Pfas
L’esterno della ditta di Trissino Miteni al centro del caso Pfas

Il cerchio si stringe sulla Miteni. Ieri la Provincia ha emesso una nuova diffida nei confronti della società di Trissino al centro del caso Pfas, le sostanze perfluoroalchiliche che hanno contaminato la falda sotterranea e il sangue dei residenti di mezzo Veneto. Il provvedimento, firmato dal dirigente del settore Ambiente di palazzo Nievo, Angelo Macchia, riguarda la sospensione dell’attività, con l’obbligo di mettere in sicurezza, una serie di «elementi di protezione» che sono risultati non perfettamente funzionanti. Si tratta di una nuova tegola per la ditta chimica che ora dovrà provvedere alla sistemazione e al collaudo. IL REPORT. La Provincia, come noto, aveva emesso già altre due diffide lo scorso luglio a seguito del ritrovamento in falda di due sostanze: si chiamano GenX e C6O4 che altro non sono che Pfas a catena corta, cioè di nuova generazione. La Provincia ha obbligato l’azienda a sospendere l’attività in quelle parti di impianto che le utilizzava (vale circa il 10% dell’attività totale della società) e ha poi chiesto di trovare le falle. Miteni ha fatto eseguire una lunga serie di accertamenti. Una seconda parte è ancora in corso. L’esito della prima parte invece è finita sul tavolo della Provincia. Nella relazione si legge: «La prova di tenuta su tre pozzetti, due canalette e cinque bacini di contenimento sono risultate negative». Si tratta di elementi che fanno parte di un sistema di prevenzione che raccoglie quanto incidentalmente sversato in fase di lavorazione per convogliarlo alla depurazione. Insomma, una prima misura di contenimento contro eventuali perdite. SEVESO E PRECAUZIONE. Quella relazione è stata oggetto, a metà settimana, anche di una riunione del Comitato Seveso presso la Direzione interregionale dei vigili del fuoco a Padova. In quella sede i tecnici hanno fatto presente che, per quanto GenX e C6O4 non rientrino nell’elenco delle sostanze a rischio di incidenti rilevanti, il problema c’è. Nel senso che la Miteni produce e tratta elementi contenuti nella direttiva che sono altamente pericolosi, e quindi, per il principio di precauzione, i pozzi e i bacini risultati non a norma non dovrebbero esserci, a prescindere. La Provincia, inoltre, non ha potuto verificare se si tratta di elementi in disuso o meno: nella relazione di Miteni, giudicata fin troppo analitica, non è specificato nulla a riguardo. Palazzo Nievo quindi, in sintonia con i tecnici della Commissione Seveso e con l’Arpav regionale, ha emesso una nuova diffida. Questo perché, si legge nel documento spedito ieri a Trissino, «ancora non sono state individuate le cause della presenza di GenX e C6O4 in falda e nel terreno». Quindi «la mancata tenuta di questi elementi potrebbe essere, specialmente in caso di incidente, la via per il rilascio di sostanze nella falda sotterranea». La tenuta di questi pozzi e bacini di contenimento insomma non è garantita e per questo la Provincia ordina di non utilizzarli, di metterli in sicurezza e ripristinarli «fino alla perfetta tenuta attestata da un collaudo che dovrà essere eseguito da tecnico competente e verificato da Arpav» dandone notizia anche al Comune, al ministero dell’Ambiente e all’Ulss della zona. ALTRI PROVVEDIMENTI. Commenta Matteo Macilotti, consigliere delegato per l’Ambiente della Provincia di Vicenza: «C’è la massima attenzione della Provincia su questo caso e il provvedimento emesso ora a tutela dell’ambiente e della sicurezza, ne è la prova. Del resto, a seguito della relazione che ci è pervenuta da Miteni, non avevamo scelta. Il report evidenziava delle problematiche di tenuta non tanto sull’impianto in sé, ma sul primo sistema fognario di sicurezza e quindi è necessario sospendere l’attività produttiva per quella parte che fa riferimento agli elementi non funzionanti. Siamo ora in attesa di una nuova relazione di Arpav a seguito della quale potrebbero arrivare ulteriori provvedimenti». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Cristina Giacomuzzo

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