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L'analisi

Medicina di base. «Nel Vicentino 150 zone carenti»

Più di 100 zone carenti nell’Ulss 8 e 46 nell’Ulss 7 Pedemontana. Se non è una Caporetto per la medicina di base, poco ci manca. Almeno, secondo l’analisi dei pensionati della Cgil Spi del Veneto, che hanno diffuso la loro “fotografia” della situazione sui dati dell’Ires. Una foto che definire “a tinte fosche” è riduttivo, anche se da giugno ad agosto di quest’anno è stato possibile apprezzare un piccolo miglioramento. Nemmeno a dirlo è il capoluogo, con 20 aree carenti a soffrire di più in valore assoluto ma anche le 6 aree attorno a Bressanvido e Dueville non scherzano. Per restare in Ulss 8, la Valle dell’Agno non ride con sette aree carenti ma anche le sei zone carenti attorno ad Agugliaro fanno suonare un campanello d’allarme. Nella Pedemontana, l’area Bassanese la fa da padrona con 5 aree “rosse”, così come il comprensorio di Schio.

A livello veneto, «dal report emerge in modo chiaro come la questione sia davvero urgente. Le zone carenti di medici di base sono passate dalle 343 del 2019 alle 639 di adesso (nel 2021 erano 561), lasciando di fatto “scoperti” centinaia di assistiti, soprattutto anziani. A inizio 2022 in Veneto c’erano 2.826 medici di famiglia in servizio, 1.519 pazienti per medico (quando il rapporto ottimale sarebbe di uno ogni mille), contro un fabbisogno potenziale di 3.303 professionisti. Non solo. Si calcola che nella nostra regione nei prossimi sette anni usciranno dal servizio, soprattutto a causa dei pensionamenti, 1.878 medici e ne entreranno solo 595. Se fosse così, diventerebbe impossibile seguire i pazienti».
Secondo il segretario generale del sindacato, Elena Di Gregorio: «La Regione dovrebbe correre ai ripari per recuperare tutte le carenze delle passate programmazioni. Le borse di studio finanziate dal Veneto nel 2020 (80) e nel 2021 (306) risultano del tutto insufficienti per recuperare i ritardi accumulati, ma anche tardive dato che quei medici saranno operativi nel 2025. Palazzo Balbi deve attivarsi per il finanziamento di un numero più elevato di borse, noi proponiamo almeno 600, altrimenti fra qualche anno ci troveremo in una situazione ancora più ingestibile. Bisogna poi spingere verso una accelerazione delle aggregazioni fra medici di medicina generale, solo così si possono tamponare le falle del sistema e garantire un servizio costante a tutti gli assistiti quando uno dei medici non è più in servizio in modo temporaneo o permanente». 
Lo Spi chiede anche «da tempo una maggiore integrazione dei medici di medicina generale nel sistema sanitario, a partire dall’inserimento nelle nuove case di comunità e dalla revisione del loro rapporto di lavoro: oggi, di fatto, sono dei liberi professionisti mentre dovrebbero diventare dipendenti delle aziende sanitarie, visto il loro ruolo strategico nella cura delle persone».  

Karl Zilliken

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