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Veneto

L'assassino di Chiara resta in carcere: «Ha iniziato a urlare, io non ho più capito niente e l’ho spinta»

A destra, Chiara Ugolini
A destra, Chiara Ugolini
A destra, Chiara Ugolini
A destra, Chiara Ugolini

Uno straccio imbevuto di candeggina in bocca. Emanuele Impellizzeri, dopo aver dato lo spintone che avrebbe fatto perdere i sensi a Chiara Ugolini, le ha fatto ingoiare della candeggina e poi le ha messo in bocca lo straccio imbevuto. Per evitare che vomitasse quello che le aveva messo in corpo, per evitare che vivesse, per evitare che sopravvivesse. E che parlasse, che denunciasse quello che lui aveva fatto.

E lui non si poteva permettere denunce visto che era stato assegnato in prova, dopo tre anni di carcere: un lavoro, una moglie ed una bimba di sette anni, avrebbe perduto tutto. Lo scenario che si apre dopo la scoperta di questo dettaglio è ancor più inquietante di quanto sembrasse questa storia che pare non avere alcun senso logico, da qualsiasi parte la si guardi. Manca il movente di quest’omicidio, perchè Impellizzeri manco ha detto che era salito in quell’appartamento per una violenza sessuale. Ha soltanto detto: «Ho sentito l’impulso di entrare in casa». Ma a fare cosa non si sa.

Fiori fuori dalla casa di Chiara (video Pecora)

Chissà, forse forte del fatto di essere consapevole di avere un fisico palestrato ha ipotizzato che la dolce Chiara non avrebbe resistito al suo fascino e quando lei, invece, se l’è trovato davanti nel living tra il soggiorno e la cucina ha iniziato ad urlare. Aveva addosso la biancheria ed un top, sopra al reggiseno. Cosa le avrà detto Impellizzeri? Avrà, Chiara, reagito subito, capendo le pessime intenzioni dell’uomo? «Lei ha iniziato ad urlare, io non ho più capito niente e l’ho spinta», ha detto l’uomo. Ammesso sia vero. E così Chiara, che era alta, muscolosa, cade, perde i sensi. E lui, anziché scappare e pagare le conseguenze che sarebbero state di certo processualmente meno pesanti, le fa bere la candeggina e le mette lo straccio in bocca. Chiara, se lui si fosse fermato dopo lo spintone, se c’è stato, sarebbe presumibilmente ancora viva.

Lui invece che fa? Prende la candeggina e la versa in gola a Chiara. E poi prende uno straccio che sta lì sul lavello e lo mette in bocca alla ragazza. Poco dopo inizia l’emorragia interna e Chiara muore. Il sangue trovato sotto il suo corpo è uscito dalla bocca per colpa di un’emorragia che non può essere stata provocata dal liquido. Oggi è il giorno delle risposte. Quelle che darà il medico legale Giovanna Del Balzo, dell’Istituto dell’Università di Verona incaricata dal pubblico ministero Eugenia Bertini. Il cadavere di Chiara non presentava segni di violenza. Ma ci sono poi le risposte più importanti, quelle che potrebbe dare l’imputato di «omicidio volontario aggravato dall’uso del mezzo». E il mezzo, in questo caso, è la candeggina. Il flacone in plastica è stato trovato accanto al cadavere di Chiara, 27 anni, laureata in Scienze  Una vita senza macchia, un amore grande, quello per Daniel Bongiovanni, con cui conviveva in attesa che fosse pronta la loro nuova casa a Lazise.

 

È toccato proprio a Daniel trovare quel corpo senza vita domenica pomeriggio. Aveva chiamato Chiara tante volte perchè non si era presentata al lavoro dopo la pausa pranzo. Chiara lavorava in uno dei negozi della famiglia di Daniel. È stato lui dopo tante telefonate senza risposta ad entrare in casa e ha trovare la sua Chiara a terra, nel sangue. È stato lui ad allertare il 118 e a farsi guidare in quell’inutile tentativo di rianimazione. Chiara era già senza vita. L’ho vista alla finestra, ero in casa con mia figlia», ha detto l’assassino di Chiara, ma ci sono vicini che dicono che la bimba era con la mamma ad una festicciola di bambini vicino a casa. «Ho sentito l’impulso di entrare in casa. Ho scavalcato la finestra che c’è nel giro scale e ho saltato sul poggiolo di Chiara».

 

E qui la versione è confermata dalla tracce che l’uomo ha lasciato su quella finestra e sul balcone. Un salto in alto, a rischio di cadere di sotto. O di essere visto. «Chiara me la sono trovata davanti all’improvviso, veniva dalla cucina ed ha iniziato ad urlare». Cos’altro avrebbe potuto fare? Ma Impellizzeri non ha mai detto agli inquirenti di essere entrato a casa della giovane con l’intento di violentarla. Ha sostenuto soltanto di aver «seguito un impulso». L’arrestato, fermato dalla polizia stradale toscana dopo una breve fuga verso sud, presentava graffi non solo al volto, ma anche sul collo. Segno che con la vittima avrebbe ingaggiato una vera colluttazione. La giovane presumibilmente è stata sorpresa mentre si stava vestendo per tornare al lavoro. S’è difesa come ha potuto da quell’aggressione inaspettata, nel posto in cui ciascuno di noi si sente più al sicuro, la propria casa. Ci sono tanti quesiti cui solo l’arrestato può rispondere. Non poteva non immaginare che comunque Chiara lo avrebbe denunciato, qualsiasi cosa lui fosse andato a fare in quella casa.

Il gip di Firenze Angela Fantechi ha convalidato il fermo e disposto la misura cautelare in carcere per Emanuele Impellizzeri. Al momento l’uomo, che stamattina si sarebbe avvalso della facoltà di non rispondere, è nel carcere di Sollicciano (Firenze). Il gip inoltre si è dichiarato incompetente per territorio e quindi trasmetterà gli atti al tribunale di Verona dove un altro gip deciderà se confermare o meno il provvedimento fiorentino.

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Alessandra Vaccari

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